Se mi si chiedesse di tirare le somme sul panorama seriale dell’ultimo decennio, individuando i prodotti che, per un motivo o per un altro, hanno lasciato un’impronta più profonda nella mia memoria, sicuramente BoJack Horseman figurerebbe perlomeno tra i primi cinque.
Una serie dai molti volti, se dovessi definirla così, su due piedi. Sa come coinvolgerti, farti ridere fino alle lacrime e riflettere, ma anche tirarti grossi schiaffi in faccia che, a visione terminata, continuano a bruciare per un bel po’.
Non a caso lo show d’animazione ideato da Raphael Bob-Waksberg e prodotto a partire dal 2014 è unanimemente considerato un assoluto capolavoro all’interno dell’ormai ampio bacino degli originali Netflix. Una di quelle perle rare incensate dalla critica e dal pubblico che sono semplicemente impossibili da dimenticare.
I motivi di questo successo sono innumerevoli, e tra questi la scrittura sfaccettata, coerente, profonda e psicologicamente realistica dei personaggi è sicuramente tra i più rilevanti.
Come sappiamo, nell’assolata Hollywoo(d) di BoJack Horseman, abitata da umani e animali antropomorfi, il cavallo protagonista BoJack è una ex star degli anni ’90 ormai in declino, che dopo il successo della sitcom Horsin’ Around non è più riuscito a risalire sulla cresta dell’onda.
La trama della serie pone al centro questa figura tormentata e autodistruttiva, scandagliandone le nevrosi, le insicurezze e i desideri di rivalsa sullo sfondo del mondo plastificato, artificiale e troppo spesso spietato dello show business.
I rapporti sempre complicati e disfunzionali tra BoJack e gli altri personaggi, i flashback sul suo doloroso passato, l’abuso di sostanze e i disperati tentativi di liberarsi dall’angoscia esistenziale che lo attanaglia sono il fil rouge che lega le sei splendide stagioni della serie.
Ma c’è un personaggio, in BoJack Horseman, che emerge nettamente rispetto agli altri, finendo con il costituire il fulcro più profondo e doloroso dei sensi di colpa del protagonista, e allo stesso tempo il più fulgido esempio della tossicità dei rapporti tra l’attore cavallo e chi lo circonda: Sarah Lynn.
Attrice bambina, popstar adolescente, giovane donna perseguitata dai suoi demoni. Sarah Lynn è molte cose, ma resta soprattutto una delle figure più tragiche dello show.
Lei e BoJack hanno lavorato insieme per la prima volta a cavallo tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90, ai tempi delle riprese di Horsin’ Around. BoJack era la giovane star della sitcom e vestiva i panni dell’affettuoso padre adottivo di tre bambini umani: Olivia, Ethan e Sabrina, quest’ultima interpretata da una giovanissima Sarah Lynn.
Spinta da una madre arrivista e assetata di notorietà e denaro, nel corso degli episodi di BoJack Horseman scopriamo che la bambina ha iniziato a recitare in Horsin’ Around all’età di tre anni, finendo così per vivere la propria intera, tormentata infanzia sul set della sitcom.
Perché in fondo Sarah Lynn è una bambina come tante altre: solare, infantile e desiderosa d’affetto, ci viene mostrata per lo più spaesata e solitaria in un mondo di adulti e in un ambiente meschino e spesso impietoso come quello dello spettacolo.
Sul set di Horsin’ Around, forse anche a causa della trama della sitcom, la piccola Sarah Lynn finisce per trovare in BoJack la figura paterna e il punto di riferimento di cui sente la mancanza (si scopre solo successivamente che il patrigno la molestava).
Dal canto suo il giovane attore, sempre più egocentrico e nevrotico, è totalmente preso da se stesso, dalle sue ossessioni e dai suoi capricci di stella in ascesa per occuparsi di una bambina, o per accorgersi della sua fame disperata di amore e di una guida cui affidarsi.
“Sabrina, puoi stare tranquilla: tu stammi vicina e ti prometto che andrà tutto bene. Hai capito?”, la rassicura BoJack nei panni del giovane padre di Horsin’ Around, salvo poi aggiungere, a telecamere spente e a bassa voce, delle parole con un peso e un significato ben diversi:
“Ehi, vedi queste persone? Quei poveri imbecilli sono i migliori amici che tu possa avere. Senza di loro non sei nessuno, non dimenticarlo. Per la tua famiglia sarai un alieno, non avrai mai un ragazzo che ti ami davvero, ma i tuoi fan, se sarai sempre corretta, ricambieranno il tuo amore. L’importante è che tu dia a queste persone tutto ciò che vogliono, a costo della tua vita, a costo di svuotarti fino ad annullarti completamente. Succeda quel che succeda, per quanto possa farti male, non smettere di ballare e non smettere di sorridere e dai a quelle persone tutto ciò che vogliono”.
Delle parole, queste, pronunciate da un BoJack immaturo ed egoista che, tuttavia, non poteva immaginare si sarebbero rivelate tristemente profetiche per il futuro della sfortunata Sarah Lynn.
Perché difatti gli anni passano, e l’infelicità e la solitudine del personaggio scavano nel suo animo un solco sempre più profondo.
Interrotta la produzione di Horsin’ Around, Sarah Lynn è ormai adolescente e sfonda nel mondo della musica pop come cantante, costruendosi un’immagine estremamente appariscente e sessualizzata.
In parallelo la carriera di BoJack è ormai alla deriva, e i due si incontrano di nuovo solo quando l’attore cerca disperatamente di coinvolgere la popstar in uno spettacolo che avrebbe dovuto rilanciarlo, confermando ancora una volta a un’amareggiata Sarah Lynn che le persone la cercano solo per ottenere qualcosa da lei.
Nel corso degli episodi di BoJack Horseman e attraverso flashback iniziamo così ad assistere alla parabola discendente della giovane star, che precipita nel vortice dell’abuso di alcol e di sostanze e che, ormai trentenne, ci viene ripresentata come una persona irrimediabilmente egoista, immatura e sconsiderata.
Già nella prima stagione Sarah Lynn e BoJack riallacciano i rapporti: la giovane si trasferisce a casa dell’antico mentore e i due si lasciano andare a un rapporto pericolosamente disfunzionale fatto di eccessi, sesso e abuso di sostanze.
Entrambi si trascinano dentro il proprio carico personale di rimpianti, vuoti d’amore e traumi infantili, che non riescono a esorcizzare in altro modo se non abbandonandosi a uno stile di vita votato alla cieca autodistruzione.
Ma è solo nella terza stagione che la discesa verso il baratro si fa irreversibile. Sarah Lynn sta festeggiando i suoi nove mesi di sobrietà quando è nuovamente il vecchio amico a rompere il suo precario equilibrio.
Un BoJack profondamente depresso le propone infatti di passare insieme una serata a base di alcol, droghe e psicofarmaci, e la ragazza non se lo fa ripetere due volte, pregustando l’effetto amplificato delle sostanze dopo la lunga astinenza.
I due si abbandonano così a un viaggio psichedelico interrotto da numerosi blackout e perdite di coscienza, arrivando a disturbare una seduta degli alcolisti anonimi o a compiere un fallimentare tour di espiazione nei confronti delle persone che BoJack ha ferito.
Ormai guidati solo dall’istinto e dagli effetti psicotropi delle sostanze che stanno assumendo, non si rendono conto del passare delle ore e dello scorrere incontrollato degli eventi, fino a quando Sarah Lynn non recupera casualmente nel cruscotto dell’auto di BoJack una busta piena di eroina.
Lei ancora non lo sa, ma questo momento segnerà un punto di non ritorno irreversibile.
Altri blackout, altri spostamenti apparentemente privi di senso da un luogo all’altro.
I due sono ora nella camera di un hotel e si confessano a vicenda la propria abissale, incolmabile infelicità.
Qui Sarah Lynn si spoglia una volta per tutte della sua maschera e torna a essere quella bambina fragile, spaurita e irrimediabilmente sola cui hanno rubato l’infanzia e l’innocenza. Confida così a BoJack di odiare tutto di se stessa e di ciò che è diventata, e di ritenere che la sua vita non sia altro che un inganno crudele. Con la tv di sottofondo che annuncia la vittoria di Sarah Lynn del premio Oscar per la miglior canzone, BoJack decide di accontentare il desiderio dell’amica e la conduce al planetario di Los Angeles.
Qui, sotto un cielo stellato e indifferente i due si scambiano quelle che saranno le loro ultime riflessioni sul senso della vita.
“Visto, Sarah Lynn? Non siamo spacciati. Nel grande scenario della vita siamo solo dei granellini che un giorno verranno dimenticati. Non importa cosa abbiamo fatto in passato o come verremo ricordati, quello che importa è il presente. Questo momento, questo unico momento spettacolare che stiamo condividendo. No, Sarah Lynn?…Sarah Lynn?…Sarah Lynn?!”
Cala il sipario, le luci si spengono su un personaggio che riassume in sé la perfetta metafora del lato più oscuro della celebrità.
“Voglio fare l’architetto…”
Queste le ultime parole pronunciate da Sarah Lynn, paradossalmente le stesse che aveva timidamente rivolto a sua madre tanti anni prima, quando ancora la sua vita e il suo futuro non erano stati pianificati da qualcun altro.
Ed è sempre sotto quel cielo stellato e distante che si frantuma in mille pezzi e definitivamente l’immagine posticcia di popstar viziata ed edonista, per lasciare il posto a una fragilità desolante, un vuoto cosmico il cui peso non è più possibile sopportare: per dirla con la battuta più famosa di Sabrina in Horsin’ Around, “Questo è davvero troppo, amico”.