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Non è mai troppo tardi per diventare la persona che vuoi diventare

BoJack Horseman
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Churro Gratis ci è caduta dal cielo in una normalissima e ordinaria quinta stagione. Non era la prima – quella in cui BoJack Horseman viene presentato – e non era l’ultima, quella in cui saluta definitivamente chi lo ha osservato. Churro Gratis ci cade addosso letteralmente dal nulla, portandoci in due strade diverse. Attraverso questo episodio conosciamo meglio BoJack, anche se oramai lo conosciamo da cinque stagioni. E ci porta anche a conoscere meglio noi stessi, che questo sia un bene o un male non è ancora dato sapersi. Churro Gratis rimane tuttora, anche adesso che BoJack Horseman è concluso, la chiave fondamentale per capire sia la serie che il suo protagonista. Rimane la parola chiave, l’incantesimo che apre le porte. Durante quei venticinque minuti di monologo il cavallo antropomorfo smette per un attimo di essere finzione, e di colpo diventa reale. Dalla sua bocca vengono tirate fuori della parole che tra loro si contraddicono esattamente come le nostre, e poi la magia. La magia della vulnerabilità, della fragilità. Del vorrei ma non posso, del posso ma non vorrei. Del vorrei essere meglio di così, ma forse mi conviene rimanere tale. Del non so da che parte andare, ma ho bisogno che qualcuno me la indichi. Del che bello smarrirsi. Del non so dimostrare ciò che provo, ma ho tanto bisogno di farlo. E del è meglio nascondere tutto quel che provo per paura di essere incastrato.

Contraddizioni, paure, menzogne, disillusioni. Boccate d’aria fresca per paura di soffocare, e dormite con sveglie a ogni ora per interrompere quel sogno che non sarà mai realtà: questa è la vita di BoJack Horseman.

BoJack Horseman (640×360)

BoJack Horseman, per gran parte della serie, non aveva alcuna intenzione di diventare qualcosa di meglio di quel che già fosse. Aveva la tendenza a immaginare qualcosa di meno dilaniante e masochista, ma non alcuna volontà di metter in atto delle basi capaci di far avvenire il miracolo. E questo vale per lui, ma vale anche per noi. Spesso sappiamo come risolvere un problema, l’ingrediente capace di aggiustare la ricetta sbagliata. Ma il punto è che per riuscirci dovremmo andare a comprarlo, e quanta fatica arrivar fino a lì. Per riuscire ad aggiustare quel che non andava, BoJack avrebbe dovuto mettere in discussione se stesso dalla testa ai piedi. Avrebbe dovuto fermarsi, riflettere e comprendere meglio quanto stesse accadendo non solo nella sua vita, ma dentro di lui.

Ricominciare da capo non è facile, anche se una leggenda metropolitana afferma che è semplice come premere un bottone. Ma anche in questo caso, il bottone va costruito. I fili per azionarlo vanno inseriti e collegati. E’ questo il problema di noi tutti e di BoJack Horseman: pretendiamo di schiacciare il bottone, pretendiamo l’ingrediente giusto sul tavolo. Pretendiamo che le cose si sistemino da sole, ma non lo faranno senza il nostro aiuto, senza una parte di noi che alza il sedere dalla sedia e, semplicemente, per una volta, agisce. Ma per BoJack questo è troppo, e lo comprendiamo anche e soprattutto durante Churro Gratis. Vorrebbe diventare qualcosa di meglio, ma proprio non sa come farlo.

Con la madre, forse, condivide lo stesso problema. Quando quest’ultima pronuncia I see you lo fa in modo vago, guardando da qualche parte nella stanza. Non chiarisce davvero a chi si stia riferendo, e non chiarisce neanche cosa significhi davvero vedere una persona. Ma forse le sarebbe bastato accompagnare questa frase indicando l’oggetto presente nel suo campo visivo. Forse in quel caso BoJack avrebbe compreso, avrebbe capito di essere visto, condizione che non sempre ha vissuto durante la sua infanzia o intera vita. Per questo condivide con lei questo aspetto: quando fa qualcosa la lascia fluttuare nell’aria, non le dà una direzione. Confonde chiunque abbia un rapporto con lui perché non è in grado di far meglio di così.

BoJack Horseman (640×360)

Uno dei problemi di BoJack Horseman è che, per gran parte della serie, non si rende conto di aver toccato il fondo perché per lui il fondo non finisce mai. C’è sempre un punto più basso da raggiungere, un ennesimo salto nel nulla da compiere. Si riduce fino all’estremo delle sue possibilità e poi, avvolti dalla sua commiserazione, si accorge di qualcosa. Non accende una luce nell’oscurità, sia chiaro, ma si ricorda che da qualche parte – sicuramente – ci sarà un interruttore. In un momento diverso non avrebbe mai mosso alcun passo verso quest’ultimo, si sarebbe soltanto arreso alla sua assenza. Ma non adesso. Adesso si fa forte la necessità di dirigersi verso questo, anche a costo di dover camminare ore. La luce deve essere trovata, anche a costo di dover camminare tutta la vita.

Decidere di muovere i primi passi non è semplice, ma questo è ciò che BoJack Horseman finalmente fa dopo Churro Gratis e durante l’ultima stagione. Cammina nella speranza di trovare un interruttore, anche se la sua disillusione non lo aiuta. E chiariamoci: nulla durante il finale della serie fa pensare che BoJack abbia trovato quel che stava cercando. Non vi è alcun accenno. Non sappiamo se gli sia vicino o se invece gli sia lontano. Però sappiamo che sta camminando e che questo sia molto di più di quanto avremmo mai potuto sperare, o di quanto lui avrebbe mai potuto sperare.

Il finale di BoJack Horseman non rivela il destino del suo personaggio, lascia però uno spiraglio. Fa pensare che la vita, anche dopo i titoli coda, andrà comunque avanti per il protagonista. Fa comprendere che ancora c’è tempo e che BoJack può ancora diventare quel che vuole. Su quel tetto e durante quel finale, la serie non ci fa rimpiangere il tempo sprecato, non fa degli errori un rimorso. Ne fa un vissuto, il complesso schema di una complessa esistenza. Ed è così che lascia BoJack, ed è così che lo saluta: un po’ rotto, senza un finale felice, ma con una promessa: la strada per trovare quell’interruttore non è ancora finita, ma non importa quando giungerà a destinazione. Neanche in quel caso sarà troppo tardi per diventare quel che BoJack Horseman ha capito di voler diventare.

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