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Bridgerton: oltre il duca c’è di più

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Un esordio da record per la nuova serie Netflix nata dalla volontà e dalla dedizione di Shonda Rhimes. Bridgerton, basata sui romanzi di Julia Quinn, è ufficialmente la serie di Netflix più vista nel mondo e questo non solo per la notevole bellezza dei suoi protagonisti. Anche se Regé-Jean Page ha già conquistato la stragrande maggioranza del pubblico con il suo charme, questa serie nasconde molto altro. Attraverso uno sguardo all’Inghilterra del 1813, Shonda Rhimes intende ripercorrere un periodo storico e dargli un sapore diverso, utilizzando i personaggi di Julia Quinn come pretesto per trasmettere messaggi più importanti.

I Bridgerton e i Featherington non sono che un esempio di ciò che poteva nascondersi dietro le apparenze delle famiglie più in vista della società. Trovare un buon marito, scegliere con cura ogni abito, ogni merletto per non essere mai considerati fuori posto. Eppure, Bridgerton ci mostra come questo mondo non fosse adatto per tutti, come fosse facile per alcune persone essere a disagio in una società che pretendeva tanto e non dava mai nulla in cambio. Sì, forse questa serie ha fatto colpo soprattutto per il duca di Hastings, ma ci sono anche altri elementi che l’hanno resa interessante e piacevole, e che le hanno subito permesso di essere rinnovata per una seconda stagione.

Bridgerton

Innanzitutto, è piaciuta l’idea di ambientare la storia in un’epoca passata cercando di riattualizzarne più elementi possibile.

Attraverso una sorta di “what if“, Shonda Rhimes fa ciò che le riesce meglio, portando sullo schermo la diversità di cui è fatto il mondo e di cui è sempre stato fatto, anche se non se ne è mai parlato abbastanza. La decisione di immaginare come sarebbe potuta essere la società inglese del diciannovesimo secolo se la regina Charlotte, moglie di re Giorgio III e probabilmente di discendenza africana, avesse permesso ad altre persone di colore di raggiungere le alte cariche e occupare il posto che spettava loro, si è rivelata una scelta di successo. Nonostante i pareri del pubblico si siano divisi di fronte a questo elemento di novità, non si può certo dire che la fondatrice di ShondaLand non abbia avuto l’ardire di portare avanti i propri ideali.

Come ha ribadito anche Nicola Coughlan (Penelope Featherington) in un’intervista, non si tratta di una serie tv su Orgoglio e Pregiudizio, anche se secondo Regé-Jean Page ha dei tratti in comune con il testo di Jane Austen. Secondo l’attrice tutti possono avere il diritto e la libertà di domandarsi che cosa fosse successo se il mondo in cui viviamo avesse avuto il coraggio di accogliere tutti nello stesso modo. Shonda Rhimes questo coraggio lo ha avuto e Bridgerton è il risultato innovativo e originale di ciò in cui ha sempre creduto e di tutto ciò per cui lei e moltissimi altri hanno sempre lottato.

Ma Bridgerton porta sullo schermo anche una forte componente femminile.

A partire da Daphne (Phoebe Dynevor), protagonista di questa prima stagione e più che determinata a lottare per trovare l’amore tra i giovani rampolli dell’alta società, ogni personaggio femminile che fa la sua comparsa ha un carattere ben definito e sta cercando il proprio modo per emergere. Eloise, ad esempio, sa di non poter essere come sua sorella Daphne e nella costante ricerca di Lady Whistledown non fa altro che cercare la prova di come anche una donna possa trovare la propria voce all’interno della società. Lei sogna di poter essere indipendente, di non dover dipendere necessariamente da un uomo per stare bene e di essere libera di esprimere i suoi pensieri.

Anche Lady Violet Bridgerton e Lady Portia Featherington sono due esempi, seppur quasi opposti, di donne forti. La prima agisce mettendo il bene dei figli al primo posto, si preoccupa dei loro sentimenti e cerca in tutti i modi di far trovare loro un compromesso con la società in cui vivono, per vederli felici e al sicuro. La seconda, a modo suo fa lo stesso, mette il futuro della sua famiglia davanti a ogni cosa, anche se questo vuol dire che non tutti potranno essere felici.

Il carattere umano ha infinite sfaccettature, e Bridgerton, con il suo ampio ventaglio di personaggi, ce ne mostra davvero molte, immergendole in un periodo storico in cui spesso dovevano essere nascoste, e circondandole di un’aura più moderna, anche grazie alla rivisitazione in chiave ottocentesca di canzoni contemporanee. Persino la colonna sonora prende il suo posto aiutando a delineare il senso della storia.

Luke Thompson

La brillantezza dei costumi, la sfarzosità dei palazzi e la bellezza dei paesaggi spesso nascondono anche la superficialità e la meschinità di alcuni individui, ma Bridgerton sa dipingere alla perfezione anche ciò che di viscido si nasconde dietro le bianche mura di case aristocratiche. Non c’è solo il bello, c’è anche il marcio della società. I dislivelli economici, gli errori commessi dagli esseri umani e i sogni infranti di chi non ha avuto la fortuna di realizzarli.

Per tutti quelli che sono stati attirati dalla serie solo per la presenza del duca di Hastings, Simon Basset: ricordate che Bridgerton non è solo questo, perché oltre al duca c’è molto di più.

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