Bojack Horseman non è una Serie Tv qualsiasi. E la maggior parte degli episodi che propone non sono episodi qualsiasi. Alcuni spiccano più di altri, senza dubbio, ma in tutti traspare, quale filo conduttore, un realismo crudo, diretto, senza fronzoli. A primo impatto può apparire un paradosso, trattandosi di una Serie animata con protagonista un cavallo antropomorfo. Eppure non è un mistero che, da I Simpson in poi, le Serie animate risultano spesso le più efficaci nell’analizzare la sfera psicologica dell’individuo, mettendone a nudo le infinite contraddizioni.
Bojack non solo riesce a inserirsi benissimo in questo filone, ma ne rappresenta uno dei più fulgidi esempi, facendo emergere appieno il dilemma esistenziale dell’uomo moderno. La Serie, infatti, va vista come una lucida analisi delle turbe dell’animo umano di fronte all’esistenza, perennemente in balia di quella condizione paradossale che Camus definisce come “divorzio tra l’uomo e la sua vita“. È scavando a fondo nella psiche umana che l’opera dà il meglio di sè, scoperchiando un vaso di Pandora che comprende tanto i disturbi patologici (come la depressione), quanto le angosce di uomini incapaci di elevarsi dal proprio intorpidimento psichico.
I personaggi che popolano la caricaturale HOLLYWOO sono, appunto, figure caratterizzate da una reiterata e costante infelicità. Su tutti spicca ovviamente Bojack Horseman, che si crogiola addirittura della sua paralisi, impossibilitato com’è nel sovvertire lo status quo. E ciò emerge in maniera preponderante nel sesto episodio della quarta stagione: ‘Stupido Pezzo di M*rda’.
Per buona parte dell’episodio assistiamo al monologo interiore di Bojack, un flusso costante dei suoi pensieri a suggellare una spaccatura, quella tra il desiderio di cambiamento e la spirale di autocommiserazione che comincia a divorarlo non appena sveglio. Il disgusto che Bojack prova per la sua condizione, infatti, si traduce in una reiterata sequela di insulti diretti a se stesso (“stupido pezzo di m*rda, sei uno stupido pezzo di m*rda“) e, al contempo, nell’assurdo processo con il quale egli tenta di razionalizzare i propri comportamenti (“ma so di essere un pezzo di m*rda, quindi sono meglio dei pezzi di m*rda che non sanno di essere dei pezzi di m*rda“).
Due sono gli aspetti particolarmente degni di nota in questo meccanismo di cui si rende protagonista l’uomo cavallo nel corso della puntata. Prima di tutto, la concatenazione dei suoi pensieri viene descritta in maniera così dettagliata da ricreare alla perfezione il dialogo interiore di ogni individuo (e in fatti la scena risulta comica proprio perchè estremamente verosimile). Addirittura, a rendere visivamente ancor più interessante le scene, i pensieri di Bojack prendono vita, sotto forma di disegni stilizzati e disordinati, proprio come la riflessione del protagonista (alterata anche dall’alcool).
In secondo luogo l’episodio descrive in maniera estremamente i sintomi della depressione. Impossibile non notare la tendenza al narcisismo, la constatazione che il mondo starebbe meglio senza di te. Ciò è evidente nelle scene in cui Bojack dovrebbe andare a comprare il latte per la madre, ma si rintana tutto il giorno in un bar a sbronzarsi. Si tratta di un comportamento tipico di chi soffre di depressione: il cervello è consapevole di non funzionare nella maniera corretta e innesca un meccanismo difensivo che porta l’individuo a concentrarsi esclusivamente (nonchè ossessivamente) su se stesso, ignorando il resto. Ma, a fare da contraltare, vi è anche una necessità di attirare l’attenzione, altresì sintomatica della malattia. Essa è riscontrabile soprattutto nella scena in cui Bojack prova a sostituirsi alla bambola che la madre sta accudendo, finendo per lanciarla fuori dalla finestra.
È poi importante tener conto della collocazione dell’episodio nella storia.
‘Stupido Pezzo di M*rda’ va a inserirsi nel post-morte di Sarah Lynn, forse il momento più basso in cui è sprofondato Bojack, dopo il riavvicinamento forzato all’odiata madre e la comparsa improvvisa della figlia (o, almeno, è questo che si crede inizialmente). È, per queste ragioni, che tutti i dubbi e le contraddizioni dell’uomo cavallo esplodono, rivelando una matrice distopica nel suo percorso psicologico. Quella di Bojack è, a tutti gli effetti, una distopia interiore: egli ha provato a scatenare una ribellione contro se stesso, contro lo status quo, ma qui prende atto della sconfitta (e la presa di coscienza è proprio l’elemento che distingue la distopia dall’utopia).
Inevitabile pensare alle parole dello scimpanzè, nel season finale della seconda stagione, in relazione a un percorso di redenzione: “Diventa più semplice. Devi farlo tutti i giorni, questo è il difficile. Ma diventa più semplice“. Bojack ha lottato contro la sua natura e ha perso. Un’autodistruzione ineluttabile, percepita fin dalle piccole cose (“Un cookie non è una colazione, mettilo giù non mangiare quel cookie. Non ci credo l’hai mangiato”) e che diventa un vero e proprio tormento collettivo nel momento in cui non si limita al solo protagonista, come suggerisce la domanda finale di HollyHock (“Questa voce interiore se ne andrà?“).
No, quelli di Bojack Horseman non sono episodi qualsiasi. Possiamo considerare ‘Come un Pesce Fuor D’Acqua’, non meno nichilista nella natura della morale, l’essenza della Serie (come ha brillantemente sottolineato Emanuele Di Eugenio in questo articolo), ma ‘Stupido Pezzo di M*rda’ è il manifesto del dramma esistenziale che si consuma giorno dopo giorno. Un capolavoro del Teatro dell’Assurdo che, tuttavia, ha le radici ben piantate nella realtà: perchè ognuno di noi, almeno una volta, si è autodefinito “stupido pezzo di m*rda”.