Più o meno trentacinque secondi. Provate anche voi. Provate a fissare il vuoto per trentacinque secondi circa senza sbattere le palpebre. È un lasso di tempo infinitamente lungo, a meno che non siate immersi in una sorta di trance, una dissociazione psichica completa dal mondo esterno. Capita a tutti di incantarsi, direte voi, ma difficilmente così a lungo. Nella 4×13 di Breaking Bad sono trentacinque i secondi in cui ci si sofferma, avanzando lentamente, sul primo piano di Gus Fring. Perso nei suoi pensieri, mentre attende il via libera di Tyrus per entrare a Casa Tranquila e chiudere i conti col proprio passato.
Mentre davanti agli occhi avrà passato in rassegna, per l’ennesima volta, le immagini del ricordo di quel giorno. Il giorno in cui sul bordo della piscina di Don Eladio ha detto addio a Max e a gran parte della propria umanità, per far posto a un’inestinguibile sete di vendetta.
Il giorno in cui è nato il Gus Fring che abbiamo conosciuto, e amato, in Breaking Bad.
Il nome Maximino Arciniega forse non dirà molto ai fan di Breaking Bad, se non ai più accaniti. Nonostante appaia per poco meno di quindici minuti, questo personaggio è architrave imprescindibile nella storia del villain più amato della Serie. Imprescindibile per comprendere a fondo i motivi dell’ascesa prima e della caduta poi del suo impero.
Quando pensiamo alla morte di Gus, spesso abbiamo in mente solo il come. Abbiamo stampato nella memoria il suo modo epico di uscire di scena, mentre ostenta compostezza fino all’ultimo respiro esalato, aggiustandosi la cravatta con metà del cranio sfasciato. Scena perfetta, scena indimenticabile.
Quello che in molti non sono in grado di spiegare adeguatamente, è il perchè. Perchè cioè un calcolatore navigato come Gustavo si sia dimostrato così incauto. Perchè sia finito nella trappola di Heisenberg concedendogli un’ulteriore mossa, dopo essersi sottratto solo poco tempo prima allo scacco del rivale all’uscita dell’ospedale. Il motivo in realtà è molto semplice ma tutto fuorché banale.
Walt, grazie alla soffiata di Saul, aveva intuito quanto Gus odiasse Hector, e quanto ciò potesse costituire una debolezza da usare a proprio vantaggio. Tuttavia neanche lui, almeno inizialmente, aveva realizzato quanto fosse azzeccato questo suo presentimento.
L’ultima carta da giocare che si rivelerà vincente, in una partita che alla lunga, probabilmente, lo avrebbe visto uscire sconfitto.
Per comprendere meglio, bisogna fare un passo indietro.
Il passato di Gus è avvolto da un vasto alone di mistero anche per noi spettatori. Conosciamo le sue origini cilene, ma poco altro a riguardo. Il perchè del suo sbarco in Messico e negli Stati Uniti non è affatto chiaro, tanto che lo stesso Hank volle interrogarlo insospettito dall’insussistenza di documenti che attestino la sua esistenza in Cile. Questa sottospecie di cortina di fumo intorno ai suoi trascorsi di certo contribuisce ad alimentare l’aura di leggenda intorno al suo personaggio.
Ma c’è qualcosa di importante che noi spettatori conosciamo sul suo conto, qualcosa che nè Walt nè Hank hanno avuto modo di scoprire.
Nell’episodio Hermanos (fratelli), scopriamo finalmente il motivo dietro l’odio viscerale di Gus nei confronti di Hector Salamanca.
Nel 1989 un giovane Fring viene convocato alla villa di Don Eladio per aver offerto (a suo dire) dei campioni di metanfetamina ai suoi uomini. Il piano di Gus era proprio quello di attirare l’attenzione del boss del Cartello per ottenere un incontro ed esporgli così la sua innovativa strategia di business. Creare cioè una partnership finalizzata alla produzione in proprio della metanfetamina, evitando così di dipendere esclusivamente dal traffico di cocaina gestito per mezzo dei colombiani. Meno rischi, meno costi. Meno intermediari, molti più profitti.
All’epoca Gus non era solo. Come Walter White aveva un partner, o forse qualcosa di più. Il suo nome era appunto Maximino Arciniega.
Promettente chimico, nonché co-proprietario della catena Los Pollos Hermanos, trasuda sincera ammirazione e riconoscenza verso Gus, che si fece carico delle spese dei suoi studi all’Università di Santiago. Nel flashback i due appaiono molto uniti, e ciò non passa inosservato a Salamanca, presente all’incontro assieme a un suo scagnozzo. Il modo in cui il vecchio Tio apostrofa in più di un’occasione i due partner, lascia intendere che tra di loro ci sia qualcosa che vada oltre la semplice amicizia o la semplice stima professionale. Sono in molti a tal proposito ad aver avanzato l’ipotesi di una relazione sentimentale tra Gus e Max. Ipotesi surrogata ovviamente dall’ambiguità di un personaggio come Fring, presentato sempre come emotivamente algido e glaciale. Tranne in un’occasione.
Don Eladio si mostra infastidito e disinteressato alla proposta dei due soci e Max, senza aver avuto neanche il tempo di spiegarsi, viene assassinato con un improvviso colpo in testa da Tio.
Il tutto di fronte agli occhi sgomenti di Gustavo, gettato a terra e costretto da Salamanca a mirare il corpo senza vita del suo protetto.
L’unica ragione per cui tu sei vivo e lui no, è che io so chi sei. Ma vedi di capirlo: qui non sei più in Cile.
Con questa frase sibillina Don Eladio si rivolge a Fring alimentando il mistero intorno alle sue origini. Che il produttore del pollo più famoso della Tv fosse un pezzo grosso del governo Pinochet, sembra un’ipotesi tutt’altro che campata per aria.
È questa probabilmente una delle sotto-trame meno ma note ma allo stesso tempo più importanti di tutto Breaking Bad. Vendicare Max diventa lo scopo di vita di Gustavo e il motore principale delle sua azioni.
È quello il momento in cui decide di fare piazza pulita del Cartello e di costruire tassello dopo tassello la propria fortuna. Più che per semplice avidità o arrivismo, per poter un giorno vendicarsi di chi gli ha sottratto un amico, un fratello o forse qualcosa di più.
Come sappiamo, riuscirà nel suo intento. Dopo anni e anni a preparare meticolosamente la propria vendetta, mettendo in pratica quella lungimirante strategia non compresa da Eladio, diventerà il leader incontrastato del narcotraffico, sterminando ogni concorrente e creando un proprio impero monopolistico.
Avvelenerà Don Eladio e tutto il Cartello, ma il suo principale obiettivo resterà una solo: Hector Salamanca.
Ti interessa sapere perchè ti ho impedito di uccidere Hector? Un proiettile alla testa sarebbe stata una cosa fin troppo umana.
Con questa frase rivolta a Mike, tratta dalla 3×04 di Better Call Saul, abbiamo l’ennesima conferma di quanto Gus sia totalmente devoto alla causa di far soffrire più a lungo possibile il carnefice del proprio partner. Nessuno può interferire nella sua missione: sarà lui a rimandarlo al creatore dopo avergli fatto patire le pene dell’inferno. Non prima di averlo costretto a mirarlo un’ultima volta, come Tio gli impose a sua volta di fare con Max in quel fatidico pomeriggio.
Look at me Hector
Dopo aver sterminato uno a uno tutta la sua famiglia e averlo torturato psicologicamente andandolo periodicamente trovare nella casa di cura dove alloggia, Gus comprende che è arrivato il momento di chiudere il conto. Preoccupato dall’indagine di Hank nei suoi confronti, capisce che non può più permettersi di prolungare oltre l’agonia di Salamanca, rischiando che possa spifferare segreti sul suo conto alla DEA.
Torniamo dunque a quei trentacinque secondi. Non è affatto un caso che Gilligan scelga di accompagnare il momento con una versione strumentale del più famoso brano di Apparat, Goodbye. Lasciare il ritornello avrebbe forse rivelato troppo.
Molti avranno riconosciuto il pezzo vedendo la sigla di Dark, ma in ogni caso Gilligan è come se avesse voluto suggerire a chi già conosceva l’artista tedesco che questa sarebbe stata la passerella finale di Fring. Un tributo alla Sergio Leone in pieno stile western, con il cattivo che avanza imperterrito incontro al proprio ineluttabile destino. Un addio (o per meglio dire un arrivederci) velato a uno dei più amati e rispettati villain della serialità moderna.
Altro indizio sulla sua sorte ci viene offerto nell’ultima inquadratura, che indugia su un inequivocabile sagoma fissata da Gus prima di varcare la soglia di ingresso.
Se tutti abbiamo ben presente il come, ecco dunque spiegato il perchè della sua morte. Gus non si cura di un eventuale piano di Walt fino a quando Hector non decide di mirarlo.
In quella camminata, in quei trentacinque lunghissimi secondi di trance, per lui esisteva solo la vendetta. Solo la fine di un cerchio, di un percorso cominciato quasi vent’anni prima. Un progetto che con estrema meticolosità, fatica e sangue aveva portato a termine, diventando il kingpin della droga di Albuquerque e non solo.
Probabilmente essere un pezzo grosso anche negli Stati Uniti, essere il boss incontrastato era semplicemente ciò che aveva sempre voluto. Vendicare il suo hermano forse era solo il pretesto per agire, l’equivalente del benessere della famiglia di Walt per dare libero sfogo alla sua vera natura. Quel che è certo è che l’insistenza nel torturare il killer di Max, anche dopo essere arrivato sulla vetta e avergli praticamente strappato via tutto, dalla famiglia alla dignità, per Gus si rivelerà fatale. Non è ammissibile per uno scacchista esperto indulgere in alcuna distrazione durante una partita così importante. Con un avversario temibile come Heisenberg.
Un proiettile in testa al vecchio Hector sarebbe stato sì troppo umano, ma forse non sarebbe costato a Gustavo la sua stessa vita.