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Bonding: bando ai tabù

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Quando è uscita la prima stagione di Bonding nell’ormai lontano 2019, questa comedy in pillole ha subito diviso il pubblico: per chi era totalmente estraneo al mondo del bondage risultava un prodotto fresco, divertente e capace di informare al meglio dei meccanismi che si celano dietro l’immaginario mainstream; per la stessa comunità che cercava di rappresentare, invece, la serie era ricaduta con sorprendente facilità in triti stereotipi che ponevano in cattiva luce pratiche già di per sé tabùall’interno della nostra società.

Con la seconda stagione – uscita a gennaio 2021 sempre su Netflix – il creatore Rightor Doyle ha deciso di aggiustare il tiro e migliorare la storia di Tiffany e Pete facendo tesoro delle critiche ricevute. Il risultato? Un mix esplosivo di humor, sincerità e rispetto che ha reso la serie ancora più unica e importante.

Bonding - Un'amicizia forte e un legame di lavoro

Nella serie si raccontano le avventure di Tiffany – giovane studentessa di psicologia che per pagarsi gli studi ha intrapreso da tempo una carriera come dominatrix – e del suo amico omosessuale Pete. Se nella prima stagione i due finiscono per essere banditi da tutti i dungeon della città, nella seconda entrambi provano a rientrare nel mondo BDSM tramite l’aiuto del vecchio mentore della ragazza, Mistress Mira. La donna decide di iscriverli a un corso di formazione per dominatrix che permetterà a entrambi di capire cosa ci vuole per lavorare al meglio all’interno di questa comunità.

Questo mondo praticamente sconosciuto viene analizzato con un piglio ironico e molte gag traggono origini dalle esperienze biografiche del creatore della serie come assistente di una dominatrice newyorkese. Bonding è concisa: i personaggi vengono tratteggiati con cura, ma è la rappresentazione di questa comunità la più importante della storia.

La libertà che viene professata in Bonding non riguarda soltanto ciò che succede nel dungeon tra cliente e dominatrice, ma viene esplorata anche nei diversi ambiti della vita dei protagonisti. L’indagine dei motivi che si celano nelle pratiche apparentemente più perverse, l’essenziale bisogno di comunicazione e di fiducia alla base del rapporto tra dominatrice e sottomesso, infatti, contrasta non poco con i problemi che intercorrono nelle relazioni quotidiane. Ciò che dovrebbe essere facile e immediato infatti diventa ambiguo proprio perché manca quella base di chiarezza che caratterizza tutti gli incontri BDSM.

L’algida sicurezza e la carismatica presenza di Tiffany si trasforma allo stesso tempo in competenza nel lavoro di dominatrice, ma anche in incapacità di accettare i propri problemi emotivi. Pete, d’altro canto, viene catapultato in un universo che non capisce, dove tutto è all’apparenza violento, pervertito e irruento. Ed è proprio qui che il ragazzo capisce concetti chiave come quelli del consenso e del rispetto.

La particolarità della serie sta nel saper coniugare la comicità con scene di sesso anche piuttosto spinte. Le gag più divertenti sono portate in scena in maniera diretta, senza pudore o eufemismi, togliendo quel velo di segretezza e imbarazzo che potrebbe lasciare il tutto a interpretazioni sbagliate.

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La prima stagione però ha dimostrato in poco tempo i suoi limiti: nonostante fosse una serie con un intento positivo e fedele, piccoli ma fondamentali dettagli andavano sistemati per poter sfuggire dagli stereotipi dannosi che da anni colpiscono questa comunità.

Per rimediare a molte sviste è stata ingaggiata per la nuova stagione Oliva Troy, una consulente del mondo BDSM il cui compito consisteva proprio nel correggere gli errori del passato ed evidenziare con una nuova prospettiva la dignità e il rispetto che determinate pratiche meritano, anche all’interno di una comedy come Bonding. Esemplare della diversa ricezione da parte della comunità BDSM e il pubblico generalista è una scena presente nel penultimo episodio in cui Pete affronta il palcoscenico utilizzando la sua esperienza nel mondo del bondage come materiale per lo spettacolo di stand-up comedy.

Le gag offendono profondamente Tiffany – anche perché il ragazzo non aveva ottenuto da lei il consenso di raccontare determinate vicende -, ma risultano esilaranti per l’agente presente nel pubblico che, candidamente, ammette di non conoscere il mondo che era stato appena ridicolizzato sul palco.

Questa differenza rappresenta il problema principale che Bonding ha dovuto risolvere nel passaggio dalla prima alla seconda stagione: la dissacrazione apparentemente innocente manca irrimediabilmente di rispetto e offende i soggetti di cui si parla nel momento in cui danneggia un’intera comunità solo per intrattenere il proprio pubblico. Ed è così che si continuano ad alimentare pregiudizi, stereotipi e taboo.

Nelle nuove puntate la serie è meno comica nel senso stretto del termine (ma comunque sa strappare col suo umorismo più di una risata): così come i personaggi tornano a scuola per imparare, anche lo spettatore viene istruito sui concetti chiave, spesso sottovalutati, alla base di certe pratiche e preferenze sessuali. Senza questi chiari limiti, infatti, non si tratterebbe più di una relazione sana, ma al contrario diventerebbe un gioco di forza, di potere e, inevitabilmente, di molestia. La stessa Troy afferma in un’intervista:

Una delle cose che succede spesso nelle rappresentazioni BDSM nell’industria dell’intrattenimento mainstream è la mancanza del consenso, della comunicazione, della connessione. Ciò che è davvero spettacolare di Bonding è la mia opportunità di portare alla luce questi elementi. Non tutto ruota attorno alle fruste, alle catene, ai costumi e a tutta quella roba, ma è una relazione che utilizza questi accessori solo grazie all’accordo tra le parti.

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L’introspezione psicologica che è presente negli episodi, poi, è strettamente legata con il loro nuovo ruolo di apprendisti: ricominciare dalle nozioni fondamentali significa anche dover affrontare i propri scheletri e combattere contro i propri limiti emotivi che per molto tempo sono rimasti nascosti e inascoltati.

La difficoltà di capire la propria identità e il proprio ruolo nella società è una caratteristica in cui molti spettatori possono facilmente ritrovarsi, pur non facendo parte di questo mondo. Confrontarsi con le proprie insicurezze e superarle è ciò che Tiffany e Pete provano a compiere nella seconda stagione. I risultati, però, nascondono delle sorprese inaspettate.

Bonding è dunque una serie che, con humor e leggerezza, sa imparare dai propri sbagli e riesce a cogliere al volo l’opportunità di istruire – e allo stesso tempo intrattenere – un pubblico più generalista. Affrontando con candore e pragmatismo i tabù, afferma con orgoglio che la strada verso il piacere è diversa per tutti, ma che ogni persona merita di affrontarla con sicurezza e supporto senza vergognarsi di ciò che si è davvero.

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