Molti di voi forse non lo ricorderanno, ma nell’ormai lontano 2010 Boris aprì la sua terza stagione regalandoci una nuovo gioiello destinato a segnare la grandezza di questa serie tv. Troppo Frizzante. Lo show comico fittizio messo su in quel di Milano nasceva con le sinergie “all’americana” – per dirla alla maniera del responsabile di rete – e cioè con regista e autore a lavorare insieme sul set. Così abbiamo fatto la conoscenza di Benedetto, lo sceneggiatore dal forte accento milanese scontratosi subito con l’approccio del Ferretti che non perdona.
Così se con Gli Occhi del Cuore Boris ironizzava sulla fiction italiana senza esclusione di colpi, con Troppo Frizzante la serie scende più nel sottile. Regalandoci così una satira che punzecchiava più direttamente la “Milano da bere” e la comicità di quegli anni.
Così su quello che sembra, almeno all’apparenza, un set lontano anni luce da quello dei cavi non a norma di Cinecittà, nasce un’opera destinata a diventare un “piccolo gioiello della comicità italiana”. Uno show dalla “comicità intelligente”, forte di comici che – nella realtà di Boris – dominano la scena televisiva plasmandone il panorama comico. Nomi come Alfonso Chiavinmano e Giuseppe Locomotiva appaiono giganti su un palco che ci regala tante, troppe emozioni. Emozioni che oggi vogliamo ricordare con la lista delle cinque cose che ci mancano di più di Troppo Frizzante.
1) Gli omaggi di spessore
Troppo Frizzante è un programma comico, ma si sa, quanno se scherza bisogna esse’ seri. Dunque non mancano gli omaggi importanti, come quello a Bernardo Bertolucci, monumentale regista del cinema italiano d’autore. Un omaggio che si esplica nella scena dello starnuto in faccia. In cosa si manifesti il nesso tra questo e l’opera di Bertolucci non si sa. Non lo sa manco Renè, che dovrebbe dirigere lo show, ma va bene lo stesso. Se Benedetto dice che è un omaggio a Bertolucci, è omaggio a Bertolucci. D’altronde come si può smontare un tale entusiasmo con domande inquisitorie? Sarebbe anche da cafoni.