Una Wallachia infestata da orde di creature infernali. L’ultimo cacciatore di demoni, un’incantatrice e il dampiro si oppongono alla furia del Principe delle tenebre. Benvenuti in Castlevania.
Who are you? — Sypha Belnades
The man who will kill Dracula. — Trevor Belmont
Quando ci si presenta con un nome del genere, le aspettative sono più che legittime.
Castlevania è la trasposizione animata di un titolo, che dal 1986 è andato ad arricchire le bacheche dei videogiocatori di tutto il mondo. Un prodotto che si è consegnato alla storia come un vero e proprio cult nell’universo dei videogiochi. In questo adattamento animato trasmesso da Netflix, la narrazione prende spunto dal terzo capitolo della saga, Castlevania III: Dracula’s Curse, riproponendo il cammino di quei protagonisti già incontrati nelle varie avventure per console.
Nata dalla mano di Warren Ellis e con la regia di Sam Deats, Castlevania risponde in toto ai canoni dello stile animato americano, pur emergendo alcune sfumature devote all’animazione di stampo nipponico.
Di fatto Castlevania rappresenta l’ennesimo tassello di un progetto volto a consegnare l’arte dell’animazione a una nuova dimensione, sempre più influenzata — per non dire similare — dal formato seriale, con tutto ciò che ne consegue.
Il racconto vede come protagonista principale Trevor Belmont, nel tentativo di difendere la Wallachia dalla vendetta di Dracula a seguito della messa al rogo della moglie Lisa, accusata di stregoneria.
La storia incontra personaggi affini alle controparti presenti nel gioco. Così i nomi introdotti nei quattro episodi che compongono la prima stagione di Castlevania finiscono col ricoprire ruoli ben definiti, forse sin troppo.
Trevor Belmont è un uomo scostante e volubile, a cui non è rimasto neppure il buon nome della sua casata, scomunicata dalla Chiesa. Sypha Belnades è la nipote dell’Anziano, leader dei Parlatori, custodi del passato e della verità. Adrian Tepes, Alucard, è il figlio di Dracula e della defunta Lisa, che per amore di sua madre decide di opporsi al padre.
Dicevamo ruoli fin troppo marcati. Perché ciò a cui assistiamo è un piegarsi dei personaggi alla lore originale, in risposta a un’inesorabile necessità di dover svolgere la propria parte. Così il nostro Belmont passerà in un batter d’occhio da ubriacone ignavo a protettore dei più deboli, mentre le circostanze che porteranno alla formazione del team appaiono a dir poco forzate.
Coerente con il retaggio di Castlevania, questo adattamento animato però sceglie di non approfondire — almeno per il momento — le dinamiche tipiche nella saga.
L’intenzione è di proporre allo spettatore una storia diversa, quantomeno in prospettiva, arricchita da nuovi temi.
Attraverso un’enfatizzata nota anticlericale, affiancata a un gore talvolta fine a se stesso, ciò che ci viene mostrato è un mondo in cui il nemico pare essere in primis l’uomo. Quell’uomo che con la sua ipocrisia ha scatenato l’ira di Dracula e ha letteralmente costretto i nostri eroi a scendere sul campo di battaglia. Questa prima stagione ha voluto porre al centro non il temibile vampiro, pressoché assente se non contiamo il primo episodio, bensì la dicotomia tra bene e male. Un dualismo onnipresente e che domina indiscriminatamente anche sugli uomini, vittime e carnefici allo stesso tempo.
Dal punto di vista tecnico riscontriamo note positive e altre rivedibili.
L’animazione di Castlevania alterna momenti farraginosi ad altri di buona caratura. Ben realizzati i personaggi, soprattutto sul versante del character design e nella parte dei primi piani. Appaiono invece più deboli nella resa grafica finale senza troppo rispetto dei volumi, tipico della scuola americana. Alcune difficoltà si denotano anche per le scene in campo aperto, seppur colmate da fondali e giochi di luce davvero notevoli.
Le scene d’azione toccano il punto più alto nel duello finale tra Belmont e Alucard. Facile ipotizzare che proprio all’ultimo episodio sia stato destinato buona parte del budget. Per il resto non assistiamo a momenti di grande esaltazione, ma le movenze e le armi usate, in un’ottica fanservice, piacciono e convincono.
I dialoghi sono una parte integrante dello show, significativi e decisivi, anche se talvolta ridondanti.
Il versante tecnico di Castlevania ci consegna alcuni interrogativi. Elementi che vanno letti in un quadro complessivo più ampio.
Quello di Netflix deve infatti essere interpretato come un tentativo. La scelta di puntare su soli quattro episodi è subordinata all’impegno di un budget stabilito, nell’intenzione di testare il polso del pubblico.
La prima stagione di Castlevania, nella sua totalità, è al pari di un pilot.
Un pilot che, seppur attraverso qualche criticità, ha ottenuto ottimi risultati, conseguendo l’immediata conferma per una seconda stagione. Convincendo una platea composta non soltanto dal fandom esigente della saga, ma anche da serial addicted in cerca di nuove emozioni.
Sorge allora spontaneo pensare che, a fronte di questo successo, in vista della seconda stagione ci sarà un intervento ancor più corposo e maggiori investimenti ad alzare del tasso qualitativo.
Castlevania si caratterizza per essere un prodotto precoce. L’eredità di un nome importante. L’impegno di maturare in un percorso diverso, seriale. Un prodotto che si segnala come differente nel ventaglio attuale. Non ci resta che attendere fiduciosi la seconda stagione.