Il finale di Breaking Bad è uno dei migliori della storia delle Serie Tv: sono davvero pochi i finali che possono competere in perfezione, simbolismo, poesia, emozione, con quello della Serie Tv che il genio di Vince Gilligan ci ha regalato. La parabola ascendente di Walter White da mediocre professore di chimica a genio del male, e la sua conseguente discesa all’inferno, saranno oggetto di studi, dibattiti, speculazioni e fantasie da parte di Serie Tv addicted a tutti i livelli, che siano professori universitari di cinema o semplici appassionati come noi. Perché Breaking Bad ha saputo unire le persone, parlando a tutte loro, comunicando a diversi lati del loro essere, e il finale è semplicemente la ciliegina su una torta perfetta, senza sbavature.
Conosciamo il finale di Breaking Bad a memoria, potremmo riviverlo nella mente, nella sua semplicità, quasi nella sua intimità: Walter White che dice addio a Jesse, cammina verso il laboratorio, pare quasi congedarsi anche dal suo lavoro, dalla sua salvezza e dannazione, accarezzando quei dannati barili. E poi si accascia a terra, forse già morto, forse in agonia, e rimane immobile, mentre siamo noi a muoverci, sospesi da terra, e lo vediamo sempre più piccolo e lontano mentre intorno a lui cominciano ad arrivare i poliziotti, e l’intimità della morte di Walt viene rotta, consegnata a un disegno più grande di lui, di noi, di tutto.
Ecco, in quei momenti noi abbiamo davvero la sensazione che un cerchio iniziato ormai cinque stagioni prima sia arrivato alla sua conclusione, e combaci perfettamente con il suo inizio come un serpente che si morde la coda, come il continuo gioco di rimandi, simbolismo, autocitazione a cui ci ha abituato Breaking Bad. Anche nella primissima scena, nel deserto, noi abbiamo la sensazione di fluttuare verso l’alto, per poi essere spinti a terra dal soffio del vento; voliamo insieme ai pantaloni di Walt, che compiono una parabola nel cielo per poi precipitare a terra, spazzati via dall’incombere del camper, e della storia vera e propria.
L’inizio di Breaking Bad ha la stessa dinamica ascendente della fine, con la sola differenza che nel finale il viaggio verso l’alto non ha fine: è quasi come se noi fossimo Walt, e ci staccassimo dal suo corpo per osservare tutto dall’alto come in un’esperienza pre-morte. E forse è proprio questa, la chiave di questo meraviglioso finale: Walt è finalmente faccia a faccia con se stesso, per la prima volta. Solo la morte poteva mettere il re della meth di fronte a se stesso, e far sì che ammirasse la sua distruzione dall’alto, in una posizione da cui risultasse ancora più piccolo, insignificante, misero. Eppure non proviamo solo sensazioni negative, durante questi momenti; anzi, potremmo giurare che l’intento di Gilligan e di Bryan Cranston era farci capire che, nonostante tutto, dopo aver perso la sua famiglia, i suoi soldi, ogni cosa cara, Walt muore comunque in pace.
Perché la morte, questa strana salita verso l’alto, ha la capacità di farci smettere di soffrire, di pensare, e l’ultimo pensiero di Walter White, lo sappiamo, non è stato di odio o rimpianto. Lo dice anche lui, “l’ho fatto per me”, il suo modo per dire “non rimpiango nulla”. Il prezzo da pagare per essere se stessi è enorme, inimmaginabile, non negoziabile: Walter White l’ha pagato, dando tutto se stesso alla sua stessa volontà di potenza, conservando quell’unica particella di se stesso che gli facesse dire, alla fine, “ce l’ho fatta. Che avventura incredibile è stata la mia vita. Ce l’ho fatta. Ora posso andare”.
È la pace che provi quando smetti di sforzarti di vivere e inizi a vivere sul serio, quando senti che ogni particella del tuo corpo vuole solo dirti “lasciati andare”. Questa scena è il testamento, l’ultima volontà di Walt, in cui riecheggiano le parole di My Baby Blue, il perfetto lascito di un uomo che, pur con il peggiore peso sulla coscienza, riesce a morire con leggerezza. Questa è solo una piccola parte di quello che questo ultimo istante di Breaking Bad vuole dirci, lo sappiamo. Ma non ci stancheremo mai di guardarla, e ogni volta scopriremo un nuovo significato, un nuovo messaggio, come se sbirciassimo in quell’istante infinito in cui la vita si snoda davanti agli occhi, riaffermando il suo primato di fronte alla morte.