Stanis La Rochelle è una delle figure chiave di quella matta, sregolata, meravigliosa Serie Tv che era “Boris”: oggi vi diciamo perché vale la pena amarlo!
Boris è Boris, non c’è nulla da fare. Certo, magari sarà anche fuori dalla Top 10 delle Serie Tv più conosciute dal pubblico italiano, però questo non toglie nulla alla bontà di un progetto che ha saputo (per davvero!) dare qualità al fino ad allora troppo scontato apparato seriale italiano, capace di partorire punte di diamante come “Gomorra” o “Romanzo Criminale”, ma anche pacchianate oscene troppo stantie per essere vere.
Boris no. Stiamo parlando di un autentico capolavoro che ci ha raccontato con umorismo magistrale e finta leggerezza quella che in fin dei conti è la triste illusione di un’intera società: la convinzione di star facendo qualcosa di meraviglioso, che altro non è se non una maschera dell’ignoranza e della pochezza.
CALMA, QUI STIAMO FACENDO TROPPO I SERI! (da leggere con le corde vocali in rilievo e il volto paonazzo alla René Ferretti)
La creatura di Luca Manzi è un agglomerato di scene esilaranti e personaggi talmente assurdi da risultare irresistibili; tra quest’ultimi spicca lui, “il divo”, Stanis La Rochelle. La straordinaria interpretazione di Pietro Sermonti, oltre agli iconici dialoghi messi a punto dagli sceneggiatori (quelli veri, mica i 3 cialtroni della Serie), ha creato una figura totale nella sua follia e nelle sue contraddizioni.
Hall of Series ha aperto tutto e ha trovato 7 ottimi motivi di innamorarvi di Stanis la Rochelle, ben consci del fatto che istintivamente ti verrebbe da odiarlo, che le sue battute non fanno ridere (“NON È LA LINEA COMICA!” cit.) e che l’amore è una cosa terribilmente italiana.
7) È poliedrico
Serve interpretare un medico semi-analfabeta? Stanis. C’è una parte da esploratore nazionalista dell’Africa equatoriale? Stanis. Bisogna fare una scena a cazzo di cane impersonando non si sa bene chi facendo l’accento tedesco del “doctor Zingler”? Stanis, sempre Stanis, fortissimamente Stanis. La (mediocre!) poliedricità del protagonista de “Gli occhi del cuore” lo rende praticamente perfetto per ogni ruolo, a patto ovviamente che si tratti di qualcosa d’effimera qualità. Come si fa a non amare un uomo a cui Marcel Marceau ha insegnato ad essere chiunque? Per non parlare della tecnica della corsa da fermo.