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La seconda stagione di Breaking Bad assottiglia il confine tra bene e male

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La seconda stagione di Breaking Bad, andata in onda nel 2009, apre con una netta novità strutturale rispetto alla prima. Infatti, le puntate che la compongono sono 13, e non più 7. Si tratta di una scommessa vinta a tutti gli effetti, visto che non è scontato raddoppiare il numero delle puntate e ottenere consensi addirittura superiori a quelli già ottenuti nella prima stagione.

Accanto all’ovvia conferma di un cast che ha funzionato alla perfezione, in questa stagione vanno segnalate le introduzioni di 3 nuovi personaggi principali. Troviamo l’avvocato Saul Goodman (Bob Odenkirk), il criminale Gustavo Fring (Giancarlo Esposito) e il sicario Mike Ehrmantraut (Jonathan Banks). L’arrivo di questi nuovi personaggi accentua le riflessioni sull’intreccio tra le questioni morali e quelle pragmatiche nella psiche dei protagonisti e nei rapporti che cercano di mantenere vicendevolmente.

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La seconda stagione prosegue e approfondisce lo studio della “lettura” dei fenomeni che distinguono bene e male, giusto e sbagliato. Questo fenomeno in Breaking Bad viene condotto attraverso due diversi percorsi: il rapporto fra Walt e Jesse e il confine morale che Walt, puntata dopo puntata, cerca di costruire.

I due protagonisti principali vivono un rapporto incredibilmente contrastante e contraddittorio. Non c’è dubbio sul fatto che non si vogliano bene, ma non si può essere altrettanto certi del fatto che si odino. C’è una strana e inconscia stima mista a fiducia che li lega, elementi che ovviamente non bastano a rendere agevole la loro relazione (professionale e non); il modo con cui gradualmente cambia il loro modo di approcciarsi alla dubbia moralità di determinate azioni è univoco soltanto nel momento in cui devono liberarsi di Tuco.

Totalmente differenti, invece, sono gli approcci nei casi, ad esempio, dell’arresto di Badger (con Walt che sembra aperto alla possibilità di farlo uccidere per evitare che parli con la DEA e Jesse invece pronto a tutto per preservare la vita dell’amico); della morte di Combo (Jesse perde un amico, Walt perde una pedina di distribuzione e medita vendetta); o della morte di Jane. A quest’ultimo proposito è opportuno fare delle precisazioni: l’inevitabile separazione di sentimenti trova un velato incontro nel momento in cui Walt decide di salvare la vita del socio, portandolo via dal covo di drogati in cui era andato a nascondersi.

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Quest’ultimo aspetto ci porta alla seconda linea di lettura: il confine che Walt sta, inconsciamente e non, creando per definire ciò che per lui è giusto o ingiusto fare.

Se dovessimo individuare la crescente costante della seconda stagione di Breaking Bad, potremmo trovarla nel binomio : meno umanità – più cinismo.

Tuttavia, come sempre in questa Serie Tv, non è tutto bianco o tutto nero; infatti, Walter White è ancora pieno di contraddizioni. È già un criminale ma non è ancora un mostro, e il doppio esempio della morte di Jane e di come si preoccupa per Jesse è fondamentale. Nel primo caso, lo sdoppiamento della sua personalità è così netto da poterlo leggere sul volto di Bryan Cranston (prima tenta di aiutare la ragazza, poi capisce che “gli conviene” lasciarla morire); nel secondo, invece, il suo sentimento di pietà nei confronti di Jesse prende il sopravvento e lo porta ad aiutarlo a riprendersi dal lutto e dall’intossicazione da eroina, quasi come un padre.

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Ulteriore questione è quella della sopravvivenza. La seconda stagione di Breaking Bad segue con maggiore attenzione le vicende di salute del protagonista, la cui reazione alla notizia della remissione del cancro è a dir poco sconvolgente. Con rabbia, infatti, colpisce ripetutamente il contenitore del sapone nel bagno dello studio medico, fino a far sanguinare le nocche. Qual è il motivo? Crede di non meritarselo? Sa che così è invogliato a continuare a fare il criminale?

Nelle sue linee generali, la seconda stagione riesce a mantenere, nonostante il raddoppiamento delle puntate, lo stesso ritmo alternativamente rallentato e accelerato della prima; tuttavia, lo fa con maggiore abilità, grazie alla tecnica che viene introdotta e che accompagnerà molte puntate delle stagioni successive: far iniziare la puntata con scene che verranno comprese solo alla fine della stessa oppure, in alcuni casi, alla fine della stagione. Questo conduce al simbolismo, di cui abbiamo già parlato e che la farà da padrone fino all’ultima puntata.

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La seconda stagione di Breaking Bad, in definitiva, non solo si mantiene allo stesso livello della precedente, ma alza la posta in gioco. La complessità dei rapporti, le bugie, gli omicidi e le riflessioni morali vi trasporteranno al punto tale che finirete le 13 puntate senza neanche rendervene conto.

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