I revival: una materia oscura. Pericolosi, insidiosi, ma spesso e volentieri in grado di suscitare, per via dell’elemento nostalgia, una forte attrazione e curiosità tra i fan. In Italia, e più nello specifico in ambito comedy, ci sono stati pochissimi casi rilevanti di revival (Boris su tutti, oltre a Camera Café), e i risultati fanno capire come, soprattutto nel nostro Paese, snaturare un prodotto senza adeguarsi in modo funzionale ai tempi che corrono, è assolutamente deleterio. Dopo anni di onorato servizio tra le reti Mediaset, Camera Café era diventato solo un dolce ricordo, uno spartiacque generazionale che faceva tornare in mente i vecchi tempi, quelli in cui era un utilissimo e graditissimo appuntamento fisso a cavallo tra l’Access prime time e il Prime Time vero e proprio di Italia 1; ma poi, così de botto, la chiamata Rai. A distanza di cinque anni dall’ultima (tutt’altro che riuscita) stagione, Mamma Rai decide di puntare con forza sulla sitcom, acquistandone i diritti e proponendo un restyling che si adattasse, soprattutto, al nuovo posizionamento designato. Il resto è storia, seppur ordinaria e facilmente dimenticabile, perché l’ultima stagione di Camera Café è stata un flop su tutta la linea, anche se, le premesse per fare bene, c’erano eccome.
Gallina vecchia fa buon brodo
Uno dei punti di forza della serie è sempre stato quello di puntare su un cast omogeneo e soprattutto continuo, composto da un nucleo centrale di personaggi molto solido ed efficace. L’ultima stagione di Camera Café, invece, ha dovuto rinunciare a due elementi imprescindibili: Olmo e Patti. Il primo, interpretato da Carlo Gabardini, era anche uno dei principali sceneggiatori della serie, e questo è un altro motivo che attesta la mancanza di continuità con il passato. In linea teorica, il personaggio di Olmo venne sostituito con quello di Stefano, interpretato da Marco Palvetti, un personaggio comunque funzionale, una delle piacevoli sorprese della sesta stagione, grazie soprattutto al suo background teatrale che gli ha permesso di duettare con la coppia Bitta-Nervi con ottimi risultati. Tutt’altro discorso, invece, per quanto riguarda Patti: l’assenza della segretaria ha comportato una grave perdita di importanza scenica per Silvano, probabilmente il personaggio più importante e di successo dopo Luca e Paolo, i due protagonisti. Il rapporto tra Patti e Silvano è sempre stato uno dei punti chiave di Camera Café, tanto che i due sono stati in grado di reggere, da soli, tantissime puntate della sitcom, ai tempi di Mediaset, cosa riuscita a pochissimi altri elementi del cast, con molta meno costanza rispetto a loro due. L’assenza di Olmo e Patti, dunque, è stata un colpo molto duro da digerire, sia per i fan che per i risvolti narrativi della sitcom, che fin da subito è apparsa inadatta, stantia.
D’altro canto, Luca e Paolo sono rimasti pressoché gli stessi. I due protagonisti storici di Camera Café hanno retto, più che in ogni altra stagione, l’intero peso della baracca, mettendosi in gioco nel collaborare con un cast non solo quasi totalmente rinnovato, ma anche ringiovanito. Il tema dell’età è, infatti, uno dei principali motivi d’argomento della sesta stagione di Camera Café, dato che Luca e Paolo cominciano a rendersi conto sempre di più del tempo che avanza, confrontandosi con nuovi colleghi appartenenti alla generazione dei millennials, andando così a definire e a giocare sull’ampiezza della voragine culturale che separa i due poli. Un personaggio che, invece, è uscito piuttosto mal ridotto da questo espediente narrativo, è il direttore Augusto De Marinis; in passato, il direttore, era sempre stato al centro della narrazione, ricoprendo il ruolo di “villain” per eccellenza, insieme ad altri personaggi storici come Andrea, l’autista del presidente, e il dott. Guido Geller, il responsabile delle risorse umane. De Marinis, nella sesta stagione di Camera Café, assume un ruolo più marginale, dovuto alla sua condizione di prepensionamento, proprio perché segnato dall’età e da un ricambio generazionale che gli toglie il fiato e lo rende sempre meno determinante; una delle caratteristiche che assume il suo personaggio è una sorta di malinconia, mista a vera e propria depressione, funzionale in termini narrativi ma assolutamente deleteria dal punto di vista comico, perché porta via, al cast centrale, un altro elemento portante della storia di Camera Café.
La nuova figura autoritaria aziendale, nella sesta stagione, è stata rappresentata soprattutto dalla dottoressa Corte, interpretata da Serena Autieri. L’ingresso di Autieri nel cast poteva essere uno dei punti di maggior forza della nuova vita di Camera Café, ma il suo personaggio è stato utilizzato per ricoprire il ruolo della persona sbagliata, ossia De Marinis: le caratteristiche di questi due elementi sono completamente diverse, e hanno portato a un totale rovesciamento delle dinamiche tra Luca e Paolo e la figura istituzionale al di sopra di loro, che fino ad allora era stato uno dei principali fondamenti narrativi della serie. Altri elementi che hanno risentito del cambio di registro sono sicuramente Wanda e Pippo, due volti storici di Camera Café, protagonisti di alcune delle gag più famose e identificative della sitcom (con particolare riferimento al celebre tormentone “Pippo, vai in bagno!”). Anche loro, per via del rinnovamento del cast, hanno perso sempre più importanza, finendo per ricoprire ruoli quasi inutili, estremamente forzati, che hanno dato l’impressione di un maldestro e incompleto tentativo di dare continuità al progetto passato, completamente diverso, per toni e obiettivi, rispetto a quello che la Rai voleva imbastire. Insomma, il nuovo che avanza poteva anche essere un’idea decisiva per il rilancio della sitcom, ma ha finito con il togliere troppo spazio a elementi centrali del cast, difficili da sostituire, rendendo invece forzata la convivenza con quelli a cui si poteva (e doveva) rinunciare, per poter guardare davvero al futuro.
Un nuovo posizionamento
Nel fallimento della sesta stagione di Camera Café, nonché la prima e ultima targata Rai, ha assunto un ruolo importante, fin da subito, il nuovo posizionamento della serie. Non si tratta di questioni temporali, dato che anche in questo caso la sitcom italiana aveva il ruolo di anticipare direttamente la programmazione prevista per la prima serata, piuttosto, il problema riguarda la differenza di target. Infatti, il posto occupato sui palinsesti di Rai 2, tra il consueto appuntamento con il telegiornale e il programma di punta della giornata, è traducibile come un importante (e non privo di conseguenze) cambiamento di rotta; il pubblico della Rai e quello di Mediaset sono molto differenti: il primo è più adulto e abituato a un certo tipo di linguaggio, mentre il secondo era molto più adatto alla comicità talvolta spinta e “grezza” del primo Camera Café. E’ ovvio, dunque, che per via di queste nuove necessità, il linguaggio e le tematiche della sitcom siano state ripensate e rivisitate, nell’ottica di un adattamento che provasse ad andare incontro alle esigenze di un pubblico diverso, causando però stravolgimenti che hanno comportato un grosso downgrade in termini di intrattenimento e narrativa. Camera Café è sempre stato un prodotto divisivo, volto a far discutere e, perché no, anche “indignare”, ma tutti questi aspetti, in Rai, non potevano essere contemplati, motivo per cui l’intera sesta stagione non ha potuto rispettare le aspettative dei fan di lunga data, rimasti per la maggiore delusi dal repentino cambio di tono del programma.