Breaking Bad ha rappresentato una pagina fondamentale della storia delle Serie Tv degli ultimi anni. Si sono spesi fiumi di parole per individuare il motivo per il quale abbia ottenuto un tale successo. Inutile dire, dunque, che i motivi sono numerosi (dalla scelta degli attori alle loro prestazioni, dalla coerenza della trama alla perfezione della regia) e fra questi figura senza dubbio la scelta del numero di stagioni e di episodi. Da tempo si cerca di trovare una risposta alla domanda “Qual è il numero giusto di stagioni?”, ma è ovvio che non esiste una regola generale applicabile a tutte le serie; quel che è certo è che Breaking Bad, con 5 stagioni e 62 episodi, sembra aver trovato il proprio equilibrio senza essere troppo lunga, annacquando il brodo, né troppo breve, lasciando alcune storie in sospeso o non spiegate.
Diventa dunque complesso individuare la stagione migliore di queste cinque ma, appellandoci all’intento di Vince Gilligan, cioè quello di descrivere una parabola di decadenza e degenerazione criminale del protagonista Walter White, possiamo dire che nella quinta stagione tale percorso trova la sua consacrazione.
Innanzitutto è necessaria una premessa che molti definirebbero soggettiva ma, secondo me, è piuttosto condivisibile sulla base di quello che è lo sviluppo della storia: ho sempre avuto l’impressione che Breaking Bad fosse l’unica (o comunque fra le pochissime) Serie Tv che migliora di stagione in stagione; ragione che mi spinge a considerare la quinta la migliore in assoluto. Questo aspetto, che non è affatto scontato, la dice lunga sulla qualità del lavoro derivante dalla scrittura di Vince Gilligan che è riuscito nell’intento di concentrare, come anticipato, degenerazioni e risposte (non solo del protagonista) nelle 16 puntate finali.
La quinta stagione si distingue in prima battuta perché assistiamo finalmente al completamento della parabola nata dal momento in cui Walt ha deciso di cucinare metanfetamina. Il protagonista diventa il villain della storia, anche e soprattutto perché ha eliminato quello che c’era fino alla fine della quarta stagione, Gustavo Fring. Questo era fin dall’inizio (come dichiarato in più interviste) l’intento di Gilligan. In cui è riuscito perfettamente.
Infatti, nella prima parte della stagione, Walt mostra come l’aver ucciso il suo nemico sia stata la molla che ha fatto definitivamente scattare in lui il delirio di onnipotenza, il quale gli permette di non avere più nessuno scrupolo nel raggiungere i propri obiettivi. Ciò gli permette di fare cose come: avvelenare un bambino, servirsi di criminali nazisti per uccidere 11 testimoni in carcere, uccidere Mike in quanto elemento di fastidio nei suoi piani, mentire continuamente a Jesse, manipolandolo. Il suo accordo internazionale sponsorizzato da Lydia, inoltre, gli permette di fare più soldi di quanto avesse mai potuto immaginare (accumulando circa 80 milioni di dollari), diventando così un criminale famigerato in tutto il mondo: Say my name.
Ovviamente però la celebrazione della degenerazione di Walt/Heisenberg non è l’unico motivo di interesse della quinta stagione di Breaking Bad. Un aspetto fondamentale che mi convince a definirla la migliore è l’inevitabile resa dei conti fra il protagonista e il cognato, nonché agente della DEA, Hank Schrader. Il tutto nasce, inoltre, da quella che può essere definita la giusta punizione per un ego andato fuori controllo. Walt lascia erroneamente in giro per casa (nel bagno, precisamente) il libro regalatogli da Gale con tanto di dedica, esattamente identica a quella che la DEA (e Hank stesso) ha riscontrato nel libro di appunti di laboratorio del ragazzo chimica alla fine della terza stagione.
Questa leggerezza porterà Hank a trovare il libro, ricollegare i punti e capire che suo cognato è l’uomo a cui ha dato la caccia negli ultimi due anni. Qui si contrappongono due grandi personaggi che ci regalano una partita a scacchi che va oltre ogni concetto di onore e onorabilità. Una faida conclusasi in tragedia.
Questo ci porta all’ulteriore motivo che vede la quinta stagione emergere rispetto alle altre: essa contiene quello che è molto probabilmente il miglior episodio dell’intera serie, il 5×14. In questo episodio, costruito alla perfezione tra picchi emotivi e di suspense, la morte di Hank permette a Walt di capire che non c’è più niente da salvare di tutto ciò che ha fatto. Non si può dire con certezza se da questo momento inizi la redenzione che lo porterà a consegnarsi alla polizia in New Hampshire (proposito poi mutato), ma di certo Walt capisce che ormai tutto “has broke bad”.
Chi ha amato Breaking Bad, dunque, non può non ricordare con una duplice sensazione di nostalgia e amarezza le dinamiche di quell’episodio, che portano poi ad un finale semplicemente perfetto.
Elemento decisivo, infatti, per definire straordinaria la quinta stagione è proprio la scrittura e la messa in scena del finale. La sua riuscita non era affatto scontata, visto che molte Serie Tv di grande successo sono state da molti criticate proprio perché il finale non è stato considerato all’altezza di tutto il resto (può essere l’esempio di Lost, riguardo il quale, tuttavia, io non concordo). In Breaking Bad, invece, questo non avviene ed anzi la canzone finale Baby Blue ci lascia con un testo che sembra scritto apposta per la Serie e con la soddisfazione di aver visto qualcosa di eccezionale: