“Guy with that moustaches probably doesn’t make a lot of good life choices, heh”
Il senso del terzultimo episodio di Better Call Saul sta tutto qua. In una considerazione semi ironica di Saul Goodman, uscita dalla sua bocca più per mettere a tacere Mike, che per reale convinzione. Ah, se solo avesse preso in parola il consiglio che Ermanthraut gli stava caldamente offrendo. Forse non avrebbe salvato Mike stesso, forse non sarebbe riuscito ad arrestare l’ascesa di Heisenberg. Ma avrebbe conservato il suo lavoro, i suoi soldi, i suoi completi pacchiani, la sua villa cafona. E forse non sarebbe diventato egli stesso l’uomo con i baffi che prende scelte di vita discutibili.
Questa serie gira intorno a quante maschere è capace di indossare l’uomo che un tempo fu James McGill. Ogni maschera richiede un compromesso sempre più pesante con la propria coscienza. Ogni maschera è un pezzo sempre più grosso di moralità che se ne va via, forse per sempre. James, o Saul, o Gene è parte di una matrioska. Ogni versione di sé contiene al suo interno un uomo – moralmente parlando – sempre più piccolo. Il pezzo più grande è Jimmy, tipico imbroglione da bar, ma tutto sommato innocuo. Al suo interno c’è Saul, l’avvocato dei criminali. All’interno di Saul c’è Gene, mente di una banda di criminali.
Ogni maschera è una caricatura della sua versione precedente.
Una caricatura differisce dal pezzo originale perché è contraffatta, è parodistica, pur conservando dei tratti identificativi. Per quanto riguarda il protagonista di Better Call Saul, il modus operandi è sempre lo stesso: Jimmy/Saul/Gene/Viktor with the K attinge al suo bagaglio di trucchi e inganni per raggiungere i suoi obiettivi. Tuttavia, ogni maschera scivola sempre più nel torbido, sguazza nello sporco e nel micragnoso come uno scarafaggio.
Laddove Jimmy truffava per poche centinaia di euro lo stolto di turno nei bar di Cicero, Saul non si fa scrupoli a manipolare anziani, o a rovinare la reputazione (e la vita) di ex colleghi innocenti. Allo stesso modo Gene non si ferma nemmeno davanti a un uomo col cancro. Non sappiamo quale sia la sua vera essenza. Emanuele Di Eugenio, nella recensione della 6×10, ipotizzava tutte queste versioni insieme o forse nessuna di esse. Ma possiamo asserire che la sua versione in bianco e nero, Gene Takovic, sia la sua versione gangster.
La mente di una banda criminale, disposto a scendere fino agli abissi della propria anima e della propria coscienza. Vi ricorda qualcuno?
Gene è Saul e Jimmy insieme, forse solo una versione più ripugnante. Ma al tempo stesso, in una definizione ancor più letterale e meno simbolica del termine, è una caricatura di Walter White. Sul tratto finale del suo percorso, che non sappiamo se lo condurrà alla prigione, alla morte o a una improbabile redenzione, il fu James McGill si è riscoperto l’uomo con i baffi che fa scelte sbagliate.
Da un punto di vista etico le ha sempre fatte, si potrebbe obiettare. Ma abbiamo più volte ribadito che questo agglomerato di maschere, questa matrioska del ribrezzo è un corpo in caduta libera verso l’abisso dell’immoralità. E per quanto Saul Goodman si fosse spinto a tanto e a troppi compromessi c’è una differenza tra il difendere i criminali, o agire in balia di Lalo Salamanca, rispetto a sporcarsi le mani in prima persona.
Siamo davanti a una legge non scritta dell’universo di Breaking Bad e Better Call Saul. Una figura che entra in rotta di collisione con un altro personaggio della serie finisce per acquisire alcuni tratti caratteristici di quel personaggio. Emblematico, ad esempio, come Walter White abbia accentuato la sua ossessione per l’ordine maniacale dopo la morte di Gus Fring. O, ancora, come Saul Goodman abbia fatto suo il motto di suo fratello Chuck (“let justice be done though the heavens fall“).
In questo caso, la “somiglianza” è suggerita dal fatto che Gene abbia praticamente perso tutti i capelli, porta i baffi e gli occhiali. In qualche frangente, obnubilati dal bianco e nero, dalla tensione della scena o dall’hype per l’apparizione del vero Walter White, la somiglianza ci sembra tale da poterli quasi sovrapporre
Eppure Gene Takovic non è Walter White.
Gene Takovic intende accanirsi su uomo che ha il cancro, forse proprio perché ha il cancro. In questo modo, indirettamente, incolpa Walter White di aver perso tutto. Lo incolpa di essere diventato Gene Takavic. Eppure, proprio la scena con Mike ci ricorda che lui ha scelto, senza costrizioni e in piena libertà, di diventare l’avvocato di Heisenberg. Ha visto qualcosa in quell’uomo di 50 anni, malato di cancro. Ha riconosciuto qualcuno della sua stessa pasta. Ed è, pertanto, Saul Goodman stesso ad aver spianato la strada al famigerato uomo con i baffi.
Tuttavia Gene non ha il fascino magnetico di Walt. Non ha, con tutta probabilità, la capacità di premere il grilletto contro un’altra persona. Non ha quell’attenzione metodica ai dettagli che avrebbe Walter White quando si sporca le mani in prima persona (Quante cose possono andare storte in questo suo piano? Quanti indizi di colpevolezza si sta lasciando dietro?). È una caricatura, appunto. Non è una copia fedele all’originale.
Walter White aveva un progetto ego riferito ben dettagliato. Voleva quei 5 miliardi di dollari che gli sarebbero spettati dalla Grey Matters ed essere riconosciuto per il genio che è. Il progetto di Jiimmy/Gene/Saul qual è? Cambia a seconda della maschera. Anche essere un avvocato, ovvero le sembianze che più gli associamo e che probabilmente per sempre collegheremo a lui, sembra un mero corollario della sua maschera di turno. La sua unica costante è Kim, la compagna di giochi, l’unica ad amarlo trasversalmente in ogni maschera e, forse, l’unica depositaria del suo vero io, al di là di ogni raziocinio, al di là di ogni caricatura.
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Grazie ad Alessandro Fazio per gli spunti e le discussioni settimanali su questa serie clamorosa