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Castle Rock: quando la pellicola eguaglia la narrazione cartacea

Castle Rock
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Il 25 luglio Hulu ha rilasciato i primi tre episodi di Castle Rock, nuova Serie Tv prodotta da J.J. Abrams ed ideata da a serie ideata da Sam Shaw e Dustin Thomason, che raccoglie in sé alcuni delle storie più famose di Stephen King.

Castle Rock

Castle Rock è riuscita lì dove molti non hanno saputo fare: è riuscita a mantenere lo stesso alone di misterioso, leggiadro horror style che contraddistingue da anni il Maestro King.

La sua attesa ha alzato di molto l’asticella delle aspettative, soprattutto grazie al cast (ritroviamo Bill Skarsgård, attore che l’anno scorso ha interpretato il celebre IT), al produttore e all’unica informazione trapelata finora: la sua base tratta dai libri di Stephen King. L’alone di mistero non ricopre soltanto la cittadina del Maine ma l’intera produzione dello show, a cui Hulu ha addirittura dedicato un documentario.

A far bollire ancora di più la pentola sono stati poi i fan, che ignari di cosa poteva uscir fuori da questo miscuglio sono stati bene cauti da dare giudizi preventivi. Perché si sa, dalle opere di King pochi sono stati gli adattamenti ben riusciti.

Eppure, da questi tre primi episodi, ci si accorge da subito della difficoltà d’inquadrare per bene se questa serie sembra destinata a farci battere il cuore o a ricordarci che forse è meglio lasciare le storie di King scritte su pagina.

Castle Rock

Facciamo da subito chiarezza: Castle Rock ha una sua trama originale, mai apparsa in nessun libro. Da quest’ultimi trae le ambientazioni, cita personaggi senza ostacolare la visione ai non-cultori di King, che invece potranno ben apprezzare alcuni chicche (tra cui la stessa sigla).

Al centro della narrazione troviamo Henry Matthews Deaver (André Holland), avvocato penalista specializzato nella difesa dei condannati a morte, che torna nella città natale di Castle Rock dopo diversi anni di distanza dal brutto fatto di cronaca di cui era vittima e che tuttora rimane controverso. Infatti, da bambino, Henry era sparito da casa per ben undici giorni, per poi essere ritrovato senza un capello fuori posto dallo sceriffo della cittadina, Alan Pangborn (Scott Glenn).

Nel frattempo però, a casa il padre adottivo era deceduto e l’intera città incolpava il ragazzino del fattaccio. Fuggito dalle malelingue, si ritrova a tornare a Castle Rock ormai adulto e realizzato, dopo che dalla prigione di Shawshank una guardia (interpretato da Noel Fisher) gli telefona di nascosto per avvertirlo che in una gabbia dell’ala dismessa della prigione era sbucato fuori un ragazzo strano e misterioso (Bill Skarsgård) che faceva il suo nome.

A rendere la trama ancora più dark e inquietante è il perfetto timing degli eventi: la scoperta è infatti avvenuta a pochi giorni dal raccapricciante suicidio dell’ex direttore del carcere, Dale Lacy (l’indimenticabile Terry O’Quinn di Lost). 

Castle Rock

A tutto ciò va aggiunta la cornice: cittadina un pò alla Sharp Objects, piccola e piena di pregiudizi datati anni ’40, strani casi che ricordano molto lo stile narrativo di King (“It wasn’t me. It was this place.”) che attribuisce una presenza fisica ma intangibile della cittadina. Oltre a ciò, si aggiungono personaggi secondari particolari: prime fra tutti Molly (Melanie Lynskey), la ragazza dai strani poteri psichici, che sembra avere una qualche particolare connessione con Henry. A seguire la mamma di Henry, affetta da demenza senile e lo sceriffo Pangborn, che sembra avere molto da nascondere.

Castle Rock è quindi un mistery ben architettato, preciso nel predisporre tutte le pedine sulla scacchiera e lasciar quella sensazione di mistero aleggiare durante tutta la messa in onda. Un  piccolo difetto può essere riscontrato nella narrazione, forse, da chi non è poi così cultore, o in ogni caso vicino, alle storie di King. Lo stile dello show si basa comunque su una narrazione lenta, specifica e ben ordinata, che lascia scivolare indizi ed eventi centellinandoli e creando suspanse al giusto livello. Sembra infatti che dai prima episodi, il crescendo va aumentando di minuto in minuto. Creando quella giusta atmosfera inquietante, non troppo orrorifica, che sembra prendere vita proprio dai romanzi del Maestro. Come se vi fosse una tragedia imminente dietro l’angolo, perennemente.

Infatti è qui il punto forte della serie: seppure di origine nuova, lo stile di King pervade l’ambientazione, la regia sembra essere la penna dei romanzi che prende vitaCastle Rock tocca gli stessi temi, ambientazioni e miti kinghiani dei libri. Ad esempio, la vita della cittadina che ci si aspetta cambi un minimo dopo alcuni anni, che avviene, ma lo fa impercettibilmente e mantiene immutata la sua staticità. Il cambiamento è solo una mera facciata, che continua a nascondere lo stesso fango di 27 anni fa (che numero particolare… coincidenze?!).

E’ questo stile che porta la narrazione ad un mix niente male di tutte le particolarità dei romanzi: il tasso di mostruosità che lambiscono la cittadina (simile a quella di Derry, anche se a ncora non vi è alcuna menzione di pagliacci), alla forse presunta luccicanza (Molly?!) e forse, anche se è troppo presto per parlarne, la chiamata a cui molti dei personaggi di King debbono rispondere per spezzare il ciclo del Male.

Insomma, la base kinghiana è fenomenale e i richiami continui sono delle chicche, ma quello che mi chiedo è: saprà la storia originale reggere anche da sola e non sprofondare in una ciclica citazione di questo o quello? Questo eguagliare le versioni cartacee sarà un punto forte o l’ancora che farà affondare la nave?

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