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Boris: i fuoriclasse della fuoriserie

Boris
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Boris 4 è stata consegnata ai posteri. Sembrava un sogno, poi una speranza rincorsa per lungo tempo, ma finalmente, il capitolo sicuramente più romantico della serie più italiana di sempre è stato scritto. In onore della qualità, della televisione e dello spettacolo, in onore di Mattia Torre, una delle tre menti geniali (insieme a Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo) che ci hanno regalato questa rarissima oasi nel bel mezzo di un deserto comico. C’era tanta emozione mista a paura, quella di sbagliare, di farsi prendere troppo dalla foga del momentum che Boris ha vissuto durante la pandemia, ma dei GENI così non potevano fallire, come non hanno fallito i magnifici personaggi del cast, tutti riuniti in un ultimo saluto corale. Oggi siamo qui a rendere omaggio ad alcuni di loro, quelli che, secondo noi, hanno lasciato un segno indelebile e hanno reso la quarta stagione della fuoriserie italiana per eccellenza davvero… zeniale!

L’articolo contiene numerosi spoiler sulla quarta stagione di Boris.

Boris ha il suo campione: Stanis

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Boris (640×373)

Stanis La Rochelle, signore e signori. Novanta minuti di applausi per il top player indiscusso di Boris, colui che incarna lo spirito della serie più di chiunque altro e che riesce a catalizzare su di sé l’attenzione senza essere mai banale, anzi, riuscendo a sorprendere sempre, a lasciare spiazzati. Top player perché è l’uomo di punta, il protagonista (senza pancia ma anche senza Pasolini) più fuori luogo di cui ci si ricordi. Eppure non poteva che essere lui a interpretare Stanis… ehm Jesus from Nazareth (e si, dovete leggerlo con la sua voce), che tra le vie della città cura storpi ed invasati a suon di punch line e abusi di potere su una troupe che non riesce più contenerlo ma che può (e deve) limitarsi a sopportarlo. A sto giro inoltre si sdoppia, abbiamo lo Stanis produttore oltre che l’attore, che ignaro si fa carico di tutto, sicuro di sé come un vero capitano. Ma dietro a un grande uomo si cela sempre una grande donna. Il matrimonio con Corinna è la surprise di inizio stagione che lascia di stucco ma che viene gestita alla grande per tutti gli episodi. Ma poi ragazzi questo c’ha praticamente provato con sua suocera, ma a sto ciacione, ma che je voi dì? Un vero fenomeno e trascinatore del cast di Boris, al culmine di quel delirio di onnipotenza che lo accompagna da quando lo conosciamo. TOP PLAYER.

La certezza: René

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Boris (640×360)

Il grande Renato Ferretti. Il bel René, che come quello originale si concede al banditismo, intuendo che questa è la volta buona per fare la qualità, quella vera. Succube lo avevamo lasciato e succube lo ritroviamo, di un sistema in cui sguazza per esigenza e necessità, oltre che per passione. Una passione che non si è mai spenta. E allora eccolo lì, strabordante, affamato più che mai, determinato a vincere e guadagnare il riscatto personale di cui ha bisogno, concedendosi ancora una volta al ballo dei folli pur di meritarsi un nuovo bagno di folla e sentirlo davvero suo, per una volta. Scaltro, sornione, disposto a tutto, oggi più che mai. Scende a compromessi davvero con chiunque, dagli sceneggiatori alle follie della nuova coppia del set, riuscendo ad accontentare perfino loro, in un modo o nell’altro. E poi arriva Glauco, il re dei sotterfugi, il genio della truffa, il grillo parlante che gli serviva per capire che, in fin dei conti, da tutta la monnezza che ha fatto, davvero possono nascere i fior. E qual è il miglior modo possibile per celebrare la vittoria personale di un uomo che da creatore di ogni cosa si è fatto Giuda di se stesso, pur di vivere un finale glorioso come quello di questa quarta stagione di Boris. Quale miglior modo se non un omaggio danzante (magari a Bertolucci, ma sì, a Bertolucci), de botto, inaspettato quanto indesiderato, ma necessario, perché René non ha mai smesso di crederci e di seguire la musica, dagli Occhi del Cuore fino all’infinito, e oltre. Grazie René. NECESSARIO.

L’uomo in più: Duccio

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Boris (640×360)

Ormai definirlo uomo sarebbe riduttivo e indegno. Duccio ha lasciato la vita terrena da tempo, da ben 25 anni se vogliamo fare i pignoli, per dedicarsi ad un viaggio mistico ed estremamente riflessivo che lo ha trasformato in una semi-divinità. Duccio No Shooting è il trionfo dell’innecessario che la cultura italiana esporta in tutto il mondo, perché nessuno meglio di lui è capace di sopravvivere nella gabbia dei leoni crogiolandosi nel suo dolce far nulla, arricchito da meriti globalmente riconosciuti provenienti da capacità non meglio specificate. Duccio è l’italianità, ieri, oggi, nel mondo. Non è possibile farne a meno nonostante sia completamente inutile, perché la calma porta sicurezza e lui, in questo, è il numero uno dei numeri uno. Gigante della mediocrità e acerrimo nemico della meritocrazia, trova riposo sedendosi al fianco del suo inseparabile René, di cui si serve per restare a galla, come si serve di chiunque per non mutare di una virgola la sua condizione da nullafacente e nullatenente. Non chiede e non dà, eppure riceve tutto e regala emozioni uniche, e grazie alla sua nuova dimensione internazionale è più saggio che mai. Potrebbe continuare a terrorizzare le troupe di mezzo oriente con i suoi poteri previsionali, eppure prima di ogni Mumbai c’è sempre una Nazareth in cui celebrare le sue capacità divine. SEMI-DIO.

La vera sorpresa di Boris 4: Lopez

Boris (640×360)

La cosa meravigliosa è che Lopez è davvero totalmente fuoriluogo, oltre che inaspettato. Dopo tre stagioni in una posizione più marginale, nonostante diverse uscite memorabili, ecco emergere un altro emblema che Boris ci regala, quello dell’arrangiarsi, della gestione all’italiana, della prensilità risolutiva. Lopez ha la giusta spregiudicatezza necessaria per affrontare una situazione simile a quella del progetto della nuova piattaforma, il tramite perfetto, quello da cui non ti aspetti niente e per cui parti già deluso, ma che alla fine, non si sa bene come, non si sa bene perché, riesce a incastrare tutti i pezzi del puzzle. L’arte della sgroppata tattica per eccellenza, che si tratti di inclusion, di multiculturalità, agli inglesismi aristocratici il buon Lopez preferisce la malsana ma efficace concretezza italica, con il capello brizzolato di sempre, più attempato ma sempre affascinante, convincente, decisivo. E’ grazie a (o per colpa di) persone come lui se Boris vive e vivrà per sempre. PIACEVOLE SORPRESA.

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