Il Walter White di Breaking Bad deve molto a I Soprano. Certamente l’interpretazione di Bryan Cranston e la visione di Vince Gilligan sono la confezione perfetta all’interno della quale abbiamo scoperto e amato questo personaggio, ma non si può evitare di riconoscere il contributo in tutto questo di Tony Soprano. Non si parla però di analogie, né tantomeno di tributi o riferimenti, ma di vera e propria paternità. Seppur drammaturgica.
Gli antieroi ormai spopolano da anni nelle Serie Tv. Come non ricordare ad esempio Denis Leary in Rescue Me, Michael Chiklis in The Shield, Michael C. Hall in Dexter o Jon Hamm in Mad Men? Ma è con Walter White che si porta il livello dell’antieroismo in una zona sempre più oscura, ambigua, destabilizzante. Quando si osserva lo stato mentale corrotto e l’anima spezzata, mentre tutto si sgretola e va di male in peggio, non ci si può non rifare a chi questo modello lo ha per la prima volta sdoganato: Tony Soprano.
Tony ha aperto la strada dell’antieroe iniziando come un devoto padre di famiglia che si dilettava negli affari della “Famiglia“: la gestione dei rifiuti. Faceva soldi fuori dalla legge ma non appoggiando il traffico di droga. Quando si dimostrò capace di uccidere a mani nude, ne subì le conseguenze. Ebbe la consapevolezza di ciò che umanamente comportava e della strada intrapresa. Ha saputo mettere in discussione la natura della virilità, ha analizzato i suoi demoni dell’infanzia e quando ha ottenuto ciò che voleva è riuscito comunque, e stranamente, a risultare sì un sociopatico ma umano e addirittura potenzialmente simpatico. James Gandolfini ha reso in maniera eccellente lo strappo con il passato che il suo personaggio ha prodotto. Di fatto ha mostrato la via nella serialità televisiva all’antieroe.
È riuscito a farci emozionare e spalleggiare per chi, fino a quel momento, sarebbe stato il perfetto villain di ciò che veniva trasmesso in Tv.
Accenni prima del 1999 ce ne erano stati, con personaggi che lasciavano intuire il potenziale degli antieroi, ma mai fino a quel momento assunti al ruolo di protagonista. Poi il 10 gennaio del ’99 arriva Tony Soprano e nasce un nuovo modo di vedere i protagonisti.
Limiti, difetti, paure e immoralità divengono caratteristiche apprezzabili anche in protagonisti che di macchie ne hanno fin troppe. L’umanità delle bassezze viene elevata come già avvenuto nella letteratura e nel cinema, a modello. Non necessariamente positivo ma comunque apprezzabile.
Poi arriva Walter White con la sua Breaking Bad. E arriva come una svolta improvvisa proprio in quella strada che I Soprano avevano aperto anni prima. Anche lui come Tony parte da un contesto familiare, normale, ma il vortice di eventi nel quale precipita lo porta da un lato a confrontarsi con le più inumane bassezze dell’animo e dall’altro a perdere il contatto con quel barlume di umanità che fino ad allora ancora ci teneva legati agli antieroi.
In Breaking Bad vediamo un Walt oscillare tra la follia e la spietatezza. Tra la potenza malata e la tragedia. Sacrifica tutto e tutti partendo da se stesso per la sola sensazione di pienezza di vita. Non c’è un altro scopo se non la sua stessa sussistenza. In nessun modo Walt può reclamare onore alcuno. Non c’è alcun modo in cui possa riscattarsi. Le sue bugie e le sue manipolazioni lo hanno schiacciato in un angolo.
Il dramma che ci fa vivere Breaking Bad si concentra su quanto possono essere oscure e terribilmente spaventose le profondità dell’abisso di Walt. È vero che la mela non cade mai troppo lontana dall’albero: Walt è la conseguenza di ciò che Tony ha insegnato.
È la rotta intrapresa da I Soprano e portata alla sua necessaria e inevitabile conclusione. Il superamento della questione morale. Non vi è più necessità di coscienza, nemmeno verso se stessi.
Walt in Breaking Bad travalica il limite che sembrava insuperabile dell’antieroe. Raccoglie l’eredità di Tony e la porta là dove sembrava impossibile arrivare, mantenendo però l’appoggio del pubblico. Ma tutto questo è possibile solo perché prima di lui abbiamo avuto Tony Soprano. In ciò si esplica il rapporto padre/figlio. Come ogni buon genitore che si rispetti Tony mostra la strada da percorrere. Indica una via. Ma non si limita a questo, quella via infatti inizia a percorrerla. Sulla base del principio educativo dell’esempio Tony Soprano è padre che prende per mano i suoi putativi figli per mostrare loro dove possono arrivare. Non a parole, ma con i fatti.
“Senza Tony Soprano non ci sarebbe nessun Walter White”
Vince Gilligan
E di tutti i suoi figli il protagonista di Breaking Bad ci mostra di aver appreso al meglio la lezione. Non solo parte da dove si è fermato il padre, ma raggiunge livelli insperati. Fin dall’inizio Walt appare con un aspetto e una vita come qualcuno in cui possiamo immediatamente immedesimarci. Lo vediamo in un mondo borghese del quale ha sempre condiviso valori e imposizioni sociali. Questo è un contesto molto vicino a quello del pubblico e dal quale lo stesso Walter non si distaccherà mai completamente. Anche le debolezze e la fallibilità sono le stesse che possiamo vivere ogni giorno. Allo stesso tempo è un fallito e un uomo che non riesce a reggere le fila della propria vita.
Da qui parte il vortice. Da qui l’insegnamento di Tony diviene strada maestra. Walter diviene Heisenberg che ne rappresenta la parte più rabbiosa e determinata. Un oscuro passeggero inscindibile dal suo guidatore. Non due facce della stessa medaglia ma la stessa faccia vista da luci diverse.
Breaking Bad ci permette di conoscere e scoprire tramite Walter White la necessità più profonda dell’essere umano: l’autodeterminazione di fronte all’ineluttabile. La presa di coscienza di quali limiti saremmo in grado di superare e infrangere pur di arrivare a poter affermare e determinare noi stessi. Cosa saremmo in grado di sacrificare e infine distruggere per questo.