“Il Principio di indeterminazione di Heisenberg ci dice che è impossibile misurare contemporaneamente e con esattezza tutte le proprietà che definiscono lo stato di una particella elementare. Quanto più precisa sarà, poniamo, la misura della sua posizione, tanto maggiore sarà l’errore di misura della sua velocità. L’osservatore è, quindi, sempre tenuto a scegliere quale misura privilegiare”.
A questo pensavi, Walter White, quando hai scelto il tuo nome? Alla scelta tra due sistemi di valori, due personalità, due esistenze?
Perché in questo caso sono tutte s*****ate.
La verità è che non c’è nessun Heisenberg, non c’è nessun Walter White. Sì, forse questo non è l’incipit giusto per un pezzo che afferma a chiare e cubitali lettere l’esistenza di un “dialogo” tra una parte e l’altra. Ma se l’onestà passa dalla resa incondizionata a se stessi, allora è il momento in ammettere che questa fantomatica divisione in due entità perfette e secolari come possono esserlo Bene e Male non esiste. Heisenberg è il tentativo di imbottigliare tutti i pensieri e le emozioni più esecrabili dell’umanità, appiccicandoci sopra una rassicurante etichetta che, in questo caso, prende il nome di un fisico tedesco di dubbia fama. Walter White ne è il delirante, patetico, umano dopotutto, creatore.
Eppure, quante volte vi sarà capitato, eh? Quello strisciante pensiero di vendetta travestita di giustizia, ogni volta che qualcuno vi ha umiliato, buttato a terra, calpestato o deriso. Il desiderio di essere primi, primi finalmente, che schiaccia ogni amore familiare. Quell’invidia latente delle vite altrui, amplificata dalla lente d’ingrandimento dei social che fagocitano la realtà che ci circonda. Questo è Heisenberg, questo è stato Heisenberg per Walter White.
Il proverbiale tappeto sotto il quale nascondere la sporcizia dell’anima, la rassicurante trasparenza della vetrina con la quale il nostro Walter si presentava al mondo. Certe persone, quasi tutte, in fondo godono delle proprie miserie perché è attraverso la vittimizzazione della propria vita che si può giustificare le proprie piccolezze. Walter White ha sempre vissuto nella rassicurante definizione di se stesso come povero padre di famiglia, la cui condizione economica non gli permetteva di fare tutto ciò che voleva; del genio incompreso compresso dai doveri dell’esistenza. Il martire che potrebbe ma non può.
Tutte s*****ate.
Ah e il cancro. L’ultimo grido di allarme dell’umanità malata, l’ultima rete di sicurezza di un uomo sull’orlo dell’esplosione. È affascinante vedere quante volte il cancro e le malattie in generale diventino per qualcuno una particolarissima forma di liberazione. C’è qualcosa di estremamente ironico in un essere umano che si sente libero, libero davvero, solo quando riceve una sentenza di morte. È stato il cancro, Walt, a fare saltare il tappo della bottiglia, vero? E tutto il magma ribollente che ti scavava nelle viscere è uscito fuori, tutto lo schifo che ogni essere umano accumula e accumula nel subconscio fino a quando o uccide qualcuno o muore e lo trasmette ai suoi figli e poi ai nipoti, in un ciclo di melma senza fine.
Il cancro è stato un simbolismo potente e ironico, devo ammetterlo, un vero colpo da maestro. Ma non funziona come pensi Walter, non ha mai funzionato come pensi. Perché vedi, tu hai sempre visto Heisenberg come il prodotto di quella reazione chimica che chiami vita, ma la verità è che Heisenberg è sempre stato solo e soltanto un altro reagente, come lo era Walter White, come lo era il cancro. Heisenberg non è il prodotto negativo di una reazione in cui i reagenti sono stati il “terribile cancro” e la “terrificante vita” e in cui Walter ne era solo l’elemento inerte. Oh, credo ti sarebbe piaciuto vederla così. Ultimo frame del film da vittima in cui ti è piaciuto recitare.
E finalmente, il secondo stadio di liberazione è avvenuto: il cancro è tornato a divorarti – divorarci – dall’interno e la presa di coscienza, seppur lunga e dolorosa, è stata definitiva: Io, Walter White e Heisenberg, sono la stessa persona e lo sono sempre stata.
Eppure ci ho creduto, quando ero Walter White dico. Ci ho creduto davvero che il cancro avesse divorato la mia umanità così come stava divorando il mio corpo. Che il fine giustificasse i mezzi e che il bene ultimo di salvare la mia famiglia fosse davvero il motore che faceva reagire ogni componente del mio corpo, ogni singola particella del mio organismo. Ma mi sono ingannato, non è così? Si dice che a tener una maschera indosso a lungo, si rischia di diventarla e così io sono diventato Walter White. Il remissivo, tranquillo, gentile, goffo Walter Hartwell White.
No. Peggio.
Io volevo essere Walter White, perché nessun genio che abbia mai calpestato questa terra si è potuto dire felice. L’intelligenza non quasi è mai felicità è questo è un dato di fatto. Essere in grado di vedere davvero il mondo e le persone che ci circondano non è un dono, è una maledizione che ho pagato al caro prezzo della mia integrità. Cos’è davvero un uomo quanto perde la sua anima? Non so dirlo. Chi era quell’uomo che mangiava la mia colazione, andava a lavorare all’autolavaggio, si sposava con Skyler, dava vita a Walter Jr.? E chi è l’uomo che indossa quel ridicolo cappello nero quando deve andare a parlare con i boss dei cartelli?
Non si è mai trattato di diventare qualcos’altro nel senso metafisico del termine, ma di trasformare in una specie chimica nuova due specie chimiche che c’erano già, che sono sempre esistite. Un giorno, davanti a una classe di persone immeritevoli di tanta passione, ho detto che la chimica lo studio dei cambiamenti, ma è davvero molto facile cascarci quando il punto di vista è quello dell’uomo e non quello della natura.
La natura è un ciclo eterno che vede nascita, crescita, decadimento come fasi di una trasformazione senza fine. “Nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma” diceva Lavoisier, ma questo vuol dire che tutto è sempre stato lì. Che la materia che ha permesso la mia trasformazione c’è sempre stata, in germe, fin dall’inizio perché nulla si crea davvero. E se Heisenberg è la porzione riemersa del mio Subconscio ferito, Walter White ne potrebbe essere il Super-Io castrante.
Allora qual è l’Io? Dov’è l’entità unitaria che fa di queste due metà una sola esistenza?
Io non posso dire che colui che è morto in un laboratorio di chimica col sorriso sulle labbra, mentre il cancro si mangiava gli ultimi respiri di vita, possa essere la sostanza chimica ultima della mia reazione vitale. Posso solo sperare, come Heisenberg e come Walter White, che la mia esistenza abbia avuto un ruolo in questo mondo, che possa essere ricordato negli anni a venire. Perché dopotutto il finito e debole essere umano, alla fine della sua vita, spera solo nel ricordo. Tutti noi, che ne siamo coscienti o meno, speriamo di essere speciali. Di avere qualcosa, qualunque cosa, che ci differenzi da tutti gli altri.
Heisenberg, però, ride. Dice che nessuno è veramente speciale, che sono solo favole che noi umani ci raccontiamo per perpetrare il mito di auto-determinazione della specie. Morto un barone della droga se ne fa un altro, finite quelle poche manciate di dollari, tutto ciò che Walter White-Heisenberg ha fatto ed è stato scomparirà come una manciata di sabbia. Nessuno di noi è nulla agli occhi della Natura. Siamo tutti particelle che fluttuano libere nell’etere, che un giorno hanno avuto la disgraziata fortuna di aggregarsi e che, un altro giorno ancora, hanno cominciato a costruire e distruggere, a trasformarsi, a unirsi e disunirsi in disegni perfetti e compiuti agli occhi della Natura – e forse di un Dio.