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Cercasi… cameriere: il mio colloquio di lavoro con Gus Fring

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Al cospetto di… Gustavo Fring.

Questa è una storia tormentata. Una di quelle brutte vissute da ognuno di noi, almeno una volta nella vita. Oppure una volta alla settimana, con ogni probabilità. La storia di un lavoro cercato, bramato con ardore, inseguito con tutte le forze e, puntualmente, sfuggito di mano. Una storia fatta di storie di colloqui fallimentari, umiliazioni subite, tanti “le faremo sapere” e pochi “il lavoro è suo, benvenuto a bordo”.

Storie da raccontare e rivivere per trarne un insegnamento. Per questo da oggi vi racconterò la mia, mensilmente. In giro per il mondo, perché in un’era di precariato farsi 9000 chilometri per friggere patatine non è più così insensato. Oggi nasce quindi “Cercasi”, un brutto racconto a puntate scritto da tutti noi.

Gran bella città Albuquerque, eh? E che pacchia spendere la miseria di 1800 euro per arrivare fin qui da Cagliari. Da Malpensa a Francoforte fino a Dallas in scioltezza, per fare il cameriere in un fast food a 1000 dollari al mese. Un’esagerazione? Provateci voi a trovare lavoro in Sardegna, questo è un affarone. E poi la città è bella, la catena ancora di più. L’insegna gialla de Los Pollos Hermanos trasmette da subito una grande positività. E fame, tanta fame. Di polli e nuove scoperte, con la speranza di non essere io il pollo. Ma soprattutto di conoscere quello che potrebbe diventare il mio prossimo datore di lavoro. Non so niente di lui, se non il nome: Gustavo Fring. Che strano abbinamento: nome da sudamericano con la chitarrina davanti a un falò, cognome da tedescone tutto d’un pezzo. Che tipo sarà?

Gustavo Fring

Il colloquio si svolge in sede, alle 4.32 del mattino. Orario insolito, direte voi. E sì, lo è, ma evidentemente questo Fring è un lavoratore instancabile. E un amante della precisione, perché quel 32 non l’ho proprio capito. Un po’ spaesato e abbastanza teso, entro nel locale occupato in quel momento da un solo cliente, un settantenne pelato dallo sguardo torvo e di nero vestito, chiedo informazioni al cassiere e il giovane ragazzo, evidentemente istruito in precedenza dal signor Fring, mi accoglie con un tazzone di caffè rovente e una fetta di torta. Una volta conclusa la lauta colazione, vengo indirizzato verso il suo ufficio sul retro. Busso e il signor Fring, fresco come una rosa manco fossero le quattro del pomeriggio, esordisce con un sorriso affabile e la voce rassicurante di un vero padrone di casa:

“Benvenuto signor Casu, possiamo iniziare”.

La stanza è spoglia, asettica, essenziale. Ordinata, ordinatissima. Al punto da dare la sensazione che il numero di maggio di Chicken Today che scorgo subito sulla scrivania sia stata allineata grazie a un metro di precisione con i fogli simmetricamente distribuiti in due fila nel medesimo numero. E sia perfettamente perpendicolare al poster con la tipica scritta “Hang in There”, con un pollo al posto del solito gatto. Sembra, e probabilmente è così davvero.

Già dai primi inconvenevoli, durati sì e no tre minuti, capisco di non avere a che fare con uno sprovveduto. Conosce bene l’Italia, conosce bene Cagliari, conosce persino Guspini, il mio paese d’origine. Gustavo Fring conosce tutto, forse troppo. Ma la cosa sul momento non ha destato in me particolari preoccupazioni.

Arriva al momento delle formule da utilizzare per l’accoglienza dei clienti che si apprestano a ordinare:

“La frase è e deve essere sempre la seguente: Buongiorno/buonasera/buonanotte, benvenuto/i a Los Pollos Hermanos. Cosa le posso portare? L’espressione della frase dovrà essere conclusa nell’arco di sei secondi netti. Non uno in più, non uno in meno. E la presentazione delle pietanze dovrà essere fatta sfruttando al meglio le regole della metrica imposte da Francesco Petrarca, con grande attenzione alla sottolineature delle vocali “o” e “a”. Mi auguro abbia una buona dimestichezza con i dettami essenziali della dizione, è basilare per svolgere al meglio questo lavoro”.

Sono un po’ basito, ma è bene essere meticolosi. Perché sorprendersi più del dovuto?

Dopo aver analizzato il mio curriculum e aver risposto a tre telefonate nell’arco di due minuti, procede con le domande più tecniche:

“La mansione ricercata è da cameriere, ma lei dovrà essere pronto a occuparsi in caso di necessità anche del resto, incluse le fritture: ha mai avuto a che fare con una Kartoffeinstein 3000/B?”.

“No, signor Fring, ma sono pronto a imparare tutto quello che sarà necessario per svolgere al meglio questo lavoro”.

La risposta non lo soddisfa particolarmente, ma la disponibilità all’insegnamento è piena. Procede quindi a un accalorato spiegone di 15 minuti delle funzioni e le potenzialità della straordinaria friggitrice prodotta dalla Madrigal, evidentemente da lui amata alla follia. Arrivando persino a soffermarsi per qualche minuto sull’esatta consistenza che devono avere le patate, il numero di millimetri di spessore che deve avere il pollo al momento del taglio e l’illustrazione nel dettaglio delle sfumature di rosa che deve presentare la carne:

“Deve tendere al maialino con lievissime gradazioni albicocca pallido e una leggera inflessione orchidea. Se non è così, è da buttare”.

Fring inizia a inquietarmi. Parla della carne del pollo con rara passione, mantenendo allo stesso tempo una tranquillità inscalfibile che mette sempre più in soggezione. Anche perché mentre parla si alza dal nulla, si sfila la camicia e inizia a stirarla senza apparenti motivazioni valide per poi indossarla nuovamente in un tempo medio di 80 secondi.

Ma soprattutto perché la domanda successiva mi spiazza completamente:

“Visto che è italiano devo chiederle una cosa che mi farà capire definitivamente le sue doti culinarie: lei, nell’orata all’acqua calda, ce li mette i pachino?”.

“All’acqua pazza, signor Fring?”.

Sorride sornione, con un’estemporanea espressione al confine tra il compiaciuto e l’indispettito. Il peggio, tuttavia, deve ancora venire. Le conoscenze dell’uomo si rivelano infatti sempre più approfondite:

“Quanti milligrammi di zafferano prevedono i malloreddus alla campidanese, secondo la ricetta di sua nonna Malvina?”.

Non saprei, signor Fring”.

“Come sta suo nonno dopo l’incidente in motorino del 3 aprile del 2019?”.

“Bene, direi”, rispondo tremolante.

“Erano fantastiche le lasagne di sua madre preparate per il pranzo di domenica scorsa, deve esserne orgoglioso”.

“Sì, decisamente”.

Le mie risposte diventano sempre più laconiche. Spaventato dall’impressionante mole di informazioni a sua disposizione, capisco di esser stato analizzato nel dettaglio prima di esser chiamato per il colloquio. Nell’altra parte del mondo, per un posto da cameriere da 1000 dollari al mese. E a quel punto capisco di non aver a che fare con un datore di lavoro dalla semplice gestione. Gustavo Fring non è uno come tanti altri. Pronto a rinunciare al posto, mi appresto ad andarmene. Ma all’improvviso bussa qualcuno. È l’uomo pelato che avevo visto in precedenza all’interno del locale. Entra, fa un cenno incomprensibile a Fring, mi chiede di andare via con lui e poi usciamo, senza dire una sola parola.

Il locale è vuoto, senza più nessuno. Alla mia richiesta insistente di chiarimenti lui mi guarda stizzito e mi gela:

“Fossi in te farei esattamente tutto quello che ti chiedo di fare senza aprire bocca. Ora devi allontanarti”.

Una volta usciti mi consegna un biglietto del bus e mi invita ad allontanarmi immediatamente. Salito sul mezzo, sento in lontananza degli spari, provenienti dal Los Pollos Hermanos appena abbandonato. A quel punto diverse domande diventano impellenti: chi è Gustavo Fring? Il traffico legale di pollo fritto è davvero scomodo per qualcuno? Le guerre tra le gang dei fast food sono tanto violente? Qualcuno è disposto a uccidere pur di avermi come dipendente? Il possesso del Kartoffeinstein 3000/B fa gola fino a questo punto? Che colore è, esattamente, l’albicocca pallido? Ma, soprattutto, i pachino vanno nell’orata all’acqua pazza?

Con gli ultimissimi risparmi a disposizione, mi dirigo verso l’aeroporto di Dallas per tornare a casa. Senza un lavoro, seduto a fianco di un orsacchiotto rosa abbandonato là da qualcuno sul bus. Consapevole di aver sbagliato per l’ennesima volta la domanda su LinkedIn a cui dare fiducia. Ma forse la prossima volta andrà meglio. O quantomeno non verrò coinvolto in una sparatoria. Ve lo racconterò il mese prossimo: io non demordo.

I VOTI DEL CANDIDATO: GUSTAVO FRING

LO STIPENDIO – 1000 dollari al mese per 4 ore al giorno, più straordinari. Non male, se si include anche un giubbotto antiproiettile. VOTO 7.5

COMPETENZE RICHIESTE – Gustavo Fring è un pelino pignolo, e il modo in cui piega le camicie con tedesca maniacalità albergherà per sempre nei miei incubi peggiori. VOTO 4

PROSPETTIVE DI CARRIERA – Non eccelse, ma il signor Fring sembra un uomo che tratta molto bene i suoi dipendenti. VOTO 7.5

IL DATORE DI LAVORO – Gustavo Fring sembra l’uomo più rassicurante del mondo, ma anche il più inquietante. Ogni volta che parla un cono d’ombra sembra incombere tra i raggi del sole, e guardarlo dritto negli occhi sembra essere l’attività più pericolosa del mondo. Poi da uno così mi aspetto che mi tenga in piedi una notte intera per pulire al meglio quello stramaledetto Kartoffeinstein. VOTO 5

PULIZIA DEI LOCALI DI LAVORO – A un certo punto mi sono specchiato nel bancone e ci ho visto dentro anche la mia anima. VOTO 10

Antonio Casu

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