Karen, il dolce angelo caduto dal cielo di Californication. La musa ispiratrice di Hank Moody.
Il personaggio interpretato dall’attrice Natascha McElhone sembra essere tutto ciò che permette a Moody di restare con i piedi per terra. E ogni volta che si perde, lei lo riporta alla realtà come fa la Fata Turchina con Pinocchio. Il suo personaggio dovrebbe essere il nostro punto di riferimento nel caos della Città degli Angeli, dove nessuno (tranne Karen) sembra avere neanche lontanamente delle inclinazioni angeliche. La bellissima donna appare – in superficie – bidimensionale. Fin troppo bidimensionale, non trovate? Un personaggio statico, monotono, solenne e a tratti ieratico. Una donna stabile, intelligente, affascinante e, sebbene Hank ogni tanto ce la descrive come una pazza scatenata, ci risulta sempre come un personaggio tutto d’un pezzo, moralmente superiore. Un mix pop tra Candy Candy e una Madonna di Raffaello.
Mentre Hank sfarfalla in giro, lei si comporta come un’adulta responsabile.
Ma Karen non può essere solo il volto rassicurante di Californication. Non può essere solo la bilancia che pesa i livelli di perversione di ogni episodio. Secondo questa interpretazione il suo ruolo nella vicenda sarebbe quello di giudice morale che esiste in qualità di mamma, confidente e amante. La Beatrice che passeggia a un metro da terra in mezzo ai dannati della City of Angels.
Ma che noia!
Se fosse davvero così, qualcosa non quadrerebbe. In Californication, una serie tanto originale, intelligente e non convenzionale, non può esistere un personaggio così banale e scontato. Infatti è Hank a mostrarcela come una figura rassicurante, come l’angelo del suo focolare il quale – pensa lui – gli è stato strappato via a causa della sua natura da ragazzaccio ribelle. Ma qui non c’è posto per il dualismo bene/male, sregolatezza/sobrietà, giusto/sbagliato: la serie è molto di più, come ne parliamo qui.
In Californication tutto è sfumato e mai certo.
Hank la idealizza e ci fa dimenticare che anche Karen ha le sue responsabilità. È la fine del loro matrimonio che scatena la spirale vorticosa e autodistruttiva che vede lo scrittore maledetto saltare da un letto (o un sedile posteriore) all’altro. Situazione che in qualche modo lei ha contribuito a scatenare, ma alla quale potrebbe anche porre fine. È Hank che vede solo la parte equilibrata, dolce e amorevole di Karen. Ma questa sua visione idilliaca finisce per rendere questo personaggio piatto, monotono e noioso. Moody ha bisogno di Karen in versione Candy Candy/Madonna di Raffaello perché lo rassicura e gli ricorda quella stabilità che tanto amava, ma che forse non ha mai veramente avuto.
Karen è molto lontana dall’essere l’angelo del focolare.
È un insieme di insicurezze, nevrosi e fragilità. È una donna complessa, indipendente e alla ricerca costante di qualcosa che va ben oltre l’essere madre, donna e moglie. A volte sembra quasi godere della miseria in cui sguazza Hank. Lei sa che basterebbe un suo sì per farlo tornare l’uomo che era, e il mare di pointless p***y, dove sta affogando, si asciugherebbe in un colpo solo. Questo potere la esalta, magari è proprio il suo veleno come l’alcol lo è per Hank. Forse vuole punirlo per aver messo fine al loro matrimonio. È solo un’ipotesi, ma di sicuro vederla sotto questa luce renderebbe tutto molto più interessante e rappresenterebbe un twist degno di Californication: una dimensione dove tutti sono dannati, Karen inclusa. Lei crede di volere una relazione stabile con un Bill qualsiasi – un noioso e affermato editore – ma non è così. Infatti, dopo Bill continua a cambiare un compagno dopo l’altro: compagni che sono sempre più simili a Moody.
Lei vuole quello che tanto detesta del suo primo ex marito.
Hank passa da una donna all’altra alla ricerca di qualcosa che ha perduto: sua moglie. Karen invece non capisce cosa vuole, anzi in qualche modo è divertita da questo tira e molla lontano dalle tediose dinamiche matrimoniali. Una Karen badass renderebbe Californication ancor più memorabile e lontana da ogni cliché a cui ci hanno abituato i drammi sentimentali visti e rivisti. Karen è la colla che tiene tutto unito, ma anche la forbice che ha separato tutto. È l’innesco ma anche il pulsante di spegnimento. Ci appare un personaggio bidimensionale solo se la guardiamo con gli occhi innamorati di Hank, il quale non è obiettivo e ci impedisce di scorgere la sua vera natura. Una natura che è molto più coerente con l’animo maledetto della serie.
E se fosse Karen la vera motherfu***r della storia?
Lei non è né l’opposto né il completamento di Moody: è come lui. Per questo non si allontaneranno mai. Anche lei è perduta e perennemente insoddisfatta. Questa interpretazione le darebbe giustizia e donerebbe al suo personaggio lo spessore che merita.
Karen ed Hank non sono anime gemelle, sono i loro stessi demoni.
Forse la lezione più importante che possiamo imparare dalla loro storia è che l’amore è sia cura che causa delle nostre sofferenze. La ricerca dell’anima gemella nella vita reale non si conclude (quasi) mai con un happy ending da favola, ma è un continuo schiaffo in faccia che ci spiazza, ci coglie impreparati e, troppo spesso, ci lascia con l’amaro in bocca, proprio come fa ogni puntata di questa serie tv. Karen ha un animo instabile, rock e una personalità molto più sfaccettata di quanto crediamo. Per questo la loro storia d’amore è lontana anni luce dal melenso tira e molla alla Dawson’s Creek – serie creata dall’autore stesso di Californication – che poteva funzionare negli anni ’90, ma non certo qui, dove:
Forse siamo tutti là fuori, che galleggiamo da soli nel grande vuoto nero.
Tutti. Anche la dolce Karen.