L’arte è maledetta. O almeno, così ci hanno sempre fatto credere. Che corrisponda a realtà effettiva o a mero luogo comune, o a una via di mezzo – che è l’opzione più probabile – gli scrittori, i musicisti e gli artisti in ogni forma sono da sempre associati nell’immaginario collettivo all’esagerazione, alla perdizione, all’instabilità emotiva. Non vale per tutti, ovviamente, ma è più facile che se conosci contemporaneamente un musicista e un commerciante, tu vada ad associare le attitudini sopra elencate al primo piuttosto che al secondo. L’artista medio viene raffigurato come una persona che vive la propria vita al massimo, per sentire di più e trasformare poi le forti sensazioni provate in opere.
Non tutti gli artisti sono così, non tutti gli artisti hanno bisogno di esagerare per produrre. Ma Hank Moody sicuramente sì. La sua vita è costellata da un’ascensore emozionale senza fine, in gran parte provocata, più o meno volutamente, da lui stesso.
Hank Moody è uno che vuole sentire la vita al massimo. Un uomo profondo che si perde nei meandri della sua profondità, nascondendo tutto dietro a un sorriso eternamente sornione che talvolta, a un occhio esterno, potrebbe farlo sembrare addirittura superficiale.
Alcool, a volte droga, una donna a sera. Ogni tanto, ma giusto ogni tanto, qualche scritto di livello assoluto che gli permette di vivere bene per un annetto e campare annaspando per qualche mese. Con in mezzo una totale idiosincrasia per la continuità, che si tratti di lavoro o di relazioni. Moody potrebbe sembrare semplicemente un uomo di grande talento ma dalla scarsissima morale. Un Peter Pan inguaribile che rifugge le responsabilità e vuole solo continuare a divertirsi fino alla vecchiaia. Ed è qua che sta l’inghippo nella personalità di Hank, è qua che sta l’inganno.
Dietro all’apparenza di un personaggio attratto irrimediabilmente da tutto ciò che è lascivo e senza impegno, il Bukowski di Californication vive nell’incessante utopia del raggiungimento della felicità. Che ha due nomi: Becca e Karen, sua figlia e la sua ex moglie.
In tutto l’arco narrativo di Californication vediamo il protagonista arrancare nel tentativo di riconquistare la fiducia delle due donne della sua vita. Riuscendoci solo a tratti e non riuscendo mai a tenere il punto, a causa dei suoi inciampi continui. Hank è un genio irregolare, ricco di buone intenzioni che quasi mai riesce a rispettare. La sua esistenza è caratterizzata da un continuo cadere e rimettersi in riga, cadere e rimettersi in riga, cadere e rimettersi in riga. Senza soluzione di continuità e con quell’unico, teorico obiettivo: ricostruire la sua famiglia.
Ciò che non è chiaro, però, è se Hank Moody abbia mai realmente voluto la felicità.
Il protagonista di Californication sembra aver sviluppato una tendenza a scansarla, questa agognata felicità, ogni volta che è sul punto di raggiungerla definitivamente. Hank è innamorato dell’idea della felicità, ma prova per la felicità stessa un inconsapevole rifiuto. Non sarebbero spiegabili, altrimenti, gli innumerevoli errori commessi a un passo dal traguardo. Appena sembra essere riuscito nel suo faticosissimo intento di riconquistare Karen e Becca fa un passo falso, che lo costringe a ricominciare da capo. Il dubbio è che, sotto sotto, una parte di Hank che lui non riesce a dominare e controllare, goda di questa situazione d’eterna irrisoluzione.
Del resto fa un po’ parte della natura dell’artista: la sofferenza, la dannazione e l’eterna insoddisfazione fanno tirar fuori più storie, più opere di quante non ne faccia tirar fuori una vita serafica e tranquilla. E’ come se la sua incontrollabile natura da artista abbia sempre suggerito a Hank di rimanere in un eterno limbo, per far sì che potesse dare sempre il meglio di se’ nei suoi scritti. Non è un caso che Moody, durante Californication, tiri fuori le cose migliori proprio nei momenti peggiori: la morte di Ashby, i problemi familiari, la morte di suo padre. Il continuo up and down sentimentale con Karen e la difficile, ma tenerissima gestione del suo rapporto con Becca, lo agevolano nel mantenersi vivo in un lato creativo che altrimenti farebbe parecchia fatica a venir fuori. Hank non se ne rende conto, ma è totalmente assuefatto da questa situazione di infinita irrisoluzione.
Nel meraviglioso finale della quarta stagione di Californication, che doveva essere il finale della serie, c’è una canzone dei Rolling Stones.
E recita questo: ” You Can’t always get what you want. But if you try sometimes, you just might find, you get what you need”. In una scena conclusiva mastodontica, vediamo Hank con sguardo perso e pensieroso, che osserva la sua finta vita – rappresentata sulla scena del film sullo scrittore – e si rende conto di ciò che ha perso, mentre Karen e Becca sono in vacanza col nuovo compagno di Karen.
Non puoi sempre avere quello che vuoi, Hank.
Anche se quello che volevi veramente, in fondo, non si è mai capito. Forse Moody, più che della felicità, è sempre stato innamorato dell’idea della felicità. Ed è stato innamorato tanto dell’idea della felicità quanto dell’idea di non poterla raggiungere. A Hank Moody piace girare attorno alla felicità, senza raggiungerla mai. Perchè una volta raggiunta, non la può più inseguire.