Quando abbiamo incontrato Jake Peralta per la prima volta, non potevamo nemmeno immaginare come puntata dopo puntata si sarebbe insinuato nei nostri cuori fino a impossessarsene. Certo, non si può negare che i segnali ci fossero tutti, ma come avremmo potuto comprendere fino a che punto il protagonista di Brooklyn Nine-Nine si sarebbe rivelato uno dei personaggi migliori mai comparsi sul piccolo schermo? Che fosse un tipo divertente lo abbiamo capito subito, fin da quella prima scena in cui con quel suo umorismo un po’ infantile – non a caso facendo uso di un orsetto di peluche – si prende gioco della sua partner Amy Santiago. È la stessa detective Santiago, che proprio come noi spettatori ancora non sa di essere destinata a perdere la testa per il suo bizzarro collega, ad avvisarci fin dalla prima scena che Jake ha la tendenza a comportarsi come un bambino mai cresciuto, conseguenza come scopriremo presto di un rapporto tormentato con una figura paterna tanto ingombrante quanto assente (Nick Miller, ti ricorda qualcuno?).
Appena due scene dopo ecco che ancora una volta un altro personaggio, questa volta il Sergente Terry Jeffords, presenta Jake come un bambino nel corpo di un adulto, emotivamente immaturo e spaventato dalla possibilità di essere lasciato nuovamente come accadutogli durante l’infanzia per colpa del padre. Dunque, forti di questa duplice testimonianza da parte della squadra di Peralta, la sua famiglia di adozione, siamo pronti a ridere con Jake, a sorridere davanti alle sue battute un po’ squallide, forse persino ad affezionarci un po’ a lui durante la visione di Brooklyn Nine-Nine. Eppure sono certa che nessuno fosse davvero pronto a farsi sorprendere a tal punto dal Detective Peralta, dalla sua strabiliante evoluzione, dalla sua sensibilità nascosta, dalla sua capacità di mettersi in gioco e fare tesoro di critiche e fallimenti.
Il Jake Peralta che conosciamo nel pilot di Brooklyn Nine-Nine non scompare durante le successive sette stagioni della serie, ma si evolve. Proprio quel bambino mai cresciuto, che ha trascorso la sua intera vita a tenere a distanza chiunque per la paura di restare solo all’improvviso, inizia finalmente a rendersi conto che forse diventare adulto non significa soltanto sofferenza e decisioni sbagliate, ma è anche un percorso da seguire per aprirsi a una vita di possibilità. E così, con l’aiuto dalla sua seconda famiglia, il nostro detective decide di dare un’occasione alla vita da adulto. Quella di Jake è una presa di coscienza che non viene affrettata, bensì è organicamente inserita sia dentro al suo percorso come personaggio che all’interno della storia raccontata da Brooklyn Nine-Nine.
La vicinanza di figure paterne costanti e amorevoli, quali sono il Capitano Holt e il Sergente Jeffords, è il primo elemento che permette a Peralta di comprendere che non necessariamente diventare adulti significa rimanere da soli. Jake guarda ai suoi superiori con tale ammirazione che diventa per lui naturale imitarli, diventare qualcuno di cui i suoi “padri” possano essere fieri. E il protagonista di Brooklyn Nine-Nine con dedizione, tenacia e superando più di qualche intoppo, piano piano incomincia a essere il tipo di persona che ha sempre ammirato ma ha sempre temuto di non diventare.
Senza per questo perdere quel suo umorismo un po’ infantile e la voglia irrefrenabile di scherzare, il Detective Jake Peralta cresce. Incomincia a coltivare i rapporti con chi lo circonda, a prendersi cura di se stesso, a prendere decisioni a lungo termine, a immaginare un mondo dove possa essere amato. Un mondo in cui non può non essere presente Amy Santiago.
È la presenza di Amy e l’evoluzione del suo rapporto con Jake a rendere davvero possibile il cambiamento profondo che avviene nel protagonista di Brooklyn Nine-Nine. Il Peralta del primo episodio, che già immaginavamo avere un debole per la collega, affrontava l’amore come qualsiasi altra cosa nella sua vita, ossia con un misto di terrore, infantilismo e sempre attento a non stabilire alcun rapporto che potesse in qualche modo significare davvero qualcosa. Eppure con Amy Santiago tutto è diverso, lo sappiamo noi e piano piano lo scopre anche Jake. La loro è una relazione matura, sana, basata su onestà e fiducia. Una fiducia che non nasce da un giorno all’altro, ma è il risultato della crescita di entrambi i personaggi, della loro ferrea volontà di non buttare all’aria qualcosa che li rende felici. Per e grazie a Amy, Jake diventa un uomo, quindi un marito e infine quello che era stato insieme il suo sogno e il suo incubo per tutta la vita: un padre.
Quello di Jake Peralta è uno dei percorsi più belli e coerenti all’interno non solo del mondo delle comedy, ma di quello della serialità televisiva in generale. Non è mai affrettato, non appare mai forzato, è perfettamente naturale in ogni parte della sua evoluzione. Se già volevamo bene al Jake immaturo ed esilarante della prima puntata di Brooklyn Nine-Nine, non possiamo che innamorarci del Peralta adulto e consapevole che vediamo crescere sullo schermo. Nessuno come il nostro detective preferito ha saputo dimostrare come a volte valga la pena mettersi in gioco e come sia possibile diventare la versione migliore di se stessi, soprattutto quando si ha il desiderio di farlo per le persone che si amano.