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Le 8 intelligenze artificiali più affascinanti del mondo del cinema

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Il cinema ha sempre rappresentato un luogo privilegiato per disegnare il futuro. La potenza del grande schermo, unita a quella dell’immaginazione, ha permesso a moltissimi cineasti di scandagliare le infinite potenzialità dell’avvenire umano, delineando scenari futuristici, tanto affascinanti quanto inquietanti, che hanno molto spesso generato parecchio dibattito. Il terreno ideale per narrazioni di questo tipo è chiaramente la fantascienza, uno dei generi caposaldi del cinema. E tra le varie tematiche affrontate da questo filone, una delle più affascinanti è proprio la trattazione delle intelligenze artificiali. Questo è un topic storico nel cinema di fantascienza. Già nel 1968 Stanley Kubrick, nel suo capolavoro 2001: Odissea nello spazio, ha delineato uno dei grandi modelli in questo, HAL 9000. Col passare degli anni l’interesse per le IA si è fatto sempre più intenso, di pari passo anche con i progressi tecnologici che hanno sempre più assottigliato il confine tra realtà e finzione narrativa.

Così le IA si sono moltiplicate e hanno preso a frequentare abitualmente tanto il cinema di fantascienza quanto il dibattito sui social. Oggi abbiamo molte nozioni su questa tematica. L’intelligenza artificiale è un tema noto, ma non per questo meno affascinante. Questa familiarità è sicuramente da ricondurre, oltre che dal citato avanzamento tecnologico, anche dal lavoro fatto proprio dal cinema, che tramite rappresentazioni iconiche ha portato alla ribalta diverse IA, che hanno stimolato l’attenzione del pubblico e, per certi versi, anche orientato il giudizio sul tema. Andiamo, dunque, a scoprire quelle che sono le 8 intelligenze artificiali più affascinanti del mondo del cinema. Un viaggio attraverso orizzonti concettuali, sogni e timori che la fantascienza ha saputo esprimere con una cura incredibile. Se siete interessati ad approfondire il genere, vi proponiamo anche una classifica di serie tv e una di film con titoli assolutamente da non perdere.

Blade Runner e l’esistenzialismo di Roy Batty, una delle più interessanti intelligenze artificiali al cinema

Roy Batty, una delle intelligenze artificali più interessanti del cinema, durante il suo celebre monologo sotto la pioggia

Servono decisamente poche parole per introdurre uno dei grandi classici del cinema. Blade Runner è oggi unanimemente riconosciuto come uno dei caposaldi della fantascienza. Un capolavoro assoluto, capace di segnare uno dei picchi del genere e di tracciare la strada per tutta la produzione avvenire. Il giudizio all’uscita del film di Ridley Scott, però, era molto più diviso, con forti critiche rivolte specialmente al ritmo del racconto. Il tempo ha riconosciuto l’immenso valore di Blade Runner, eternizzandolo ed elevandolo a vero e proprio mito della cultura contemporanea. E forse, l’immagine più famosa, e per certi versi rappresentativa, del film, è lo sguardo allucinato di Roy Batty, che dopo aver salvato Decker, gli pronuncia, sotto la pioggia battente le celebri parole: “Io ne ho viste cose che voi umani non potete immaginarvi”. E tutto ciò che segue.

Ecco, qui sta uno dei significati più profondi e affascinanti non solo del personaggio di Roy Betty, l’intelligenza artificiale che stiamo prendendo in considerazione, ma del film intero. Blade Runner racconta, in estrema sintesi, la caccia del poliziotto Decker a quattro replicanti fuggitivi. Questi sono degli androidi, concepiti per essere totalmente simili agli umani, che hanno intelletto e forza superiore a loro e sono atti a compiere i lavori più faticosi. Sei di loro, guidati proprio da Roy, fuggono dalla colonia dove lavorano, dirigendosi sulla Terra per raggiungere il loro creatore.

La vita è l’elemento centrale in Blade Runner. Il confine tra umani e replicanti si assottiglia proprio intorno al senso stesso dell’esistenza. Il monologo finale di Roy è solo il compimento di un percorso, atto a sottolineare come la vita, intesa come impulso a esistere e a carpire i misteri di questa esistenza, è uno slancio che travalica l’essere umano. Il fascino della figura di Roy, il più profondo e complesso dei replicanti, sta proprio nella sua consapevolezza di muoversi introno ai limiti stessi dell’esistenza, rappresentati da quella longevità limitata che gli androidi vogliono rimuovere.

Roy Batty non è una semplice intelligenza artificiale. La sua essenza, più che sul suo aspetto, trascende la macchina. L’androide arriva, infatti, a cogliere quel guizzo che rende umani gli umani. Che è l’autoconsapevolezza. Più umano dell’umano, questo è l’ideale che si rincorre costantemente in Blade Runner. Roy arriva a porsi delle domande su di sé. A carpire quei dilemmi esistenziali che trascendono la sua condizione di macchina. Di IA. Alla fine Roy non ha delle risposte. Come non ne abbiamo noi dopo la visione di Blade Runner. Il dilemma della vita rimane, giustamente, incompreso. Ma ciò che è certo è che l’umanità può spingersi oltre se stessa, come ha fatto con Roy Batty.

Un villain iconico: l’agente Smith in Matrix

Tra le intelligenze artificiali al cinema ci sono anche i villain, come l'agente Smith di Matrix

Impossibile non parlare di Matrix in un articolo dedicato alle intelligenze artificiali al cinema. Il capolavoro firmato dalle sorelle Wachowski (i dettagli della loro carriera) rappresenta non solo uno dei punti più alti del genere fantascientifico, ma del cinema in generale. Simulazioni, realtà controllate, futuri distopici, macchine senzienti. In Matrix confluiscono alcuni dei temi fondanti della fantascienza, portati però a un livello concettuale e analitico estremamente profondo. E chiaramente ampio spazio viene dedicato nel film anche alle intelligenze artificiali, presentate sotto una luce perfida e malvagia, ma destinate a un lavoro di analisi molto approfondito.

Uno dei personaggi centrali di Matrix è, infatti, l’agente Smith, interpretato da Hugo Weaving. Si tratta di un vero e proprio programma creato con lo scopo di tenere sotto controllo il Matrix, eliminando qualsiasi minaccia rivolta contro il sistema. Smith è presente nell’intera trilogia di Matrix, assumendo un ruolo sempre più centrale e fondamentale. La sua evoluzione è importantissima, procede con l’incedere della trama ed è strettamente connessa anche all’ideologia che soggiace il concetto stesso di intelligenza artificiale.

Sin dal primo capitolo della saga, Smith è ben più che una macchina senziente. Possiede capacità incredibili, tra cui la possibilità di spostarsi da un corpo all’altro, simbolo di una delle caratteristiche più riconoscibili delle IA: l’assenza di limiti spaziali. Queste capacità, però, sono dedicate allo scopo per cui sostanzialmente il programma è stato creato. Altri tratti caratteristici: la dipendenza e la predeterminazione. Tuttavia col tempo, come capita spesso alle intelligenze artificiali del cinema, Smith prende coscienza di sé e decide di scegliere da solo la propria strada. Il suo percorso evolutivo, come detto, è estremamente affascinante ed è teso ad annullare progressivamente il distacco che esiste tra gli umani e le macchine, andando a creare quel ponte che poi è la base della concezione delle intelligenze artificiali.

L’agente Smith è passato alla storia come uno dei villain più iconici della storia del cinema. D’altronde, come detto, il primo capitolo di Matrix resta ad oggi tra i punti più alti mai toccati sul grande schermo. Il ruolo del personaggio interpretato da Hugo Weaving non si limita però, anche solo nel primo film, a quello di semplice antagonista. La sua presenza in Matrix ha, invece, un’importanza concettuale fondamentale nel rappresentare la minaccia delle macchine e nel renderla allo stesso tempo più tremenda e affascinante. A mani basse, Smith è una delle intelligenze artificiali più suggestive mai concepite dal cinema.

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