A volte è difficile vedere qualcosa da un punto di vista diverso, soprattutto se un’opera è universalmente amata e onorata. In questo articolo proveremo a osservare Breaking Bad dagli occhi di chi non ne è diventato fan. Ovviamente ci saranno diversi spoiler, per cui se non l’avete ancora vista vi consigliamo di fermarvi qui e non rovinarvi l’esperienza.
Uno dei grandi punti che fa amare Breaking Bad è il trasporto col quale gli spettatori vengono trascinati nella storia di Walt (e di cui parliamo qui). Ma cosa succede quando questo trasporto non funziona? Cosa succede quando qualcuno la guarda in modo distaccato? Si arriva a dover scindere soggettività e obiettività: da una parte l’opera rimane comunque un’opera d’arte a livello tecnico, ma dall’altra può non toccare il cuore di qualcuno. Chi l’ha finita con distacco ha usato una citazione della serie per definire il tutto: siamo come mele e arance.
Diverse, distaccate, senza una vera e propria unione, ma non per questo sbagliate.
La forza di Breaking Bad è quella di trasmettere empatia con i suoi personaggi, ma cosa succede quando chi non la prova li osserva?
Il cast rimane composto da alcuni degli attori più iconici del mondo delle serie tv che hanno tirato fuori interpretazioni da manuale.
Eppure c’è qualcosa che accomuna quasi tutti: una parabola negativa.
Niente che riguardi pessima scrittura o errori, è proprio il carattere dei personaggi a calare verso il male. O meglio, quasi tutti.
Da Skyler, che per quanto antipatica all’inizio, è la voce della giustizia che alla fine finisce per riciclare i soldi appoggiando il marito. Jesse e le varie ricadute nella droga, Marie e la sua cleptomania. E in un contesto più ampio possiamo aggiungere persino Hank, il cui comportamento rimane fedele alla legge e volto a risolvere il caso, ma che con la famiglia e soprattutto con Marie inizia ad avere un atteggiamento troppo scontroso dopo l’incidente coi cugini di Tuco. Incidente che è il punto focale che lo fa cadere in un pozzo di rabbia dal quale non uscirà mai
A guardarli dall’esterno, quasi tutti i personaggi di Breaking Bad appaiono volutamente disfunzionali. Tossici per sé e per chi sta loro intorno, prima o poi si trovano ad agire nel modo sbagliato, tutti quanti tranne due.
Ci sono due personaggi che per motivi diversi sono esenti da tutto ciò. Mike e Walt. Un po’ i due volti opposti di questo mondo. Da una parte l’uomo che agisce in silenzio ma lo fa per lasciare un’eredità, dall’altra colui che dice di farlo per la famiglia ma lo fa per sé stesso. Colui che entra in questo mondo per necessità e quello che lo fa per voglia. Uno che prova costantemente a uscirne e l’altro che fa di tutto per rimanerci dentro.
La cosa divertente è che i ruoli sono invertiti.
Mike, il sicario senza emozioni, ha uno sviluppo quasi in controtendenza rispetto all’intera serie. Quando chiunque sviluppa rabbia, lui sviluppa calma. Quando la gente chiude i rapporti lui li crea. Lo fa a modo suo, ovvio, però l’intenzione c’è (e ne abbiamo parlato meglio qui). E la sua morte è uno dei tanti motivi per cui chi non empatizza con Walt arriva a odiare il protagonista.
Perché neanche Walt ha una parabola negativa. Il problema di Walter è che lui non cambia davvero durante la serie, ma finisce per adattarsi a se stesso. Quello che noi vediamo alla fine di Breaking Bad era già nascosto nell’animo dell’uomo del primo episodio. Walt non diventa Heisenberg. Walt è Heisenberg da ben prima degli eventi narrati e col passare del tempo non ha più motivo di reprimere emozioni e pensieri. Sin da quando vendette le sue azioni della prima azienda, perdendo l’occasione di diventare milionario, Walt cova rabbia verso il mondo perché ritiene di essere più bravo di quanto gli venga riconosciuto.
Per questo da uno sguardo esterno è difficile trovargli scusanti. Lui, come chiunque altro nel suo universo, è una persona tossica, disfunzionale. Si crea terra bruciata intorno, rovina rapporti, non si preoccupa del prossimo. Ma soprattutto è la causa del cambiamento in negativo di molti. Se i personaggi di Breaking Bad finiscono per diventare avvelenati, Walter è il paziente zero che ha dato il via a tutto.
Eppure tutto quello sopracitato, pure da uno sguardo distaccato, non è un errore. È una scelta. Una scelta che purché possa non riscontrare approvazione di chiunque, è solo una parte dell’opera.
Perché chi non si è fatto trasportare dalle emozioni ha trovato appagamento nel lato tecnico della serie. Se per tantissimi fan la trama si regge sui suoi personaggi, per qualcuno si regge sul suo mondo, in cui i personaggi sono solo pedine. La fotografia, la regia, l’impatto sonoro. È un qualcosa di magistrale. È perfetto. La scrittura dei personaggi è profonda. Le inquadrature trasmettono emozioni senza dire una parola. Le citazioni della serie hanno un fortissimo doppio fondo.
Trovarsi a guardare uno show come questo, e con questi presupposti, è strano. Perché chiunque pare indirizzato e coeso, ma il tuo cuore non riesce ad esserlo allo stesso modo.
Cosa ha lasciato Breaking Bad a qualcuno che non ne è diventato fan? Non tristezza. Non malinconia. Non rabbia. Ma un sentimento neutro.
Qualcosa di indescrivibile a parole e difficile da spiegare alle persone.
Si può provare a riassumere in un onorevole senso di dovuto rispetto a un’opera, benché quello spettatore non si senta dentro al suo target.
Cercando di onorare ciò che Breaking Bad è stata per chiunque altro.
È come accompagnare un amico a un funerale di qualcuno che non conosci o che non è stato significativo per te. Rimani in silenzio perché sai che è giusto. Anche se tu non sei la persona influenzata da ciò, è giusto stare zitti. È giusto fermarsi e fare scorrere il tempo nel mondo a volte. Magari portando lo spettatore fuori dal coro a chiedersi, ingenuamente, se ha sbagliato qualcosa.
E una risposta a questo non c’è. Forse arriverà col tempo. Forse non arriverà mai. Forse sbaglia lo spettatore. Forse sbaglia la serie.
Forse i due sono semplicemente come mele e arance.