“Con noi, con noi
ci sono quattro tartarughe ninja che
hanno un coraggio speciale,
se c’è da lottare loro lotteranno,
loro vinceranno per noi.”
Correva l’anno 2003. E per la prima volta in assoluto Italia Uno (non Nickelodeon!) trasmetteva le Tartarughe Ninja, o meglio Teenage Mutant Ninja Turtles. Ed ecco che quattro tartarughe con i nomi di quattro artisti italiani del Rinascimento combattevano il male con le arti marziali. Un tuffo nel passato. E rieccoci, davanti alla tv a fare il tifo per loro, rieccoci ad immedesimarci chi in Raffaello, chi in Donatello o ancora in Leonardo e in Michelangelo. Con la fedele guida del maestro Splinter, le Tartarughe Ninja ci hanno accolto nella loro pazza e divertente famiglia.
Perché questo erano le Tartarughe Ninja: famiglia e amicizia.
Nascosto sotto l’azione, la lotta e le mutazioni genetiche, ecco che riemergono i momenti che ci hanno più scaldato il cuore: quelli in cui mangiavano una pizza bollente nascosti nelle tubature di New York, in cui scherzavano insieme quattro energumeni dalle fattezze antropomorfe, ognuno con le sue peculiarità .
Il cartone in realtà è ispirato dall’omonima serie a fumetti pubblicato per la prima volta nel 1984 da Mirage Studios, un autoprodotto in bianco e nero pubblicato da Kevin Eastman e Peter Laird. I due, al tempo squattrinati, non si aspettavano di certo il successo che la serie raggiunse di lì a pochissimo tempo. Mirage Studios ha continuato la pubblicazione fino al 2014, per trent’anni. Fu un vero e proprio fenomeno di massa, tanto che nel 1987 andò in onda la prima serie animata. La serie degli anni ’80 però aveva una verve comica molto spiccata e anche dal punto di vista grafico, catturò l’attenzione soprattutto dei più piccoli. La prima serie animata si concluse dopo dieci anni, nel 1997.
Dopo un film di successo, le Tartarughe Ninja tornano nel 2003 con un nuovo cartone animato questa volta deciso a realizzare una trasposizione dei fumetti più integrale. Ecco quindi che le atmosfere si fanno più cupe, i temi più maturi, il conflitto tra bene e male più labile e i conflitti di coscienza più frequenti. Basti pensare alla controversa figura di Kirai, figlia adottiva di Shredder – il malvagio antagonista della serie – che si trova tragicamente divisa tra la fedeltà e la riconoscenza verso il padre e la sua sincera amicizia con Leonardo. Fu proprio la maturità dell’ambientazione e dell’evoluzione dei suoi personaggi che conquistò il pubblico. Solo nel 2009 Peter Laird cedette i diritti a Nickelodeon che ha realizzato le serie animate più recenti che trovate anche su Netflix.
La giovane April O’Neil sta indagando sulle malefatte del Clan del Piede, una pericolosa organizzazione criminale di New York, quando all’improvviso si trova invischiata in una situazione ben grossa di lei. Quando il peggio sta per succedere, viene tratta in salvo da quattro tartarughe giganti. Loro sono: Leonardo, con indosso la sua caratteristica maschera blu, maneggiava la katana (la spada dei samurai). Leonardo era il leader, la colla che teneva insieme il gruppo e che riusciva a guidarlo anche nei momenti di difficoltà unendo tutte le differenze per creare un team unito e invincibile. Raffaello, con la benda rossa, era esperto nel combattere con i pugnali Sai e soprattutto, era quello dal temperamento più fumantino, era pronto a scattare a ogni provocazione, lanciandosi immediatamente in uno scontro ravvicinato.
Donatello, in viola, si destreggiava con il bastone Bo, ed era abilissimo con l’informatica; in Donatello potevano rivedersi anche quelli che non si sentivano degli eroi a pieno titolo: Donatello era il nerd del gruppo, spesso emergeva la sua maestria più nella preparazione che nel combattimento vero e proprio, ma non si è mai tirato indietro. E infine Michelangelo, il più amato dalla maggior parte del pubblico, indossava la bandana arancione ed era un maestro nell’arte dei nunchaku. Ma in particolare Michelangelo era la spalla comica del gruppo, riusciva a smorzare ogni situazione di tensione e in combattimento era agile e disinvolto. I quattro fratelli erano guidati dal maestro Splinter, un topone grigio dal temperamento pacato e riflessivo che li ha istruiti alle arti marziali e li ha cresciuti come fossero suoi figli a tutti gli effetti.
Ed ecco un’altra caratteristica essenziale che ha resto questo cartone un must della nostra infanzia.
“C’è Raffaello, vero mago dei roller
e Michelangelo che vola con il suo skate,
c’è Donatello che è un genio si sa,
Leonardo li guiderà .“
I quattro protagonisti davano la possibilità a un gruppo di ragazzini di identificarsi in uno di loro, di ritrovarsi nelle particolarità , nei pregi e anche nei difetti. Bastava accordarsi e subito si diventava un ninja che agisce nella notte e con la forza del gruppo sempre al proprio fianco ogni minaccia sembrava poter esser facilmente sconfitta.
La verità è che non importa se siate più legati alla primissima serie del 1987, ai fumetti di Mirage, alle serie di Nickelodeon o ai film che hanno seguito il grande successo animato. Le Tartarughe Ninja hanno segnato l’infanzia della maggior parte di noi, ci hanno fatto ridere mentre vagavano nell’oscurità , con le ombre e le tubature come fedeli alleate. Loro, degli eroi atipici, hanno saputo accompagnarci nella scoperta di noi stessi e del prossimo, accettando le diverse sfaccettature di ognuno e trovando i punti di forza che potessero renderci migliori.