Quando si parla di Breaking Bad è facile imbattersi in diverse opinioni e critiche riguardanti la serie. Il capolavoro di Vince Gilligan continua a far parlare di sé nonostante la leggenda di Walter White si sia spenta, nonostante sia arrivata anche la sua fine. Eppure il percorso del protagonista assoluto non è mai stato a senso unico, né solitario. Al suo fianco c’è sempre stato Jesse, il cui ruolo è sempre stato messo in discussione tanto quanto le scelte da lui compiute.
Breaking Bad non è solo una serie tv sulla criminalità. In essa i personaggi commettono errori, e alcuni di loro migliorano episodio dopo episodio. E l’esempio più lampante è proprio quello di Jesse Pinkman.
La sua vita funge da cornice all’opera criminale di Heisenberg. Sublimando il percorso del personaggio nel corso di cinque stagioni, scopriamo che Pinkman è tutto fuorché un vero criminale. Quel ragazzetto immaturo che conosciamo sin dal pilot della serie ci rapisce dapprima per la sua superficialità. L’intraprendenza, il cinismo e il bisogno costante di evadere dalla realtà sono alcuni degli elementi che inizialmente lo rendono un personaggio banale, la classica spalla del protagonista.
Ma Jesse Pinkman in Breaking Bad cresce, si evolve, diventa un uomo. E malgrado il titolo della serie tv rimandi al tramutarsi in una personalità malvagia, ignorando ogni etica, ogni morale, egli rappresenta l’eccezione dell’intero show. Perché colui che è presentato inizialmente come il criminale della storia, capace di coinvolgere Mr. White nel giro della malavita, si rivela pian piano il personaggio con il cuore più grande, quello con più compassione. Ogni evento drammatico, ogni situazione spiacevole vissuta da Jesse è da lui superata attraverso un tremendo circolo vizioso. Vivere in una famiglia per bene, non eccellere mai e cadere nel giro della droga diventa la via di fuga da una perfezione che non sarebbe mai riuscito a rappresentare.
Nel mondo criminoso Jesse cerca il proprio habitat. Non riuscendo a diventare un uomo migliore ambisce quindi a diventare peggiore, errando tra dipendenze e carneficine.
La droga diventa così la sua migliore amica, la sua sposa. La dipendenza dalla stessa blue meth lo distrugge con lentezza, mentre cerca invano di proseguire la sua folle corsa verso il successo. Strumento nelle mani di Heisenberg, attraversa i dolori più grandi che l’animo possa sopportare. E quei dolori non guariscono mai del tutto, piuttosto patiscono nell’abisso della sua memoria. In Breaking Bad il lieto fine non esiste per nessuno, né per i protagonisti, né per i personaggi secondari. Ognuno di essi convive con gli errori del passato e i traumi vissuti. Non c’è modo per risanare quelle ferite, e Jesse Pinkman lo sa bene. L’alcol e le droghe rappresentano l’unica arma che è capace di reggere e usare: mai contro gli altri, unicamente contro se stesso.
La morte dell’amico Combo è solo l’inizio della fine per lui. Consapevole dei rischi del mestiere, Jesse non trova altro modo di lenire il proprio dolore per la perdita del partner se non con l’abuso di crystal-meth. Ed è in questo contesto che la presenza della fidanzata Jane diventa una tragedia fondamentale per la caratterizzazione del personaggio. L’abuso di droghe, la dipendenza da esse rende Jesse inutile, un irresponsabile, e Walter White ne è consapevole. La morte di Jane rappresenta quindi solo un sacrificio per il protagonista di Breaking Bad, il cui scopo è salvare Pinkman e il proprio lavoro. Dopo l’addio alla ragazza, tutto è diverso per Jesse: il senso di colpa lo perseguita e nulla può sanare quella perdita, nemmeno le droghe.
E mentre la personalità di Heisenberg progressivamente subentra, per Jesse comincia il conto alla rovescia verso la redenzione.
La sua autodistruzione non si arresta, perché malgrado il pernottamento in riabilitazione l’abbia parzialmente aiutato a superare la dipendenza dagli stupefacenti, quella più letale pare continui a inseguirlo. Walter White è la sua disgrazia, perché le conseguenze delle sue azioni si ripercuotono su Jesse, ancora sotto shock, ancora fragile. L’omicidio di Gale Boetticher, per esempio, fa in modo che Pinkman crolli un’altra volta e la sua salvezza diventa sempre più utopica, quasi un miraggio.
Costretto in un’apparente apatia, egli convive con il rimorso e i ricordi di quella notte che attraverso le feste e la musica ad alto volume tenta di ignorare. Il contributo di Mike è fondamentale per la ripresa di Jesse, il quale riesce a risvegliare in lui un senso di responsabilità che nel tempo si è perduto. Quella lealtà che nei confronti di Walter si è pian piano affievolita. E così egli sembra rinascere, convivendo con gli incubi del suo passato e gli orrori che portano la firma di Heisenberg.
I’ve never been more alone, I’ve nothing, no one. Allright? It’s all gone.
La solitudine provata dal coprotagonista di Breaking Bad è comprensibile, ed è per questo che il suo personaggio è uno dei più apprezzati, probabilmente persino più di Walter White. Come una fenice, Jesse Pinkman ha vissuto esperienze terribili e con esse ha cercato di convivere, prima di risorgere con più consapevolezza, con più forza. È sempre stato un personaggio sensibile, destinato a molto più che a un infinito circolo vizioso che sembra non prevedere una conclusione piacevole.
La sua evoluzione nel corso delle stagioni è evidente, nonché crudele, perché Jesse ha pagato caro ogni progresso ottenuto.
Il peso della perdita di ogni persona a lui cara diventa sempre più grave da sopportare. Pinkman ha capito in fretta quanto la presenza di Heisenberg fosse tossica, quanto la dannazione in sua compagnia fosse sempre più vicina. È riuscito a liberarsi quasi di ogni dipendenza, come quella della blue meth e il lavoro da spacciatore, ma non di lui. Walter White è il fantasma che sino alla fine lo ha tormentato, privandolo di ogni gioia, di ogni lieto fine. Lo ha reso schiavo del proprio piano e lo ha privato di quell’umanità che lo ha sempre contraddistinto.
Colui che al termine di Felina vediamo fuggire in un’auto, malconcio e distrutto, non è lo stesso Jesse Pinkman che abbiamo conosciuto nel lontano 2008. È un sopravvissuto, è un eroe che ha perso tutto e non gli rimane nient’altro che la solitudine. La vera dipendenza non è mai stata quella per le droghe, né l’attrazione per la criminalità o il denaro. La lealtà nei confronti di Mr. White lo ha privato di un epilogo positivo, che in più occasioni era a un passo da lui. E la responsabilità è solo di Pinkman, perché sino alla fine – forse involontariamente – ha continuato a farsi del male, danneggiandosi con la compagnia di Heisenberg, distruggendosi al suo fianco come la carta si consuma accanto al fuoco.
Farsi del male a volte è un atto inconsapevole, è vero. Ma Jesse ha sempre percepito che il vero cancro non era la malattia di Walter White: era Walter White. Ed è stata l’ultima, nonché l’unica, dipendenza che sino alla fine l’ha condannato, rendendolo schiavo dei suoi giochi e inerme protagonista del suo declino.