Quando hanno annunciato l’uscita di questo spin-off ero molto scettica, e l’approccio con il quale ho iniziato a guardarla era l’idea di vedere qualcosa di trash e leggero così come mi ero abituata a fare con le due precedenti stagioni. Questa volta però mi sento di fare un passo indietro ed elogiare la geniale Shonda Rhimes, che con Queen Charlotte – A Bridgerton Story, è riuscita a tenermi incollata allo schermo per più di 8 ore.
La serie, che ripercorre la vita della regina Charlotte e le sue due amiche Violet Bridgerton e Agatha Danbury, è riuscita a raccontarci una storia d’amore travolgente, di quelle che da tempo aspettavamo di vedere ma non arrivavano mai.
Tutto ha inizio…
Ci siamo spesso domandati le origini della regina Charlotte, come mai una regina fosse di colore e quale fosse la sua storia. In questo nuovo capitolo tutto è spiegato, ma non solo, tutto è narrato come fosse una fiaba, anche se il lieto fine non è proprio quello che siamo stati abituati a leggere nei libri delle favole.
Charlotte viene promessa e data in sposa al Re George, un giovane uomo all’apparenza perfetto, il classico principe azzurro delle fiabe. Prevedibilmente però, non tutto è oro ciò che luccica e ben presto scopriamo che il Re premuroso nasconde un terribile segreto.
Bridgerton ci ha abitato ai toni sfarzosi, ondate di trash nascoste in una sceneggiatura fatta solo per far discutere e intrattenere, tuttavia, Queen Charlotte: A Bridgerton Story, si discosta totalmente da questa narrativa e a tratti sembra di non star guardando neanche la stessa cosa.
Le storie di Queen Charlotte: A Bridgerton Story
La storia si svincola in diversi filoni narrativi, tutti perfettamente scritti e piacevoli da guardare. Ci viene raccontata infatti la storia di una giovanissima Violet Bridgerton, che non può non ricordarci Eloise e il suo carattere spumeggiante. La vita di Violet si interseca a quella di Agatha, che prima di diventare Lady Danbury, era una donna infelice e sposata con un uomo che non amava (e di cui aspettava ogni giorno la dipartita).
La serie analizza (nella sua solita leggerezza) aspetti importanti. Seppur completamente romanzata e adattata al genere televisivo a cui si ispira e nel quale si costruisce, affronta temi delicati: la malattia, i diritti e la salute mentale.
Queen Charlotte: A Bridgerton Story, in salute e in malattia
Può l’amore essere più efficace nella cura di una malattia mentale rispetto alla medicina? Charlotte e George ci dimostrano che è così.
George, afflitto fin da piccolo da un disturbo mentale che lo porta ad avere delle manie incontrollabili, tenta il tutto e per tutto per curare il suo disturbo e garantire al suo popolo il Re temerario che secondo lui merita. Tuttavia, quando sembra finalmente aver trovato la persona disposta ad aiutarlo inizia la vera e propria sofferenza del giovane uomo. Le scene di tortura sono la parte più dolorosa in assoluto, spesso associate alla vita di sfarzo che una inconsapevole Charlotte ripudia in segno di protesta.
Chiaramente i metodi poco ortodossi e ai limiti estremi del dottor Monro si rivelano totalmente inutili, se non addirittura volti a peggiorare la situazione. Sarà l’amore di Charlotte ad aiutarlo, o quantomeno a tamponare la situazione. Il finale ci rivela infatti che i due vivono separati.
Brimsley e Reynolds
Personalmente mi sono trovata letteralmente ad adorare questi due personaggi, ovvero i due servitori. Brimsley e Reynolds dedicano la loro totale esistenza a servire il Re e la Regina, tant’è che nelle scene finali la solitudine del povero Brimsley ormai rimasto solo (non sappiamo che fine ha fatto Reynolds) ci fa provare tanta pena e compassione per lui.
I battibecchi, l’aiuto reciproco e l’amore che questi due personaggi si scambiano sono alcune delle parti più belle di questa stagione, che insieme ad altre due scene (quella nell’osservatorio e quella finale) ci regalano dei dialoghi strappalacrime davvero di alto livello.
L’amore può tutto in Queen Charlotte: A Bridgerton Story
Come anticipavo, ho trovato questa stagione davvero ben scritta. Il dialogo in cui Charlotte supplica George di dirle che non la ama mi ha strappato le prime lacrime, ma sul finale mi sono trovata a piangere come una bambina.
Il tempo è passato, e la regina Charlotte è ossessionata all’idea di avere degli eredi, poco importa se ferisce i figli o se non li ha mai accuditi, probabilmente è sempre stata troppo occupata a gestire le crisi del marito. Per tutte le puntate ci interroghiamo su dove sia George, dove si trovi, se le sue manie siano aumentate. George, di fatto, non si è mai mosso dal suo palazzo e ancora una volta, come se il tempo non fosse mai passato, è Charlotte a farlo tornare in sé, ricordandogli chi è: solo George.
Un cast eccezionale
Anche questa volta Shonda ha fatto centro con un cast azzeccatissimo, lanciando volti semi sconosciuti che dopo questo debutto non possono più passare inosservati (qui trovi i migliori della prima stagione). India Amarteifio nei panni della giovane regina è semplicemente meravigliosa, aiutata dal suo collega Corey Mylchreest, il cui debutto, a parer mio, ha superato nettamente quello di
Regé-Jean Page nel primo capitolo.
Il resto del cast, quello vecchio unito a quello nuovo, fa un lavoro egregio rendendo questa nuova stagione un successo assoluto, senza i sé e i ma che mi ero concessa di esprimere per le prime due stagioni.
Per il futuro, a questo punto, ci sarebbero tanti filoni narrativi da poter seguire. La storia di Violet, quella di Lady Danbury (e magari Lord Bridgerton) oppure proprio quella dei due meravigliosi servitori. A noi poco importa, purché ci faccia sognare un po’, va bene qualsiasi cosa.