One Piece rimane uno dei manga di maggiore successo della storia. Entrato nel Guinness World Record nel 2015 per il numero di copie pubblicate in una serie di un singolo autore, va ormai avanti da ben 24 anni. Le scene che ci hanno fatto commuovere sono praticamente incalcolabili così come anche le sue citazioni iconiche, che snoccioliamo come perle d saggezza nei momenti più difficili. One Piece rimane al primo posto di tutte le classifiche perché è molto più di un manga, è un mondo: complesso, stratificato, pieno di sfumature e ombre. Come nella vita normale, in One Piece si piange, si ride (spesso nello stesso momento), si lotta e si perde, ci si rialza e si combatte ancora per il proprio sogno.
Come può essere terminata l’epoca dei pirati sognatori? Suvvia, gente, i sogni delle persone non svaniscono mai!
Ironicamente è dalla bocca di uno dei peggiori cattivi della storia, Marshall D. Teach, che si forma uno dei capisaldi di One Piece: il sogno. Tutti i personaggi della storia o quasi si muovono per rincorrere un sogno che – grande o piccolo – condiziona tutta la loro vita. Si nasce, si vive, si muore, si soffre per un sogno. E, attraverso questa passione che scorre come linfa vitale sotto la superficie della storia che capiamo cosa è veramente One Piece, perché ci piace tanto. One Piece è ciò che vorremmo avere il coraggio di essere e di fare, salpare il metaforico mare della vita per rincorrere ciò che amiamo.
Rufy: la volontà del sogno
Voglio diventare il Re dei pirati!
Rufy sembra essere l’incarnazione più importante e leggera di questo mare: fluido, senza gli incubi del passato che ottenebrano i suoi compagni, dal cuore puro e lucente come una torcia, Rufy illumina il cammino di chiunque. Abbaglia con la sua aura e le sue promesse, inspira grandi imprese con la sola forza della sua volontà. Tutti i membri della sua ciurma, ma anche molti di quelli che incontra, riescono a ritrovare la voglia di vivere – vivere davvero, che non è solo respirare – grazie a lui. Solo con il passare di (molto) tempo qualcosa si mostra, fino a svelare che lo stesso Capitano non è esente dall’oscurità.
Rufy vive innanzitutto il senso di colpa per il braccio di Shanks, perduto mentre quest’ultimo cercava di salvarlo da un Re del Mare. Tuttavia è interessante notare come l’iniziale terrore per quanto causato viene trasformato dall’Imperatore rosso nella spinta propulsiva per salpare e rincorrere Gol D. Roger. Shanks diventa una sorta di punto fisso in mezzo al caso, una meta da raggiungere per riconsegnare – simbolicamente e fisicamente – il cappello di paglia alla fine del viaggio. Ma l’ombra più grande di Rufy è Portuguese D. Ace, suo fratello.
Portuguese D. Ace: il peso del sogno
Portuguese D. Ace e Rufy non sono fratelli di sangue ma di elezione e vivono un curioso destino parallelo e contrapposto. Se Rufy esalta Gol D. Roger come un esempio da emulare, Ace lo riduce a diavolo da distruggere e dimenticare. Rufy continua ad avere con il Re dei pirati una relazione lontana, come di un giovane che osserva il suo eroe. Ace ha con lui una relazione intima e personale, essendo suo padre, rimanendone profondamente deluso. Questo duplice aspetto è fondamentale per la formazione di due personalità speculari, vicine ma in fin dei conti intoccabili.
Il sogno di Rufy è infatti quello di diventare il Re dei pirati come Gol D. Roger per essere come lui, quello di Ace è diventare il Re dei pirati per uscire dall’ombra di suo padre.
Ace e Rufy crescono insieme al Grey Terminal sotto la guida di Curly Dadan, ma mentre Rufy viene lasciato lì da suo nonno perché suo padre è troppo potente e in vista, Ace ci viene abbandonato perché sua madre è morta e suo padre è andato via. Questo trauma infantile porta Ace a considerarsi un peso per il mondo, per chi lo circonda e per se stesso, un pensiero che lo perseguiterà fino alla morte. Rufy, dal canto suo, cresce con un carattere vivace, allegro, benvoluto e assolutamente ingenuo dei mali del mondo. Entrambi però sentono il mare chiamarli fin da giovani ed entrambi partono a tre anni di distanza l’uno dall’altro.
Da quel momento in poi le loro storie correranno parallele e si incroceranno purtroppo troppe poche volte. Eppure l’aura fraterna non li abbandonerà mai e soprattutto l’istinto protettivo di Ace continuerà a seguire Rufy come una carezza familiare. Ace incontrerà e ringrazierà Shanks per aver salvato la vita a suo fratello, salverà Rufy stesso da Smoker ad Alabasta e gli donerà la sua Vivre Card. Ossia letteralmente un pezzo della sua vita, un foglio di carta semi-indistruttibile legato alla sua linfa vitale. Un gesto che dice: “voglio che tu sappia costantemente che ci sono, che sono qui, sono vivo per te”. Ma Ace è un personaggio troppo tormentato dai suoi demoni interiori per trovare la pace in questa o altre relazioni.
Il senso dell’onore in One Piece: Ace e Barbanera
Il sogno di Ace comincia a cambiare quando conosce Barbabianca, l’uomo che considererà per sempre suo padre a dispetto di tutto. Ace diventa suo secondo Capitano, suo figlio putativo e uomo più fedele. Il senso dell’onore in One Piece è uno dei valori più forti e apprezzati, nonché uno di quelli più condivisi da pirati di un certo calibro.
Porto il segno di Barbabianca addosso. Non posso perdere
Dal momento in cui Ace diventa uno degli uomini di Barbabianca ha finalmente trovato una famiglia, uno scopo (rendere Barbabianca il Re), ha trovato la pace. Parallelamente al percorso di Rufy che intanto costruisce la sua ciurma sulla base degli stessi valori di fedeltà reciproca, amicizia, passione e sogno, entrambi vivono le avventure in mare senza smarrimenti perché la loro bussola è in realtà la loro famiglia putativa, formata sulle sofferenze della vita e non sul sangue. Questo è un elemento che Oda ha molto a cuore, mostrando molto spesso famiglie di sangue fratricide, fredde, distruttive.
In nome di questa lealtà, quando Marshall D. Teach (all’epoca sottoposto di Ace) uccide un compagno per impadronirsi del frutto Dark Dark, Ace sa che non può chiudere gli occhi. Andando contro lo stesso Barbabianca, rincorre Teach in lungo e in largo fino a scontrarsi con lui sull’isola Banaro per ben 5 giorni. Sconfitto dal suo nuovo potere, Ace viene consegnato alla Marina. È l’inizio della fine per One Piece.
Marineford: destini che convergono
Marineford è metaforicamente e fisicamente la fine della prima parte di One Piece. All’imboscata per Barbabianca partecipa tutto il mondo e la morte di Ace viene ripresa in mondo visione. È il momento in cui i delicati equilibri del mondo cambiano e crollano, l’attimo in cui sappiamo che nulla sarà più lo stesso. Come per continuare le loro due parabole contrapposte, abbiamo da una parte il sempre combattivo e attivo Rufy, che a suon di pugni si fa largo tra uomini più potenti di lui, pronto a salvare suo fratello.
Dall’altra abbiamo Ace, sempre passivo e arrendevole quando si tratta del suo fato. Incatenato, subisce ancora una volta il destino di essere figlio di suo padre e come tale viene ucciso. Non è solo Ace quindi a essere condannato, ma il figlio di Gol D. Roger, metaforicamente il simbolo della vecchia pirateria che viene spazzato via dal nuovo Generale della Marina. Eppure Ace, passivo sempre e comunque alla sua nascita “maledetta”, non riesce a esserlo anche quando Rufy è in pericolo. La famiglia è ancora una volta l’unico cardine della sua esistenza e non ci pensa due volte a frapporsi tra Sakazuki e suo fratello.
Per uno scherzo del destino, alla morte di Ace i loro destini si ribaltano: Rufy, sempre gioioso e iperattivo, rimane attonito e impietrito di fronte alla morte. Ace, spettatore indolente e rassegnato, agisce contro la morte e la accetta come una vecchia amica, col sorriso. Eppure, anche prima di morire Ace non riesce ad abbandonare il trauma che ne ha segnato l’intera esistenza.
Padre… e tutti voi ragazzi… anche se non ho mai combinato nulla di buono nella vita, anche se il sangue che scorre nelle mie vene è quello di un demone… tutti voi mi avete sempre amato… grazie!
Ace, fragile scudo. Il silenzio di un pezzo di carta che brucia
Nella radura di Marineford, tra migliaia di soldati e una marmaglia di pirati, rimane solo il silenzio di una bocca spalancata e le fiamme di una Vivre Card che brucia nel vento.
Ace sorride alla propria vita, perché alla fine forse è valsa la pena viverla se è riuscito a salvare quella di suo fratello. E al diavolo Roger, perché se è vero che è suo figlio di sangue, la sua famiglia è altra ed è quella che ha rischiato la vita per andare a salvarlo, cadendo in un’evidente imboscata. Rufy soffoca parole di pianto e disperazione per quel fragile fratello perduto, ma ancora non sa che il suo spirito vivrà attraverso l’amato Sabo e il suo frutto del Diavolo, miracolosamente intatto da qualche parte nel mondo. E, sulle parole di Jimbe, Rufy capirà col tempo che lo spirito fraterno sopravvive negli occhi e nelle vite di quei compagni di avventura, quelli che condividono il suo sogno per mare.
Hai perso delle cose molto importanti per te assieme a tuo fratello che era la tua stella polare in questo mare! Ora nel mondo intorno a te, non vedi altro che muri impenetrabili! È per questo che non riesci a guardare oltre! Rufy, sei stato inghiottito dai rimpianti e dal senso di colpa! So che stai soffrendo, Rufy… ma devi sopprimere quest’amarezza! Piantala di contare le cose che hai perso! Ciò che è perso è perso! Rifletti Rufy! Che cosa ti è rimasto?!