L’amore e le intelligenze artificiali: Sam in Her
Il capolavoro firmato da Spike Jonze sceglie una prospettiva unica, e assolutamente interessantissima, per affrontare il tema delle intelligenze artificiali al cinema In Her viene raccontata la storia di Theodore, un uomo sull’orlo della depressione dopo la fine del suo matrimonio, che acquista un’intelligenza artificiale e comincia a confrontarsi quotidianamente con lei. Due sono le caratteristiche fondamentali di questa IA: l’incorporeità e la sua capacità evolutiva. Sam, questo è il nome che si dà l’intelligenza artificiale, è infatti un programma adattivo, capace di evolversi tramite le esperienze derivanti dall’interazione con gli umani. Così, Theodore e Sam, confrontandosi, crescono, si evolvono e si avvicinano, arrivando a instaurare una vera e propria relazione amorosa.
Il cuore di Her sta proprio in questa continua e profonda interazione tra Theodore e Sam, la quale possiede, ovviamente, enormi implicazioni. In primis, si annulla completamente il confine tra l’essere umano e l’intelligenza artificiale, arrivando addirittura a mettere in dubbio le fondamenta stessa della coscienza umana. Se si può arrivare ad aprirsi, a confidarsi, addirittura ad amare un programma, cosa finisce per distinguere gli esseri umani? La capacità di provare sentimenti è, tradizionalmente, un tratto distintivo degli uomini, insieme alla capacità di adattarsi al contesto sociale. Ma se tutte queste caratteristiche si possono riscontrare in un IA, allora cosa contraddistingue, realmente, l’umanità?
Il dibattito intorno all’umanizzazione dell’intelligenza artificiale non è mai stato caldo come con Her, proprio perché il film va a insistere su quelle che sono le più intrinseche peculiarità umane. Non solo potenzialità, però, ma anche limiti, perché il rapporto tra Theodore e Sam accoglie in se tutte le sfaccettature di una tipica relazione. Mostrando, in sostanza, come l’umanizzazione porti con sé tutte le caratteristiche, positive e negative, dell’essere umano. Ma se finiamo per umanizzarle, che senso hanno le intelligenze artificiali? Il film di Spike Jonze può anche finire per ribaltare completamente la prospettiva, mostrando come, nonostante le potenzialità infinite, in fin dei conti anche alla più potente IA mancherà un aspetto fondamentale: l’umanità.
Her porta il dibattito sull’intelligenza artificiale a un livello più intimo ed esistenziale. La contaminazione viscerale con l’umanità, incarnata dal legame tra Sam e Theodore, finisce per definire in maniera profonda il programma. L’amore, inteso non solo come passiona carnale ma come vero e proprio sentimento unico e totalizzante, è il polo intorno a cui ruota la narrazione. È ciò che, teoricamente, distingue gli umani dalle macchine. Ma proprio questa discriminante viene messa in discussione in Her, innescando la profondissima, e probabilmente impossibile, riflessione sull’umanizzazione dell’intelligenza artificiale.
Una delle più amate intelligenze artificali al cinema: TARS in Interstellar
Interstellar è uno dei più controversi e magistrali capolavori della fantascienza. Finito spesso sul banco degli imputati, come altre pellicole di Cristopher Nolan (qui trovate la classifica dei film del regista), per i suoi fondamenti scientifici – in realtà molto più accurati di quanto si pensa comunemente – Interstellar è in realtà un’opera che trascende i confini stessi della fantascienza, facendosi pura filosofia. Al centro del racconto c’è il viaggio intergalattico di Joseph Cooper, un ex pilota che in un mondo che ha ormai abbandonato ogni forma di progresso scientifico dopo una terribile carestia, s’imbatte seguendo dei misteriosi indizi lasciati dalla sua libreria, in ciò che segretamente resta della NASA. Un viaggio che costringe Cooper ad abbandonare la sua famiglia. Specialmente sua figlia Murph, che per tutta la vita attende con trepidazione il promesso ritorno del padre.
Interstellar è un’opera immensa, che gioca col tempo e coi rapporti umani. È un’opera che, come detto, va oltre i confini del proprio genere, con un apparato concettuale estremamente pronunciato e riflessioni esistenziali capaci di arrivare a una profondità unica. Il film di Nolan, tuttavia, rimane anche un fiero rappresentante del genere fantascientifico, le cui direttrici rimangono vive per tutta la narrazione. Tra gli elementi più interessanti, in tal senso, c’è lo sviluppo di TARS, intelligenza artificiale che accompagna Cooper e il resto dell’equipaggio nel viaggio alla ricerca di una nuova casa per l’umanità.
TARS incarna un’accezione estremamente tradizionale del concetto di intelligenza artificiale. Ha le sembianze di un robot, con un aspetto molto basico, che rimanda al celebre monolite di 2001: Odissea nello spazio. Un omaggio vivo, tanto che in diversi punti il film di Nolan è stato accostato al capolavoro di Stanley Kubrick. TARS, però, è anche ispirato alla celebre macchina di Alan Turing, divenuta col tempo un simbolo della riflessione esistenziale sulle intelligenze artificiali. Possono, queste, arrivare a ragionare autonomamente e sviluppare una coscienza come quella degli umani? Interstellar non prova a rispondere a questo quesito esistenziale, ma è evidente che la progettazione di TARS, con questi due grandi riferimenti, miri a sollecitare proprio questo dibattito.
TARS è in effetti un IA con un aspetto completamente robotico, ma con dei tratti umani innestati. Su tutti il peculiare umorismo, uno dei tipici tratti distintivi dell’umanità, come l’empatia o l’amore, che spesso non vengono compresi dalle IA. TARS si avvicina agli uomini, entra in contatto con loro, si sacrifica per la missione. Eppure rimane, a prima vista, un robot. Metà entità superiore, metà macchina. Metà 2001: Odissea nello spazio e metà macchina di Turing. TARS è, come tutto in Interstellar, concettualmente molto più complesso di quanto sembra. Pura filosofia declinata in chiave fantascientifica.