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La Locura, spiegata bene

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Boris è ovunque. Nei cartelloni autostradali e nelle piazze riscaldate dal calore delle persone. Negli spot pubblicitari e in ogni briciolo di quotidianità. Nel 2021 Boris si è presentata, inconsapevolmente e indirettamente, anche al Festival di Sanremo. Mai dire Mai (la locura) è la canzone che il rapper torinese Willie Peyote canta a Sanremo davanti a milioni di telespettatori. Il sottotitolo del brano – la locura – è un chiaro riferimento alla serie cult Boris che il cantante ha rispolverato con lo stesso spirito ironico e pungente.

La sua canzone non è altro che una critica aspra verso la musica italiana e i suoi interpreti accusati di creare brani poco originali. Il comparto discografico nostrano secondo Willie Peyote è ormai troppo stereotipato e il brano riesce a dare uno spaccato dell’Italia moderna, paese dell’assurdo e dell’ipocrisia. Un paese che, secondo Willie, è ormai poco attento al contesto culturale mondiale. 

Questa è l’Italia del futuro, un paese di musichette mentre fuori c’è la morte

La canzone di Willie si apre in modo quasi profetico: sono gli anni della Pandemia e della paura che ha soppiantato i sogni e le certezze degli italiani. La citazione proviene dalla terza stagione di Boris e ne riprende un po’ l’essenza. Qual è allora il senso? E cosa si vuol esprime con il termine locura? Il tentativo di Willie è quello di prendere in giro noi stessi e il modo con cui usufruiamo della cultura in generale. È più o meno lo stesso tentativo che Valerio Aprea fa in Boris. Ma adesso andiamo a vedere, nel dettaglio, cosa si intende per locura

Il significato di Locura in Boris

Boris - Valerio Aprea - La Locura
Valerio Aprea nel monologo del secolo (640×360)

La locura, in Boris, è quell’insieme di pratiche adottate dalle fiction italiane che declinano elementi della serialità americana in salsa nostrana, dando vita a un mix artefatto, pretestuoso e ridicolo. Il concetto esprime una sana dose di eccentricità con cui mascherare il vuoto di idee e di spunti. Mentre gli sceneggiatori cercano un modo per risollevare le sorti della fiction Gli occhi del cuore, Valerio propone una soluzione che sa di illuminazione: la locura o il ‘ca**o di futuro’. Ma se nell’immaginario collettivo il futuro si avvicina all’idea di innovazione e superamento degli standard, in Boris ‘il ca**o di futuro’ non è altro che la tradizione condita da una bella ‘spruzzata di pazzia’. 

In questo contesto meschino la tradizione si traveste e si spaccia da modernità come se fosse una maschera pirandelliana, traghettando falsi moralismi e conservatorismo. ‘Il peggior conservatorismo che si tinge di simpatia’ ribatte ancora Valerio Aprea. Un esempio del peggior conservatorismo lo troviamo nella fiction Tutti pazzi per amore. Andata in onda dal 2008 la serie ha saputo ritagliarsi uno spazio importante nel cuore degli italiani.

Una delle sottotrame riguardava la protagonista sedicenne e la sua relazione con il fidanzato sieropositivo. Quando lei resta incinta non abortisce ma passa metà della stagione ad accarezzarsi la pancia come se il mondo fuori non esistesse. La storia di Tutti Pazzi per Amore è intrisa di considerazioni moraliste e sessiste, spesso è stata criticata dai telespettatori per una recitazione non all’altezza e le trovate narrative irrealistiche.

Ma per sforzarsi di essere al passo con i tempi la serie usa appunto lo stratagemma della locura, un modus operandi che confeziona il conservatorismo dietro un’estetica appetibile e affabile. Attraverso scene da musical e battute in playback, Tutti Pazzi per Amore cerca di nascondere i propri limiti strizzando l’occhio alla serialità americana, richiamando celebri episodi speciali come in Buffy, Scrubs o How I Met Your Mother. Il risultato, però, è eccessivo, estremizzato e artefatto.

Tutto cambia purché nulla cambi

Boris - René Ferretti
Un disilluso René Ferretti (640×360)

Se la locura avesse un termine di paragone sarebbe senza ombra di dubbio il Gattopardo, libro ideato e scritto da Tomasi di Lampedusa. Tra le pagine di questo fortunato testo regna un concetto ripreso più volte dagli storici nel corso degli anni per spiegare l’immobilismo storico e culturale: “tutto cambia affinché nulla cambi”. Ecco che la locura in questo senso rimanda alla situazione in cui un individuo urla al cambiamento nella teoria quando in pratica resta identico a sè stesso. Questa forma pacchiana di pensiero si rispecchia nel modo di lavorare sul set televisivo di alcuni autori italiani che Boris prende di mira in maniera implacabile. Pennellando virtù e vizi che contraddistinguono il nostro bel Paese, Boris è riuscita a fare una parodia di molti dei programmi televisivi che brancolano tra gli schermi delle nostre televisioni. Una televisione che vuole per forza di cose imitare la serialità americana senza pudore.  

È questo che devi fare tu. Occhi del Cuore sì ma, con le sue pappardelle, con le sue tirate contro la droga, contro l’aborto, ma con una strana, colorata, luccicante frociaggine. Smaliziata, allegra, come ‘na cazzo de Lambada. È la locura Renè! È la cazzo de locura! Se l’acchiappi hai vinto

Ecco quindi che la locura prende le sembianze di un inganno. Un bipolarismo linguistico che parla di modernità mentre sbeffeggia l’innovazione. E se ci fossero delle regole per riconoscere la locura mi sentirei di dirvi che la prima è notare il livello di bigottismo di quel prodotto. Quest’ultimo prende piede quando si sbandierano temi importanti senza darne peso, solo per rimarcare una superiorità che nei fatti non esiste. In Boris, il termine allude anche a una bugia confezionata, così come Willie Peyote ne rimarca il suo senso ironico.

Per il musicista l’Italia è solo un Medioevo più Trash è più smart. Boris e il brano hanno in comune una pungente critica politica che si gonfia di consensi mente il paese resta allo sbaraglio, privo di punti di riferimento saldi. Paese che resta anche il teatro di una lotta meschina per l’elettorato mentre progettualità e capacità non vengono presi in considerazione. E qui Boris accende un’altra miccia. Dov’è finito il merito? Favoritismi, raccomandazioni e servilismo regnano sovrani. 

In sostanza il ‘ca**o di futuro’ fa paura e la locura è soltanto un placebo, non certo la miglior arma per combatterlo. Ci farebbe sentire come il primo uomo sulla luna nei confronti di una realtà che accelera senza voltarsi. A distanza di anni Boris continua a far parlare di sé e il monologo di Valerio Aprea ha assunto dei connotati dogmatici rispetto alla serialità televisiva del nostro paese. Come si sarà evoluto a distanza di 12 anni? Non vediamo l’ora di scoprire nella nuova stagione di Boris se sguazziamo ancora nella locura.