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Ho visto in netto ritardo il primo episodio di Bridgerton

Bridgerton
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Questo articolo è un po’ diverso da qualsiasi altro articolo io abbia mai scritto. Comincia con un’ammissione che mi renderà forse una persona strana agli occhi di gran parte dei patiti delle serie tv: oggi è il 18 aprile 2022 e io non ho ancora visto nemmeno un episodio di Bridgerton. La serie dell’universo di Shondaland presenta attualmente due stagioni ma è già stata rinnovata per altre due, ed è stata uno dei migliori debutti di sempre su Netflix. In realtà è molto di più, è un vero e proprio caso mediatico e io, che me ne sono sempre tenuta lontana, proprio non riesco a capire il perché.

Forse vi starete chiedendo come mai una persona che passa buona parte del suo tempo a scrivere di serie tv non si sia mai avvicinata a quella che si può senza troppa difficoltà definire la serie del momento. Ecco, ci sono diverse motivazioni. La prima è il tema: non mi piacciono i prodotti che mi sembrano troppo incentrati sull’amore. Certo, so che l’elemento romantico è praticamente ovunque e più di ogni altro crea dinamiche interessanti nel racconto, ma quello che pare essere solo ed esclusivamente basato sulla voglia di amare è per me eccessivamente melenso, e ci metto spesso una pietra sopra ancora prima di avvicinarmici. Aggiungiamo poi il fatto che non sono particolarmente fan di film e serie ambientate a corte, a meno che non sia quella di Francia in Lady Oscar o Approdo del Re in Game of Thrones. Ultimo ma non ultimo elemento che mi ha sempre tenuto alla larga da Bridgerton, il fatto di essere una creazione di Shonda Rhimes. Dopo aver smesso di vedere Grey’s Anatomy (per una serie di ragioni che potete trovare qui), non mi fido più di quella donna. Ho anche provato a darle una seconda opportunità cominciando Station 19, ma è stato un tentativo fallimentare.

Ma allora perché siamo qui? Siamo qui perché ho deciso che è arrivato il momento di superare questo ostacolo incredibilmente alto fra me e le conversazioni amichevoli sulle serie tv. Oggi vedrò il primo episodio di Bridgerton. Dicevo che questo è un articolo diverso dagli altri e lo è perché la sua stesura avviene in due momenti diversi, prima e dopo la visione del primo episodio della prima stagione di Bridgerton. Mentre scrivo questa prima parte sono ancora ignara di ciò che succede nella serie, le mie uniche conoscenze derivano dall’uso dei social che mi hanno informata molto più di quanto io volessi sulle vicende amorose della famiglia Bridgerton. Mi sento un po’ fuori dal mondo, dai discorsi del momento, ma devo anche dire che non sono mai stata attirata da questa serie. Quello che faccio è un po’ un esperimento sociale su me stessa, voglio davvero capire cosa c’è di tanto accattivante in una serie che mi attrae davvero poco. E soprattutto, voglio vedere se sarò in grado di guardare la puntata senza i paraocchi, badando il meno possibile a quei giudizi che ho dato nella mia testa sulla base del nulla. Sono curiosa e, devo ammetterlo, anche un po’ emozionata. Ci sono, apro Netflix, e quando riprenderò a scrivere avrò sicuramente colmato una mia piccola lacuna personale. Bridgerton 1×01, a noi due.

Bridgerton

A partire da qui chi scrive è una persona diversa, una persona che ha visto la prima puntata di Bridgerton.

Rieccomi, pochi minuti dopo aver cliccato stop ai titoli di coda del primo episodio della serie che ha incantato mezzo mondo. Il mio commento a caldo – anzi, a caldissimo – è: ci sta, ma anche meno. L’espediente del narratore che racconta le vicende o che comunque commenta ciò che succede non è una novità per le serie ideate da Shonda Rhimes – una fra tutte, Grey’s Anatomy – e funziona. Devo ammettere però che non immaginavo di avere a che fare con una sorta di Gossip Girl del 1813 e questa cosa mi ha piacevolmente sorpresa. Mi pare di capire che è proprio la presenza della penna irriverente e provocatoria di Lady Whistledown a dare vita ad alcune delle dinamiche più importanti della serie. Inoltre, il giornale di gossip – è ancora presto per messaggi e post sui social – contribuisce a smorzare l’atmosfera nobile e fintamente perfetta che caratterizza l’ambientazione ottocentesca. Da questo punto di vista Bridgerton per me è promossa a pieni voti.

Anche in quanto ai personaggi il materiale è buono. Devo ammettere che, per quanto io abbia molte cose da rimproverare a Shonda, la caratterizzazione dei suoi personaggi è generalmente molto interessante. Sono tante le cose sui membri delle varie famiglie che sono riuscita a capire vedendo una sola puntata, e questo è un bene perché permette agli spettatori di affezionarsi e rivedersi in loro, aiutando il processo che li porta a sentirsi parte della storia. Credo di aver già identificato il mio personaggio preferito (Eloise, grazie d’esistere) ma anche i protagonisti della stagione – Daphne e il Duca di Hastings – hanno qualcosa da dire e sono per questo interessanti. Entrambi sono a loro modo anticonformisti rispetto alla società in cui vivono, e l’accordo che mettono in atto ne è la prova.

Bridgerton

Ma prima o poi doveva arrivare la critica, e il momento è proprio questo. Su una scala da 1 a 10, quanto è scontato che quello che è cominciato come un accordo fra le parti si risolva in un grande amore? Secondo me, molto. Come dicevo, i social mi hanno informata su alcune questioni relative a Bridgerton, due in particolare. La prima è il fatto che ogni stagione sia dedicata a un membro della famiglia, la seconda è l’assenza nella seconda stagione di Simon Basset, appunto il Duca di Hastings. Eppure nemmeno la consapevolezza della sua futura assenza mi porta a dubitare del fatto che la stagione si concluderà con il coronamento dell’amore fra Simon e Daphne. Rieccoci al solito punto, il rapporto che nasce come antipatia e termina trasformandosi in una grande storia d’amore. Ed è proprio qui che risiede il commento “anche meno” fatto in precedenza.

Insomma, Bridgerton sì o Bridgerton no?

La puntata che con estremo ritardo ho finalmente visto mi ha portata indietro nel tempo a un paio di secoli fa, con elementi che però mi sembrano piuttosto contemporanei. Uno fra tutti, il fatto che il colore della pelle dei personaggi non sembri oggetto di turbamento. L’ingresso di Meghan Markle nella famiglia reale inglese è stato tanto discusso a causa del colore della sua pelle nella seconda decade del XXI secolo, dunque non oso immaginare come lo avrebbero preso nella Royal Family nell’Ottocento. Eppure nel mondo di Bridgerton non tutti i reali e i nobili sono bianchi caucasici, e questo mi fa pensare che c’è ancora qualcosa da scoprire sulla struttura sociale di questo universo. Questo elemento è di certo interessante e va a unirsi agli altri aspetti positivi che ho precedentemente spiegato.

Sembra strano anche a me, ma Bridgerton non mi è per niente dispiaciuta. Eppure mentirei se dicessi che capisco l’incredibile polverone che vi si è alzato attorno. La serie può essere piacevole, le puntate sono un po’ lunghe ma ogni stagione presenta otto episodi, quindi si vede anche piuttosto velocemente. Ma il primo episodio non ha creato in me quelle emozioni che mi sembra abbia invece fatto nascere nei cuori della maggior parte degli spettatori. Tutto sommato, per me Bridgerton è promossa, ma non mi sembra sia il gioiellino di cui ho tanto (troppo) sentito parlare. Ma chissà, magari non ho ancora tolto tutti i paraocchi. E mi restano ancora quindici puntate per cambiare idea.

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