Attenzione: evita la lettura se non vuoi imbatterti in spoiler di Breaking Bad
Il titolo di questo pezzo, volutamente provocatorio, vi lascia immaginare in quale verso tenderemo ad analizzare la meravigliosa serie tv Breaking Bad. Per quei due o tre che ancora non l’hanno vista, vi avvisiamo ancora una volta: da qui in avanti seguiranno spoiler come se non ci fosse un domani. L’unico monito per chi ancora non si fosse addentrato nel bellissimo labirinto di Breaking Bad è: correte, non potete avere di meglio da fare. L‘ultima puntata di Breaking Bad esce nel settembre del 2013, circa undici anni fa. Negli anni, sempre più è stata acclamata come una delle migliori serie tv mai scritte, ma anche una sorta di apripista ad un genere piuttosto inusuale negli anni in cui venne rilasciata. Breaking Bad non è un crime, non è un thriller e non è nemmeno un “semplice” dramma familiare.
È una vera e propria epopea di eventi che, raccolti tutti insieme, ha creato un percorso ad ostacoli tanto meraviglioso quanto disturbante.
Ma soprattutto unico. Il focus su cui oggi vorremmo soffermarci però è ben più specifico, e per questo poco adatto a chi non dovesse averla mai vista. Perché questo pezzo è dedicato a chi l’ha vista e se ne è innamorato ma soprattutto a chi ha rivisto Breaking Bad e ha notato delle cose che non si aspettava.
Va fatta una seconda piccola premessa: rivedere Breaking Bad è un’esperienza molto particolare, che può creare delle strane sensazioni e può procurare mini-amnesie che permettono la visione in maniera molto più ampia (a questo proposito, qui c’è la nostra recensione a posteriori della primissima puntata). Non stiamo esagerando. Rivedere Breaking Bad ha un suo significato nascosto, celato soprattutto dietro quel velo della famigerata sospensione dell’incredulità che inspiegabilmente si ripete e si moltiplica. Se la prima visione porta con sé meraviglia e stupore, soprattutto di fronte alla bellezza della scrittura dei personaggi e delle varie storie che si susseguono, vederla per la seconda volta ha un sapore tutto diverso, legato all’intimità. Perché i personaggi li conosciamo già (o almeno così pensiamo) e bene o male sappiamo già come si risolvono gran parte delle situazioni.
Eppure, si crea una sorta di buco temporale dentro cui finiamo immediatamente. Un buco che ci permette di azzerare le nostre conoscenze senza mai perdere la concezione di ciò che già conosciamo. In altre parole, siamo disposti a rimetterci nelle mani di Walter White anche se sappiamo già benissimo in cosa si andrà a cacciare.
Il rewatch di Breaking Bad è, per questo motivo, qualcosa che va provato almeno una volta nella vita. Soprattutto se si è apprezzata la serie già dalla prima visione.
La risonanza che ha avuto Breaking Bad, durante l’uscita delle sue cinque stagioni (qui la nostra classifica) ma anche e soprattutto dopo, è una di quelle cose che non si possono spiegare, che semplicemente accadono perché è giusto così. La narrazione alternativa e unica che Vince Gilligan porta avanti, l’interpretazione degli attori principali, la storia del tutto innovativa e allo stesso tempo così familiare sono tutte cose che, sommandosi, creano un prodotto praticamente perfetto da più punti di vista. E le rare volte che questo accade, è inevitabile che il successo sia enorme e che riesca a coprire il pubblico più eterogeneo. Ma c’è di più: c’è qualcosa che quasi nessuno di noi ha compreso fin da subito, guardando Breaking Bad. Eppure, un sentore ce lo avevamo tutti, ma forse abbiamo preferito seppellirlo sotto al tappeto più grande del mondo per goderci meglio l’esperienza di Breaking Bad. Riguardandolo, però, è praticamente impossibile fare finta di niente.
Diventa pressoché impossibile continuare a difendere Walter White a spada tratta, come abbiamo fatto la prima volta. Lo inquadriamo, con il rewatch, finalmente per quello che è davvero. E, se possibile, questo ci affascina ancora di più.
Cominciamo dal principio: sappiamo che Walter White è il protagonista di Breaking Bad. È un professore di chimica con una vita tranquilla e monotona, una moglie incinta di un secondo figlio, un figlio adolescente con qualche problema di inserimento sociale e un lavoro come tanti altri. È un uomo mite, Walter White, che non alza la voce con i suoi cari, che acconsente a praticamente qualsiasi cosa gli si dica e che pare accontentarsi della sua monotonia. Quando un fulmine a ciel sereno con la denominazione di cancro ai polmoni irrompe nella sua vita, Walter White dovrà reinventarsi per forza di cose. E qui sta il nostro impasse; quando White si ritrova al bivio della sua scelta più grande (produrre metanfetamina per fare più soldi possibili o accettare i soldi per le cure mediche dagli amici di una vita), assieme a lui ci ritroviamo anche noi a scegliere.
La prima volta che vediamo Breaking Bad tifiamo per lui, in maniera incondizionata. Non ci accorgiamo dell’enormità della tonfo morale che sta compiendo, né delle folli azioni che vengono troppo spesso giustificate in maniera superficiale.
Sembra essere il nostro eroe, quello che per la sua famiglia farebbe di tutto, disposto a tutto per vivere e amare di nuovo.
Ma attenzione, perché se vi dovesse capitare di vedere Breaking Bad per la seconda volta, il vostro approccio cambierebbe molto. Conoscendo Walter White, sapendo benissimo dove andrà a finire e cosa dovrà affrontare a causa della sua scelta, i nostri occhi sono più allenati. E la nostra mente è più predisposta al dubbio, all’incertezza. Ma davvero, poi, Walter White è l’eroe della storia? Oppure (a fronte di quello che sappiamo) è un uomo con un orgoglio enorme che pur di non chiedere aiuto mette in pericolo la sua intera famiglia e la sua stessa vita, le due cose per cui dice di lottare? Forse, l’eroe che conoscevamo è un eroe imperfetto. Il che lo rende sicuramente molto più affascinante, ma meno romantico di quello che pensavamo. Non è forse Walter White che mette più volte in pericolo il figlio, che mente spudoratamente alla moglie, che costringe un ragazzo sull’orlo del baratro a seguirlo nella sua impresa maniacale (tralasciando la complicità nella morte di Jane, che in questa sede non ci sentiamo di affrontare)?
Walter White è il villain perfetto, perché è travestito da eroe e pensa di essere un eroe. Ha la convinzione di essere nel giusto, e questa convinzione non lo abbandona mai. Tanto che arriva a convincere anche noi.
Fino a che non capiamo davvero chi stiamo guardando: un uomo fragile, orgoglioso e anche piuttosto egoista che pur di avere la sua rivincita è disposto a ingannare le persone che dice di amare.
Ma l’unica persona che lo ama davvero, che poi è anche l’unico vero eroe della storia, è Hank. Il cognato che, da poliziotto della DEA, dovrebbe scovarlo ma che per il troppo amore nei suoi confronti non riesce a essere obiettivo. Hank è l’eroe di Breaking Bad perché è l’unico a essere sempre se stesso, nel bene e nel male (qui alcuni dei motivi che dovrebbero spingervi ad amarlo). Ed è anche l’unico che dimostra sempre un amore e un affetto incondizionato verso Walter. Che dovrebbe essere il suo villain, che è il suo nemico numero uno, ma non lo sa. O, come noi, fa finta di non saperlo. È Hank l’eroe in cui ci riconosciamo quando facciamo il rewatch di Breaking Bad, è lui la persona con cui empatizziamo di più. Quando apriamo gli occhi e riusciamo finalmente a vedere Walter White, è per Hank che tifiamo. Non perché arresti Heinsenberg e metta fine alla storia che tanto ci appassiona, ma perché speriamo che riesca a vedere le cose per come stanno realmente, che riesca finalmente ad avere la sua vittoria, personale più che professionale. Perché capiamo benissimo quanto l’amore ti possa accecare, quanto ti possa rendere inerme e inebetito.