La quarta stagione di Boris è arrivata su Disney Plus come un raggio di sole in una giornata di pioggia. Tutto il vecchio cast, capitanato da Francesco Pannofino, è tornato per una nuova incredibile avventura. Ammettiamolo, eravamo eccitati e terrorizzati allo stesso tempo, considerando tutti i momenti geniali che questo show ci ha regalato. Boris è ormai un cult intramontabile, un must watch per ogni italiano e non. Perché, d’altronde, Boris parla proprio di noi, ci descrive come nessun’altra serie tv. È un prodotto veramente tanto italiano, ma anche tanto poco italiano. Scusaci Stanis, consolati pensando che almeno non è una serie tv toscana.
Stanis La Rochelle è una delle star indiscusse di Boris (anzi, mi correggo: LA Star). La nostra più grande preoccupazione, infatti, era quella di non ritrovare più i personaggi nella loro purezza.
Quando confezioni un cult di questo livello, è difficile dopo anni riuscire a mantenere la stessa linea e la stessa genuinità. Possiamo dire che la quarta stagione di Boris sia riuscita in pieno nell’intento, e a dimostralo sono proprio i personaggi, i quali si sono evoluti ma, in fondo, sono sempre gli stessi. Il fan service diventa una questione secondaria. La quarta stagione di Boris è un regalo per gli amanti della serie, ma è prima di tutto un omaggio commovente a un grande artista della televisione italiana e non solo: Mattia Torre.
Riusciamo a percepire il rispetto e la stima dei colleghi nei suoi confronti, quasi ci sembra di vederli nelle loro stanze a rompersi la testa e godere della rara possibilità di fare un lavoro che si ama. Perché solo amando il proprio lavoro si riesce a portare a casa un prodotto fuori dagli schemi come Boris.
Così, proprio come cantano i fantastici Elio e le Storie Tese nella sigla della quarta stagione, Boris riesce a trovare il suo posticin tra supermenni e amori teen. Pur essendo qualcosa che fatichiamo a catalogare in un genere specifico.
Questa storia nuova con i personaggi a norma facevamo fatica a immaginarcela, invece ci hanno stupito. Insomma, avreste mai pensato di sentire Stanis La Rochelle e personaggi a norma nella stessa frase?
Stanis nella serie tv Disney Plus, infatti, fa i conti con l’evoluzione della televisione e delle serie tv. Questa volta il pubblico ha esigenze diverse, non ci sono più il dottor Cane e i famosi AA (abbronzati e abbienti) a dettare le regole, ma uno spietato algoritmo che sembra mandare in confusione anche il meno italiano degli italiani.
Insomma, sul set non è più lecito neanche scaccolarsi, e la sguaiata cialtroneria di Occhi del Cuore sembra appartenere a un passato lontano. Ovviamente sappiamo tutti che non è così, e che nessun algoritmo potrà mai impedire a Renè Ferretti (Francesco Pannofino) di dire parolacce e a Stanis di non fare la drama queen.
Boris è sottile (ma non troppo) satira di noi stessi.
Analizza e stratifica l’italianità attraverso una forma di intrattenimento che si prende gioco di una parte della nostra quotidianità. Ormai nessuno più si sofferma a vedere la televisione dopo pranzo, siamo tutti collegati con le nostre Smart Tv e ai nostri computer che ci danno libero accesso a centinaia di contenuti su piattaforme come Netflix e Disney Plus.
Tuttavia, le fiction come Occhi del Cuore fanno inevitabilmente parte della nostra identità. Ogni volta che mi capita di vedere uno spezzone di fiction simil Occhi del Cuore, sento immediatamente l’odore di sugo caldo a casa di mia nonna, il tintinnare delle posate mentre mio nonno apparecchiava e i loro commenti del tipo “faremmo meglio a spegnerla questa televisione, tanto non fanno niente di intelligente“. Ovviamente, sotto sotto, erano anche loro interessati alle vicende che coinvolgevano lo Stanis e la Corinna di turno.
Questa reminiscenza di memoria, si è sempre mescolata al sagace spirito di osservazione degli autori. Un po’ come nella commedia di altri tempi, ritroviamo personaggi che incarnano un preciso stereotipo di italiano, di cui il personaggio di Francesco Pannofino si fa capofila. In questo caso, Stanis è il finto divo con l’ego spropositato. Quello che mettendo in tasca la sua misera esposizione, e l’apprezzamento di vecchiette e casalinghe, si erge a grande VIP.
Così sono tutti quei professionisti e non che si presentano al mondo come i migliori del loro settore, trattando con sufficienza chiunque gli si avvicini. Sotto sotto, però, Boris ci dimostra che anche l’ego più smisurato nasconde le sue grandi fragilità e debolezze. Sappiamo che Stanis La Rochelle è maschera e verità, e dietro la plastica dell’apparenza non mostra il suo vero volto a nessuno, neanche a se stesso.
Quanto era difficile scrivere una versione aggiornata di questo Stanis senza risultare macchinosi o patetici. Ma Stanis La Rochelle è ancora lì, e sa sempre come rubare il nostro cuore anche nella quarta stagione di Boris.
Siamo ancora qui a parlare delle sue ville, del suo conto in banca e di tutte le donne che pagherebbero anche solo per un suo sguardo. Il personaggio di Pietro Sermonti addirittura si scinde in due personalità diverse, spesso in conflitto tra di loro: lo Stanis Attore e lo Stanis Produttore. Le due facce della stessa medaglia sono la dimostrazione che la star di Boris è andata avanti ma è rimasta sempre la stessa.
Del vecchio Stanis ritroviamo il senso dell’umorismo e il suo testardo talento (nel convincere il Renè di Francesco Pannofino a fare ciò che non vuole fare, non nel recitare ovviamente) e le sue insicurezze nascoste. Il meno italiano degli italiani, infatti, ci sembra piccolo e indifeso nello stormo di internazionalità che pervade la nuova produzione. Improvvisamente Alessandro parla meglio inglese, un personaggio secondario gli ruba il ruolo da protagonista e il Politically Correct gli sta stretto come una bandiera della pace in mano a Mariano Giusti (un incredibile Corrado Guzzanti).
Boris è controcorrente pur cavalcando l’onda del mainstream, è irriverente senza travalicare quelle righe invisibili che sfociano nella volgarità, è spontaneo ma bilanciato.
Boris è Boris, così come Stanis La Rochelle è Stanis La Rochelle, anche quando si innamora della sua Corinna e ci lascia intravedere un lato più romantico di se stesso.
È pur sempre esagerato, insopportabile e primadonna. Ma quanto ci piaci Stanis La Rochelle, pazzo e incorregibile proprio come noi italiani che ci alziamo al mattino e beviamo la nostra tazza di caffè lamentandoci del caldo in estate, del freddo in inverno e del governo a prescindere.
Perché a noi, come agli autori geniali di questa perla tutta italiana, non ci fermerà mai nessuno, figuriamoci un algoritmo. Il Politically Correct lo lasciamo alle piattaforme, mentre ci ritroveremo costantemente in una chiacchiera da bar in cui l’unica cosa non “scorrect” sarà il bicchiere d’acqua fresca affianco alla tazzina di caffè.