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5 momenti in cui Castle Rock si è rivelata una serie di spessore

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Castle Rock è una serie tv antologica americana composta da due stagioni. È stata pubblicata da Hulu nel 2018 ed è ancora oggi una piccola perla molto sottovalutata del panorama televisivo. Eppure i nomi di Castle Rock sono tutt’altro che sconosciuti. Iniziamo dicendo che Castle Rock trae liberamente ispirazione dall’universo di Stephen King, non si tratta di una pedissequa riproduzione di uno o più romanzi, quanto di un vero e proprio mosaico di luoghi, Easter Eggs e personaggi che si intrecciano tra di loro per formare una storia inedita.

Per i fan di Stephen King sarà una vera e propria caccia al tesoro, perché oltre ai riferimenti più ovvi (come il titolo e la location) Castle Rock è piena zeppa di riferimenti molto sottili, che potrebbero passare inosservati anche a un occhio più attento.

A questo si aggiunge un cast d’eccellenza guidato da Bill Skarsgård, Sissy Spacek e Terry O’Quinn. La serie è stata ideata da Sam Shaw, ed è stata prodotta da quel genio sregolato di J.J. Abrams, insieme a Stephen King stesso, Sam Shaw, Dustin Thomason, Ben Stephenson, Mark Lafferty e Liz Glotzer.

Se non vi ho ancora convinto a guardare le due meravigliose stagioni di Castle Rock, forse riuscirò a convincervi che si tratta di una serie di altissimo livello grazie a cinque momenti chiave che mi hanno lasciata senza parole.

1) The Queen – Castle Rock 1×07

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Castle Rock (640×362)

The Queen è uno degli episodi chiave di Castle Rock, da molti considerato l’episodio migliore dell’intera serie. Si tratta del settimo episodio della prima stagione, e ci lascia entrare nella vita di un personaggio importantissimo: Ruth Deaver (una meravigliosa Sissy Spacek, che i fan di Stephen King ricorderanno anche per la sua interpretazione di Carrie).

La donna fa i conti con le perdite di memoria e con un costante senso di disorientamento. Eppure proprio Ruth si rivela custode di informazioni cruciali per l’avanzamento della storia. “Ruth è una sorta di estranea nella sua stessa storia, sembra quasi che sia stata quella cittadina a imprimergli addosso una storia” – ha affermato Sam Shawn in un’intervista su questo episodio.

Il tutto è raccontato con un velo di poesia e delicatezza a tratti commovente. Le tematiche non sono semplici da trattare, e solo i veri artisti riescono a cogliere la giusta sfumatura, e il giusto punto di vista attraverso cui narrare le vicende.

2) Il finale della seconda stagione

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Castle Rock (640×427)

Il finale della seconda stagione secondo me è costruito benissimo. Annie Wilkes è ormai completamente alienata dalla realtà, e si avvicina sempre di più al personaggio che abbiamo conosciuto nel libro del Re, e nella famosa pellicola cinematografica. La narrazione ci fa immedesimare al punto da non capire fino in fondo cosa succede. Joy è proprio come Annie la vorrebbe: ha le sue stesse ambizioni, si disinteressa al mondo e, anzi, fa della “madre” il centro di gravità del suo universo.

La sedia, tuttavia, è vuota. Il libro giace solitario ad occupare un posto che nella mente di Annie è già occupato. Nel mentre, le parole finali ci fanno venire la pelle d’oca, riportando alla memoria flashback di notti insonni passate in compagnia di Paul e della sua fan numero uno.

3) La sigla

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Abbiamo parlato della caccia agli Eater Eggs in Castle Rock, ma niente batterà la sigla iniziale. Oltre ad essere una bellissima intro, infatti, è piena zeppa di riferimenti al nostro Re. Dalle immagini rubate alle copertine di romanzi famosi, a veri e propri stralci di libri. Tra la prima e la seconda stagione vediamo uno stralcio di Misery, l’intro di un capitolo di Salem’s Lot, e alcune frasi tratte da Dolores Claiborne.

A questo si aggiungono luoghi simbolo sia delle storie di Stephen King, che della serie stessa: la prigione di Shawshank, Derry giusto per citarne un paio.

In fine, non manca neanche l’indimenticabile “They float, Georgie“, in riferimento a IT. D’altronde con Bill Skarsgård (interprete di Pennywise nei due film tratti dal famosissimo romanzo di King) nel cast un occhiolino al clown ballerino era davvero immancabile.

Tutto questo, però, denota una clamorosa attenzione ai dettagli, che è un grandissimo punto di forza di Castle Rock.

4) Il Pilot – Il ragazzo esce dalla sua cella

Castle Rock (640×360)

Ci accingiamo a rivivere una scena iconica, con un Bill Skarsgård fenomenale. In generale il pilot è un episodio fondamentale, questo perché gli spettatori della serie tv non sanno ancora cosa aspettarsi, e i produttori hanno una sola possibilità per catturare l’attenzione di chi guarda.

Diciamo che J.J. Abrams di pilot ne sa qualcosa e, anche in questo caso, non delude le aspettative. Il pilot è intrigante, misterioso e da brividi. Sembra quasi che lo sguardo del ragazzo senza nome oltrepassi lo schermo, e ci insegua nei nostri incubi.

Magari non consiglierei la visione ai più suscettibili, ma per gli amanti del genere è solo il preludio di una serie horror di alto livello. Dal pilot, e dall’iconica scena in questione, comprendiamo che non ci stiamo approcciando a un prodotto commerciale infarcito di sterili jumpscare o momenti splatter. L’orrore è prodotto da una trama articolata, che continua a suscitare dubbi e curiosità nel corso dell’intera stagione.

Le storie dei protagonisti ci entrano sotto pelle con lo stesso sornione strisciare con cui il male è entrato a Castle Rock.

5) Il passato di Annie Wilkes

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Castle Rock (640×360)

La seconda stagione di Castle Rock, come anticipato, ha come protagonista uno dei personaggi più celebri dell’universo di Stephen King: Annie Wilkes, ossia la terrificante villain paranoica del capolavoro letterario Misery.

L’opera è famosa anche per il suo adattamento cinematografico nella fortunata pellicola del 1990, diretta da Rob Reiner, con protagoniti James Caan nei panni dello scrittore Paul Sheldon, e una mastodontica Kathy Bates nei panni della sua fan numero 1: Annie Wilkes.

Come già sottolineato, però, Castle Rock non è un semplice adattamento di un romanzo di Stephen King, ma un’opera che vive di vita propria. Grazie a Castle Rock vediamo una versione inedita di Annie.

Scorgiamo già nettamente le sue manie e le sue ossessioni, ma siamo di fronte a una giovane donna in compagnia di sua figlia. Entriamo nella vita di Annie Wilkes, e scaviamo nel suo passato travagliato. Proprio i continui flashback che pian piano ricostruiscono la sua infanzia e la storia Joy sono il valore aggiunto della serie, ricostruiti con lo stile delicato che caratterizza l’intera narrazione.

Tutto questo senza mai mancare di rispetto all’opera originale portata in vita dal Re.

A questo si aggiunge l’interpretazione sontuosa di Lizzy Caplan, che riesce a far emergere tante complesse sfumature di questo personaggio tutt’altro che semplice da interpretare.