Avete presente quelle serate un po’ tristi, in cui un filo di malinconia vi avvolge e nemmeno voi sapete perché? Bene, tempo fa stavo vivendo una di quelle serate, in cui non mi sarei alzato dal divano per nessuna ragione al mondo, se non per avvicinarmi al freezer e prendere un po’ di gelato, quando, per dare una svolta al mio umore tetro, ho deciso di iniziare l’ennesimo rewatch di Boris, una vera e propria sicurezza in questi momenti di down emotivo. Sarà stata l’intensità del momento, oppure la particolare intensità delle sensazioni che mi colpivano, ma quella sera ho visto la serie con un occhio diverso, concentrandomi, più che sulle battute che ormai conosco a memoria e che mi fanno sempre ridere come la prima volta, sul personaggio di René Ferretti, sulla dimensione che riesce ad assumere oltre la patina grottesca che, a primo impatto, lo avvolge.
Mentre riflettevo, gli episodi sullo schermo andavano avanti, incessantemente uno dopo l’altro. Non so quanto tempo sia passato, ma a un certo punto ho sentito un bisogno impellente di esprimere tutti quei ragionamenti che mi assalivano la mente e di rivolgermi proprio a lui, a René Ferretti, per trasmettergli tutte le emozioni che mi ha suscitato in quella triste serata estiva. Così, con un certo mix di romanticismo e nostalgia, ho preso carta e penna e ho cominciato a scrivere una lettera, indirizzata proprio al regista, e come trasportato tra le pieghe di un vivido sogno ho iniziato a imprimere parole sulla carta e il risultato è stata questa vera e propria dichiarazione d’amore verso il mitico Renè.
Caro René Ferretti
Non sarà il massimo dell’originalità, però, insomma, non ho trovato un modo migliore per cominciare una lettera, per cui facciamoci andare bene questo classico incipit. Sai René, ti stavo pensando, l’ho fatto per tutta la serata. Non è stata una serata semplice, in realtà non è un periodo semplice in generale, un po’ di pensieri, meglio che non ti dico. Ad ogni modo, questa sera di essere triste non ne avevo proprio voglia e quindi ho deciso di ricominciare per l’ennesima volta Boris, per farmi due risate con te, Stanis e tutti gli altri, tra i pochi in grado di rallegrami anche nei momenti più complicati. Mi avete allietato moltissimo tante altre giornate complicate e questa sera non ha fatto eccezione, eppure, forse sarà stata la malinconia più pervadente, ma stavolta non ho potuto fare a meno, tra le tante risate che mi hai fatto fare, di avvertire con forza l’emergere di una certa delusione, mascherata da quel sorriso che hai sempre indossato.
Lo so, per molto tempo non sei stato quel regista che avresti voluto essere da principio. Non hai potuto lavorare sempre con attori di prima fascia, concentrandoti su prodotti di alta qualità, con ritmi e tempi adatti a un lavoro sopraffino. Eppure, René, mi sembra che tu abbia sempre portato a termine i tuoi compiti e in questo sei stato d’ispirazione. Col materiale che hai avuto a disposizione, che, diciamocelo chiaramente, spesso non è stato granché, hai sempre cercato di fare il massimo, e senza mai perdere il sorriso, per di più. Io la vedo, da qui, la tristezza dominante prima che riuscissi finalmente a fare il tuo film, quello che hai sempre desiderato, la percepisco perché è anche la mia di questa sera, e ti capisco. Però, René Ferretti, in fondo non c’era da essere tristi, perché anche in quei momenti per me sei stato comunque un esempio, sotto tantissimi punti di vista. Non mi hai solo divertito e rasserenato in questi anni, ma mi hai anche insegnato molto, più di quanto potessi immaginare.
Quante cose mi hai insegnato René Ferretti
Non so se ti farà stare meglio, ma mi piace pensare di sì, che potrai allietarti sapendo che, almeno per qualcuno, sei stato un grande modello anche prima della consacrazione. Nella tua avventura in Boris mi hai mostrato come sia possibile sopravvivere alle difficoltà di tutti i giorni, come nella vita bisogna scendere a patti con la realtà, perché la quotidianità è per lo più deludente, è fatta solo di piccolissimi trionfi e soprattutto di tanti bocconi amari da mandare giù. Anche quando è stata particolarmente amara, tu hai sempre accettato questa realtà, mantenendo il sorriso e cercando di portare a casa anche le più piccole vittorie. Che siano dei ciak ben riusciti, una discussione vinta con Stanis o un piccolo aumento di budget dalla rete: ti sei sempre battuto, senza arrenderti, e mi hai mostrato che sono queste le cose per cui, ogni giorni vale la pena combattere. I grandi trionfi fanno parte della letteratura, noi comuni mortali viviamo, in fondo, di vittorie piccolissime.
Accanto a questa perseveranza, René Ferretti, mi hai insegnato anche che, ogni tanto, lasciarsi andare è estremamente liberatorio e fa bene. Quelle urla, quegli strilli, sono il contraltare perfetto a quel sorriso che, spesso faticosamente, sei stato costretto a indossare, e che quando ha iniziato a pesarti, hai tenuto su proprio grazie a questi sfoghi. Mi hai fatto ridere tanto, ma non credere che non ho visto la disperazione dietro quelle sfuriate e tra le mie risa. Eh sì, come si suol dire ne hai dovuta ingoiare di merda, ma se questa ci consente di non arrenderci e di portarci a casa la giornata va bene, la ingioieremo. Viva la m***a, no? Poi con gli strilli la rigetteremo fuori, però accontentarsi non è affatto una debolezza, ma è spesso sintomo di maturità e una via, in fondo, per convivere con i problemi di ogni giorno.
Anche prima che coronassi il tuo sogno, tu mi hai insegnato tutto questo René: a godere delle piccole cose, a non arrendermi, a combattere perché poi, alla fine e quando meno ce lo aspettiamo, i riconoscimenti arrivano e anche questo mi hai dimostrato. Quei trionfi sempre sognati, superiori alle piccole vittorie, anzi costituiti da essi, arrivano, ma solo per chi non si è mai arreso ed è sopravvissuto alla quotidianità. Io stasera questo ho visto in te Renè Ferretti, una voglia matta di lottare, tra le urla e i sorrisi, tra l’ironia e la tristezza, contro tutto ciò che ci si oppone sul nostro cammino, che siano delle attrici “cagne”, degli attori superbi o un’emittente che taglia continuamente il budget. Ho visto la tua tristezza, ma anche la tua inesorabile volontà, che alla fine ti ha portato dove meritavi di arrivare.
E quindi grazie, amico mio
Sarò sincero con te stasera, Renè Ferretti. Da una parte mi sarebbe piaciuto che tu fossi subito riuscito a fare il tuo Machiavelli, mi sarebbe piaciuto vederti lavorare tutto il tempo con attori di alto livello e non col simpatico, ma diciamocelo incapace, Stanis La Rochelle. Mi sarebbe piaciuto che avessi fatto una gran carriera, magari un esordio folgorante, la nomina ai David di Donatello, premi su premi e grandi riconoscimenti. Chissà, anche una bella coproduzione internazionale come ciliegina sulla torta. Ti saresti meritato tutto questo, ma forse non saresti stato più tu e non mi sarei legato così tanto a te se, prima di arrivare al tuo Giuda, non avessi camminato nell’inferno.
A me è piaciuto vederti anche così, soprattutto così, Renè Ferretti. Estremamente umano tra gli umani. La tua carriera, che si è costruita su serie tv spazzatura, su attori rimediati e su condizioni di lavoro precarie ti ha avvicinato a tutti noi comuni mortali, che cerchiamo di sopravvivere alla precarietà del quotidiano. Ogni giornata è una sfida e va affrontata senza mollare. Ogni giorno, come te, dobbiamo convivere con le difficoltà del lavoro e della vita e in qualche modo cerchiamo di portarci a casa la giornata. Come a te, anche a noi “la qualità ha rotto il c***o”, perché semplicemente spesso non possiamo permettercela. Eppure, nonostante ciò non smettiamo di inseguirla perché dopo tutta quella m***a di ogni giorno alla fine la qualità arriva.
Il segreto è non arrendersi, sorridere e andare avanti. Io stasera ti ringrazio, non solo perché mi hai allietato una serata triste, ma perché finalmente mi hai fatto elaborare tanti insegnamenti che, da tempo, mi hai trasmesso. Ho compreso che non c’è nulla di male nell’essere comuni, deboli, semplicemente umani. Capire queste cose è stato un sogno a occhi aperti, così come vederti in Boris, quindi grazie, davvero, Renè Ferretti.