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Breaking Bad: apologia di un cult che non ho mai visto

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Vi capita mai di imbattervi in qualcosa di cui sembrate essere all’oscuro solo voi? Un classico della letteratura che non avete mai letto, un film che ha fatto la storia del cinema che non conoscete; o, nel mio caso, forse la serie tv per eccellenza. Una delle più discusse, trattate e analizzate nella storia televisiva dell’ultimo ventennio. Quante volte ho sentito dire che il mondo si divide tra chi ha visto Breaking Bad e chi mente. Vi assicuro che come frase non è veritiera: non solo non ho mai visto il prodotto in questione ma per lungo tempo me ne sono tenuta alla larga. Sarà perché quando ti viene costruita la genialità di qualcosa spesso e volentieri finisci per rimanerne deluso, soprattutto era diventato un gioco che mi divertivo a fare con me stessa: quanto potevo resistere nella mia ignoranza prima di crollare? Qualche tempo fa, nel pensare a come la serie ha finito per influenzare la cultura attuale, mi è venuta un’idea. E’ pur vero che si sente parlare di Breaking Bad in tutti i modi: ne sono state analizzate le sfaccettature più profonde, i temi portanti, i personaggi unici nel loro genere. D’altra parte è anche vero che capita raramente di leggere la recensione di una serie tv (ancora meno di questa serie tv) dove la persona che scrive non ha nient’altro che una vaga conoscenza del tema. Mi rivolgo direttamente alle tre persone insieme a me che ancora non sanno di cosa sto parlando: ecco a voi l’apologia del cult che è Breaking Bad (e il mio tentativo di convincervi ad iniziarla pur non avendola vista io stessa).

Breaking Bad

Diverse volte mi è capitato di essere guardata negli occhi e, con la solennità che si addice ad una veglia funebre, apostrofata con la frase “Breaking Bad non è solo una serie tv, è molto di più. E’ iconica”. Già, ma perché?

Partiamo da un presupposto: per me all’interno di una serie tv di qualsiasi genere il perno fondamentale sono i personaggi. Se un prodotto seriale è fatto veramente bene, si sente quel pizzico sotto pelle che si prova solo quando si sta assistendo a qualcosa di straordinario. Ecco, adesso pensate di spogliare una serie tv di tutto ciò che la rende tale: le musiche, la regia, la fotografia. Se le figure che animano la storia riescono a mantenerla in piedi senza l’ausilio di nient’altro, sapete di avere davanti un prodotto ben fatto. In questo caso possiamo dire che Walter White sta a Breaking Bad come Barney Stinson sta ai suoi completi: non esiste l’uno senza l’altro. Il professore di chimica rappresenta lo show in tutto e per tutto, e quest’ultimo si allunga intorno alla sua figura come un serpente. Forse possiamo considerarlo anche un punto debole? Provo a riformulare: se il protagonista scompare, cosa rimane dello show? Questo dovete dirmelo voi.

Un altro grande punto a favore della serie che mi è stato insegnato negli anni e che mi è ha colpito è il seguente: pur rimanendone totalmente al di fuori, ho capito in un modo o nell’altro che come Breaking Bad non esiste nulla. E non è cosa da poco, considerando che nel panorama televisivo attuale si tende spesso a copiarsi a vicenda e a utilizzare modelli simili. Come se non bastasse, la serie ha il grande merito di reggere il peso del tempo: non importa quante volte io mi sia sentita al sicuro e abbia sperato che la passione collettiva per questa serie si fosse finalmente estinta. Puntualmente mi viene ricordato che lo show creato da Vince Gilligan è immortale. La mia conoscenza del prodotto, così scarsa da portare a chiedermi se non viva in una caverna, mi impedisce di criticare alcunché. Sicuramente posso raccontarvi cosa mi sono sentita dire: qualcuno l’ha paragonata a Scrubs per quanto riguarda il potere evocativo della musica, qualcuno si è dichiarato sconvolto dalla capacità della serie di portarti ad empatizzare con un personaggio così demoniaco eppure tremendamente affascinante; qualcun altro ha confessato di non aver mai pianto così tanto in vita sua come nel guardare le sue scene più commoventi.

E allora mi chiedo: è possibile che la serie sia riuscita, con “solo” 62 episodi, dove tante altre hanno fallito? E’ possibile che riesca a portarci l’uomo nel suo essere quanto di più complesso esista? In Breaking Bad non c’è spazio per gli eroi, le fiabe, gli ideali: ci troviamo in un vicolo buio a scrutare l’uomo cattivo, quello che fa paura, quello che ci lascia interdetti. Perché in qualche modo ci riconosciamo in lui. In poche parole, Breaking Bad è una serie epocale nel suo essere un ritratto molto fedele dell’essere umano in tutte le sue sfaccettature. Ti prende alla gola e ti spinge a rivalutare tutto quello che credevi fosse giusto o sbagliato: i confini sono quanto più labili si può immaginare. È un pò come guardarsi allo specchio, se questo fosse stato appena lucidato e allo stesso tempo iniziasse a mostrare le prime crepe.

Insomma, le ragioni del successo della serie sono molteplici e non sarà questo il luogo in cui criticherò un prodotto che ha fatto la storia della serialità. Ci tengo però a sottolineare una cosa. All’inizio di questo viaggio sono partita con una domanda specifica: ho voluto chiedere ai fan più sfegatati una cosa semplice, ovvero il motivo fondamentale per cui Breaking Bad è una serie che bisogna vedere. Come mi aspettavo ho ricevuto cento risposte diverse (e abbastanza confuse), dimenticandomi che spesso è molto più difficile dire perché ti piace una cosa piuttosto che spiegare il motivo per cui la detesti. Mi limito quindi a dire questo: c’è un motivo per cui è un cult. C’è un motivo per cui, a detta di molti, cambia il modo di vedere non solo la televisione ma il mondo intero. Questo motivo io non lo conosco, ma so che è lì davanti a tutti. Aspetta solo di essere scoperto.

Breaking Bad

Dicono che non si dovrebbe parlare di ciò che non si conosce e mi trovo d’accordo nella maggior parte dei casi. Questa volta mi permetto di dissentire: si può e si deve parlare di ciò che non si conosce. Altrimenti, come si fa a guardare oltre il proprio recinto?

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