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Dove può andare a parare la quarta stagione di Boris?

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Da quando Boris ha conosciuto una nuova ondata di popolarità in seguito al suo inserimento nel catalogo Netflix, le voci su una possibile quarta stagione hanno cominciato a circolare in maniera sempre più insistente. Le dichiarazioni rilasciate da Luca Vendruscolo in occasione di un evento al Cinema America di Roma sembrano aprire alla possibilità di un ritorno: “Abbiamo deciso di provarci molto seriamente, ma non di riuscirci”. Il freno principale è rappresentato dalla scomparsa di Mattia Torre, a cui la serata era dedicata. Una reunion, ha sottolineato Vendruscolo, non potrebbe che avvenire in suo onore.

Sarebbe fatta completamente in ricordo di Mattia. Se venisse fuori una cosa che ci darà la sensazione che lui da lassù non ci sputi in faccia, la faremo.

Non sappiamo se il sogno di un nuovo capitolo della fuori serie italiana debba rimanere tale o trasformarsi in realtà, ma ci siamo divertiti a gettare i presupposti da cui potrebbe partire la trama di una nuova stagione (se avete bisogno di una ripassata su com’è andata a finire l’ultima, potete farla qui).

La quarta stagione di Boris: cosa potrebbe accadere?

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Cane telefona a Lopez: c’è bisogno di una trovata che consenta di reggere l’onda d’urto emanata dalla concorrenza dei servizi di streaming. Il pubblico televisivo sta emigrando verso quei lidi in percentuali sempre più massicce, va lanciata un’esca in grado di recuperare chi è andato via e di trattenere chi è rimasto. Le alternative sono due: tirare fuori dal cilindro un nuovo progetto o ripiegare su un grande ritorno.

Il trend recente comprova l’efficacia dell’effetto nostalgia (l’industria cinematografica va avanti a remake, la Disney a live action dei classici e Una mamma per amica è tornata con una nuova stagione a distanza di dieci anni dall’ultima) e, parliamoci chiaro, riciclare richiede meno impegno di compiere uno sforzo creativo. La scelta più sicura è ributtare in pista uno dei cavalli chiusi nelle scuderie della rete: Occhi del cuore.

Affinché l’operazione riesca, è necessario ricomporre il team originario: squadra che vince non si cambia.

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René, inizialmente restio a riscaldare una minestra non particolarmente gustosa al palato nemmeno appena preparata, si lascia convincere dalla prospettiva di un rinnovamento che consenta a Occhi del cuore di poter assolvere al compito per il quale il suo ritorno è stato pensato: stare al passo con i tempi è l’unico modo per giocarsela con i colossi dello streaming. La rimpatriata, però, non si rivela facile da mettere in piedi.

Duccio è disposto a rinunciare al reddito di cittadinanza con cui si mantiene solo in cambio di una lauta retribuzione, Stanis avanza pretese contrattuali spropositate facendo leva sul numero dei suoi followers (“Non si potrebbe ingaggiate Borghi al suo posto? Quello piace, altrimenti come ti spieghi che è riuscito a rubare qualche ruolo a Favino?”), Corinna ha messo da parte la recitazione per intraprendere la carriera di influencer, Arianna è uscita dal giro delle fiction scadenti per calcare i set di importanti produzioni italo-americane. Solo Alessandro, malgrado un curriculum pieno zeppo di esperienze, continua ad arrancare tra incarichi poco remunerativi e tentativi di promuovere le proprie sceneggiature che terminano in altrettanti buchi nell’acqua.

In parte facendo leva sulla carica sentimentale che tornare a collaborare possiederebbe e in parte prospettando una dimensione lavorativa moderna e stimolante (con tanto di straordinari pagati in maniera puntuale, per la felicità di Biascica), René vince le reticenze di tutti e li trascina a bordo della nave.

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Nella cabina di comando sono già posizionati i tre sceneggiatori, che si sono premurati di adeguare i loro copioni alle tendenze dominanti dell’odierno storytelling. Stanis non ha scampo questa volta: deve accettare che il dottor Corelli muoia, perché lo spettatore va scioccato con le dipartite improvvise dei protagonisti (“Facciamolo crepare. Così, de botto, senza senso”) e con colpi di scena inaspettati (“Un altro fratello gemello: il secondo è prevedibile, il terzo no”). Se l’intreccio che viene fuori non segue alcuna logica narrativa e la conclusione non risulta coerente rispetto all’evolversi della trama poco importa: nell’era post Game of Thrones il pubblico non va accontentato, va fatto incazzare.

Vedrai il casino che scateniamo sui social, René: trendiamo sicuro.

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Le velleità artistiche che René si era illuso di poter coltivare vanno a sbattere contro i soliti ostacoli: la mancanza di risorse, la scrittura penosa, la coazione a ripetere che punta alla vendibilità anziché alla qualità. E alla fine non importa che il nuovo Occhi del cuore sia identico a quello vecchio: in fondo la rete ha un target diverso rispetto alle grandi piattaforme e quindi, a ben vedere, non si può parlare propriamente di concorrenza. Occhi del cuore può continuare a giocare al suo gioco, quello da cui è sicuro di uscire vincitore. A un René sconfitto e rassegnato non resta altro da fare che ritirare fuori i suoi vecchi motti.

Non cambiano i suonatori e nemmeno la musica: l’ennesimo trionfo della locura

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La satira non è mai avulsa dal contesto di cui è figlia.

Per questo motivo, un ritorno di Boris non potrebbe che prendere le mosse dai cambiamenti avvenuti nei dieci anni trascorsi dalla fine della messa in onda e renderli la nuova cornice entro cui inserire la narrazione. Sarebbe lecito aspettarsi riflessi di quell’esplosione dei servizi streaming che hanno rivoluzionato la fruizione delle serie, dell’influenza esercitata dalle “dinamiche da social” su televisione e spettacolo, di quella precarietà di cui Boris si era già fatta portavoce nel suo ciclo originario e che è andata accentuandosi con la crisi economica.

Questi cambiamenti sarebbero la voce con cui ribadire ancora una volta la strenua resistenza che la locura è in grado di esercitare: passano gli anni, ma lei continua ad affermarsi dentro e fuori il piccolo schermo, trovando nuove modalità per attecchire. “Occhi del cuore esisterà fino a quando esisterà un posto chiamato Italia” recita il dottor Cane al termine dell’episodio con cui Boris si è congedata dal pubblico nel 2010. Con ogni probabilità la quarta stagione non farebbe altro che confermare la valenza profetica di queste parole.

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