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Siamo stati all’anteprima Catch-22, la nuova serie di George Clooney

Catch-22
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Qualche giorno fa siamo stati invitati all’anteprima assoluta della nuova serie diretta, prodotta e interpretata da George Clooney, Catch-22. Abbiamo avuto modo di confrontarci con l’attore americano e trarre tanti spunti di lettura.


Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l’umoristico

Luigi Pirandello

Quando Giancarlo Giannini, durante la conferenza stampa post anteprima di Catch-22, suggerisce, neanche troppo ironicamente, di voler vedere Clooney in politica come presidente degli Stati Uniti capiamo immediatamente cosa intenda. Lo abbiamo inteso durante la proiezione e poco dopo, quando la star americana si è presentata e ci ha esposto la sua idea di serialità.

George Clooney non è il semplice attore da blockbuster.

Appare quasi più come uno scrittore mancato con una personalità strabordante e un’eleganza regale. Il tutto condito da un’ironia mai sboccata ma sempre misurata e pungente e, a tratti, vagamente malinconica. Quella di chi nell’umoristico coglie anche la tragedia del vivere.

Catch-22

Catch-22, forse più o al pari di altre sue opere (come Le idi di marzo), si presenta fin da subito come un suo manifesto programmatico. Perché il paradosso del comico e del tragico si fondono magnificamente regalando un’opera di assoluta originalità e profondità.

Si può trattare il tema della guerra fondendo ironia e dramma? Joseph Heller, autore del romanzo da cui Catch-22 prende spunto, lo credeva possibile. George Clooney amorevolmente riattualizza la proposta e lo fa con una maturità registica straordinaria.

Per Pirandello l’umorismo non è che del comico il sentimento del contrario.

La percezione dell’orrore che si nasconde dietro ciò che appare buffo. Dietro, per esempio, un uomo, John Yossarian, che finge di essere pazzo per essere esentato dal servizio militare. Ma, paradossalmente, dimostra di non esserlo proprio volendo abbandonare la guerra.

Ecco la tragica ironia, ecco il comico che si fonde al dramma. Perché nel buffo, in un uomo che vaga nudo per un campo militare, c’è comicità. Ma se analizziamo i perché di quel comportamento ne cogliamo, infine, tutta la tragicità. Yossarian finge di essere pazzo e forse è il meno pazzo di un gruppo di esaltati, maniacali, sadici ingranaggi dell’apparato militare.

Tra di essi il tenente Scheisskopf, interpretato dallo stesso George Clooney, macchiettistico eppure anch’egli, c’è da crederlo, assurdamente condannato in quel suo ruolo. È la follia della guerra, ci dicono Heller e Clooney. Il lato grottesco della morte.

Catch-22 non è, però, una serie sulla guerra.

Il nemico è un ombra, un fantasma. Non appare mai. Come afferma il protagonista, “I tedeschi non ci sono“. Ci sono invece la morte e l’illogica fragilità di una vita umana recisa all’improvviso. Ci si può affidare solo alla sorte, a un misterioso destino che decide al posto tuo.

Catch-22

Yossarian non è pazzo ma finisce per diventarlo. Davanti all’orrore, davanti all’insensatezza della guerra, dell’uomo che si scaglia contro un altro uomo, il protagonista di Catch-22 perde la testa. In questo eterno balletto di paradossi è facile cogliere il riflesso dell’asfissiante e mortifera aura dei romanzi di Kafka. Di quel surreale e imperscrutabile destino umano che, senza ragione alcuna, condanna il proprio protagonista.

Yossarian avrebbe meritato il congedo ma le missioni da compiere per ottenere l’agognato ritorno a casa vengono aumentate di volta in volta. Bussa costantemente alla tenda dei suoi superiori come K., protagonista del romanzo Il Castello di Franz Kafka. Bussa e non ottiene risposta.

Non si parla di guerra in Catch-22 se non come forma estrema e iperbolica del reale.

Di quel reale che, per usare le parole della scrittrice Mary McCarthy “È pornografia“. Perché nessuno dovrebbe assistervi, nessuno dovrebbe constatare l’assurda concretezza di tale reale, tragico e buffo nel contempo.

Catch-22

La morte, come la guerra, ci ricordano Clooney, Heller e Kafka, non è arte. Non c’è bellezza estatica, trionfale eroismo e glorioso trapasso: c’è solo la pornografia di chi osserva il disgustoso non senso dell’esistenza che viene messo a nudo. La morte improvvisa, imprevedibile e del tutto casuale. L’ironia beffarda di un uomo che più tenta di essere libero, più finisce per essere claustrofobicamente prigioniero della propria sorte.

Catch-22 non è un drama, non è una comedy. È qualcosa di totalmente nuovo nella serialità. È il grottesco che trova rappresentazione nell’assurda realtà di una guerra eterna che sceglie le proprie vittime con sadica casualità. Il paradosso della guerra e di chi, facendosene portavoce, condanna l’uomo a perpetrare l’orrore più disumano.

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