Ci eravamo lasciati con la recensione del primo episodio di Chernobyl (eccola qui). La 1×02, trasmessa lunedì sera da Sky Atlantic, è il racconto puntuale e a tratti straziante delle trentasei ore successive all’esplosione del reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl.
Il titolo (Please remain calm) fa riferimento alle procedure di evacuazione della città di Pryp”jat’, iniziate nel pomeriggio del 27 aprile. Ma l’episodio si apre in Bielorussia, nel Dipartimento per l’energia nucleare di Minsk. In queste battute iniziali facciamo la conoscenza di Ulana Khomyuk: una scienziata che da subito sembra aver compreso l’entità dei danni che la popolazione dell’Europa dell’Est si appresta a subire.
A differenza degli altri protagonisti della miniserie HBO, il personaggio di Ulana non è realmente esistito. È stato creato per omaggiare le decine di scienziati che hanno lavorato strenuamente al fianco di Legasov per limitare le conseguenze (già gravissime) dell’esplosione. Da subito infatti, si intuisce l’importanza che questo personaggio avrà negli sviluppi della vicenda.
Ulana Khomyuk si presenta subito come uno dei personaggi chiave dello show.
È una scienziata estremamente competente e coraggiosa, con un carattere indomito e una spiccata propensione per la ricerca della verità. L’intensa performance di Emily Watson nei suoi panni riesce a racchiudere in modo equilibrato tutte queste caratteristiche appartenenti agli scienziati che il suo personaggio è nato per omaggiare.
Mentre la centrale nucleare Vladimir L. Lenin continuava a sprigionare fumi radioattivi e l’aria ionizzata brillava per le radiazioni, assistiamo agli attimi più concitati dell’episodio. L’ospedale di Pryp”jat’, che da lì a poche ore sarebbe stato evacuato, iniziava ad accogliere i feriti, Vasily Ignatenko e gli altri pompieri ustionati insieme agli operatori dello stabilimento nucleare. Il tutto mentre fuori i loro cari si affollavano cercando delle risposte.
Curare questi pazienti come fossero comuni vittime di bruciature non era possibile.
Ogni capo indossato da ciascun ferito era estremamente radioattivo e persisteva nella sua silenziosa opera di sterminio. Rivediamo l’infermiera che nel pilot aveva richiesto compresse di iodio perché sospettava che i cittadini fossero esposti a forti radiazioni. È lei che in questo secondo episodio invita il personale medico a gettare nel seminterrato dell’ospedale gli abiti e le divise indossate dai feriti più gravi.
Ancora oggi, a 33 anni di distanza, quel seminterrato è considerato il luogo più radioattivo di Chernobyl.
Per questa ragione l’inquadratura fissa sul viavai di infermiere che si affrettavano ad ammucchiare quegli indumenti mortali nello scantinato, a mani nude e senza prendere precauzioni, è raggelante. L’ordine di evacuare la città infatti non era ancora pervenuto, nonostante Pryp”jat’ si trovasse a soli tre chilometri dalla centrale fumante.
All’inizio del secondo episodio di Chernobyl è ancora la negazione a farla da padrone. Ma sembra una negazione dettata dall’incredulità.
Come può esplodere un reattore RBMK?
È questa la domanda alla quale apparentemente nessuno riesce a rispondere. Nemmeno Valery Legasov. Questa negazione è perfettamente rappresentata, nella prima metà dell’episodio, da Boris Shcherbina (brillantemente interpretato da Stellan Skarsgård). In quel 1986 tristemente passato alla storia, Shcherbina era Vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Capo dell’Ufficio per il combustibile e l’energia.
Una peculiarità strutturale di quel tipo di reattore (presente in altri sedici stabilimenti nucleari in Ucraina) sembra rendere impossibile l’esposizione del nocciolo. Ma il doloroso senno del poi dello spettatore suggerisce che purtroppo la realtà dei fatti a volte può superare l’immaginazione.
Così Dyatlov continua a sembrare il colpevole perfetto. Anche quando è evidente che debba esserci altro a monte del disastro nucleare più grande della storia. Sarà Legasov a persuadere Shcherbina sull’esplosione del nocciolo, consumando una sigaretta dietro l’altra. La decisione di evacuare la città era ancora considerata l’estrema ratio durante la ricerca del sistema migliore per spegnere l’incendio. Nonostante a pochi chilometri da quei ragazzi che uscivano da scuola e quelle mamme a passeggio con i propri bambini si stesse consumando un disastro di portata mondiale.
Solo quando la Svezia annuncerà al mondo intero di aver rilevato radiazioni provenienti da Chernobyl, infatti, si arriverà all’ordine di prelevare i cittadini dalle proprie case.
Uno dei momenti più significativi di tutto l’episodio è la fedele riproduzione del reale comunicato emanato dai telegiornali sovietici il 27 aprile 1986.
Un messaggio della durata di DICIOTTO SECONDI pronunciato con voce asettica da una giornalista che sembrava stesse annunciando i numeri della lotteria.
Le scene dedicate alle procedure di evacuazione, nel secondo episodio di Chernobyl, lasciano senza parole. Mentre un altoparlante con voce femminile spiegava ai residenti di Pryp”jat’ che a causa dell’incendio avrebbero dovuto lasciare le loro case per qualche giorno, centinaia di autobus vuoti sfrecciavano sulla strada per la città. Pronti a portare con sé decine di migliaia di persone costrette a salutare la vita come la conoscevano, senza saperlo, per sempre.
La 1×02 di Chernobyl si è chiusa con il gesto eroico di tre volontari, scesi sotto la centrale per evitare un’apocalisse radioattiva. Una scena che lascia allo spettatore una profonda tensione e un senso di inquietudine incontrollabile. Esattamente come quella che ripercorre il tragico epilogo della spedizione di uno degli elicotteri in volo sulla centrale per spegnere l’incendio.
Si tratta di avvenimenti che non sono frutto di una fervida immaginazione o di un terribile incubo. È proprio la consapevolezza che ciascuna di queste orribili vicende è realmente accaduta a togliere il fiato. A prendere lo stomaco di chi guarda e contorcerlo.