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10 film che si sono distinti per un significativo virtuosismo scenografico

licorice pizza
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Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in su Licorice Pizza, La finestra sul cortile, Hugo Cabret, The Hateful Eight, La La Land, Grand Budapest Hotel, La Grande Bellezza, Il Signore degli Anelli, Inside Out, Jojo Rabbit

Amanti del cinema e non, la scenografia conquista tutti. Spesso nemmeno sappiamo che è proprio la narrazione scenografica ad attirare la nostra attenzione, distratti come siamo dalla trama del film. Eppure senza il lavoro sull’atmosfera, sullo sfondo, sulle rappresentazioni architettoniche, nessun film sarebbe lo stesso. La storia del cinema ci insegna che la scenografia fa da sfondo alla narrazione principale ma che allo stesso tempo può essere un’arma potentissima grazie alla quale lo spettatore può venire ammaliato. Andiamo a vedere 10 dei film più significativi e innovatori in questo senso, partendo dall’apripista per arrivare al nuovissimo Licorice Pizza. E dei registi che più di tutti si sono distinti per la loro capacità di destreggiarsi in questa nobile arte, tanto da poterli definire virtuosi.

1. La finestra sul cortile- Alfred Hitchcock

Non ha bisogno di presentazioni, Alfred Hitchcock è il maestro del cinema. Non bisogna essere uno studioso o un esperto del grande schermo per conoscere i suoi capolavori. E anche se non si conoscono nel dettaglio e se addirittura non si conoscono affatto, va compreso come la gran parte dei film che vediamo oggi (di ogni tipo) hanno avuto come base d’appoggio la scuola di Hitchcock. La finestra sul cortile (Rear Window, film del 1954), in quest’ottica è forse l’esempio più lampante di come gli eredi abbiano imparato ogni regola dal maestro inglese. Apripista di un certo modo di fare scenografia, La finestra sul cortile dimostra come guardare non sia solo un mero atto umano, ma talvolta un’azione sovversiva che spinge l’uomo ad essere, nello stesso momento, osservatore e osservato. La grandezza del maestro e del suo studio scenografico si colgono soprattutto nella composizione del set: la maggior parte del film è ambientato sul cortile che il protagonista Jeff osserva durante le sue giornate monotone. Il genio di Hitchcock in questo caso sta nel saper creare un intero immaginario con un unico punto di vista e un unico spazio entro cui farlo rientrare. Il cortile diventa il vero protagonista della storia e i suoi abitanti vivono il set come fossero in simbiosi con esso. Ed è in questo set unico nel suo genere che le varie finestre creano a loro volta degli schermi dentro cui guardare, insieme a Jeff, le vite degli inquilini. Hitchcock riesce ad orientare l’occhio dello spettatore, in concomitanza con quello del protagonista, su un quadro fatto di dettagli precisi che permettono di guardare l’intero film come un’unica grande opera scenografica.

la finestra sul cortile

2. Hugo Cabret- Martin Scorsese

Partiamo dal principio: George Melies ha per certi versi inventato la scenografia, costruendosi da solo sfondi e attrezzi per creare delle atmosfere da sogno nei suoi film. Viaggio sulla Luna è forse la più strana delle esperienze cinematografiche che chiunque possa fare. Martin Scorsese con Hugo Cabret (film del 2012) ripercorre la storia di questo immenso genio e lo fa omaggiandolo con la sua stessa arte: la scenografia. La costruzione di Parigi, dell’orologio dentro cui Hugo vive, della neve che ci dona calore accostata al freddo interno della ferrovia. Un gioco prospettico e non solo, accompagna le avventure di Hugo alla scoperta di se stesso attraverso scenari spettacolari che lo aiutano a definirsi come persona. Dante Ferretti e Francesca Loschiavo, scenografi del film, utilizzano un modo unico di costruire l’ambientazione che definisce Hugo Cabret: fanno sì che tutto sia in movimento proprio come le macchine e gli orologi a cui il protagonista è tanto affezionato. I due scenografi fanno un lavoro, insieme al regista americano, sulla nostalgia romantica di un cinema meccanico ma allo stesso tempo tecnico e preciso. Attraverso i molti oggetti di scena, la scenografia di Hugo Cabret prende vita insieme ai personaggi e si rende complice di ricordo che fa tornare tutti bambini. È insomma un grande omaggio al cinema e allo stesso tempo un monito per tutti: non scordarsi mai di sognare ad occhi aperti.

hugo cabret

3. The Hateful Eight- Quentin Tarantino

The Hateful Eight (2015), di Quentin Tarantino, merita il suo spazio nel discorso sulla scenografia. In linea con tutta la sua filmografia, The Hateful Eight è forse il film che più di tutti ha convinto in merito alla costruzione scenografica. Il bianco della neve che permane per gran parte del film fin quasi a diventarne una protagonista, prende spesso il sopravvento sulle azioni dei personaggi e il più delle volte assume un ruolo fondamentale proprio in esse. Il lavoro che Tarantino fa sui 70mm (che il regista americano, da buon cinefilo, conosce come segno distintivo dei classici western) è incredibile: dimostra come l’elemento della scenografia possa essere fondamentale nello svolgimento della storia. ciò che più di tutto colpisce dello studio scenografico di Rosemary Brandenburg (scenografa del film) è che si delinea quasi interamente in uno spazio chiuso, che è la baita sperduta nella neve. Questo luogo a tratti claustrofobico e chiuso creano un’illusione particolare che ci fa pensare immediatamente ad un ambiente teatrale. E quello che più di tutto sembra incredibile è che la scenografia è studiata per creare un contrasto molto netto tra le scene in esterno, caratterizzate da campi lunghi e spazi molto aperti, e le scene in interno, delineate da inquadrature angolari che creano disagio e oppressione. E allora il virtuosismo di cui tutti sappiamo Tarantino capace, in questo film sembra particolarmente sottolineato da una scenografia curata nel dettaglio.

4. La La Land- Damien Chazelle

I musical non deludono mai, soprattutto quando si tratta di sognare scenari straordinari. La La Land unisce una fotografia magistrale ad ambientazioni oniriche che conquistano al primo sguardo. I colori, nel musical di Damien Chazelle, sembrano prendere vita attraverso giochi scenografici che portano lo spettatore a sognare ad occhi aperti. La parte più interessante di La La Land a livello scenografico è sicuramente affidata alle enormi coreografie corali (come quella iniziale sulle note di Another day of sun) che inglobano l’intera città e che la rendono una vera e propria protagonista. Chazelle sceglie di utilizzare Los Angeles in tutte le sue sfaccettature, dai parchi alle strade, dagli studios ai bar. La La Land ci restituisce un sogno scenografico talmente lontano da sentirlo assolutamente nostro. David Wasco cura la scenografia con dolcezza e semplicità rendendola parte integrante della trama: i richiami alla cultura popolare americana e mondiale, l’esaltazione della città attraverso le sue luci e le sue ombre, l’accostamento a immaginari onirici come quello di Parigi, sono tutti elementi che portano la scenografia di La la land a vincere l’Oscar per la miglior scenografia nel 2017.

la la land

5. Grand Budapest Hotel- Wes Anderson

Cosa dire sulla scenografia di Wes Anderson? Chiunque abbia visto uno dei suoi film capisce al primo colpo d’occhio che il virtuosismo scenografico è un po’ la firma d’autore di Anderson. Le simmetrie sono ovviamente un cavallo di battaglia per il regista danese. Simmetrie che restituiscono allo spettatore una sensazione di conforto e allo stesso tempo di disagio. Se ha fatto della scenografia simmetrica un punto fermo della sua carriera è anche grazie al film che forse più di tutti ha confermato la sua cifra stilistica. Grand Budapest Hotel sbalordisce con la vividezza dei suoi colori e con la grandiosità dei paesaggi non particolarmente riconoscibili a livello geografico, ma poco importa l’ubicazione quando a tenerci incollati è l’accuratezza della scenografia. Anderson sa sicuramente come lasciare a bocca aperta il suo spettatore e in Grand Budapest Hotel utilizza tutti gli elementi scenografici che ha a disposizione per portare a termine il suo intento. Non a caso, l’hotel protagonista del film è rimasto iconico nelle nostre menti. E insieme a lui i suoi colori: Wea Anderson utilizza la palette di colori in un modo sapientemente studiato, definendo così uno stile legato all’umore e al gusto vintage. Il film ha due tipi di scenografie che seguono due momenti diversi della storia. Se inizialmente i colori sono vividi e vivaci, sui toni del rosse e del rosa, in un secondo momento tutto diventa più retrò e cade nei toni del beige. Grand Budapest Hotel, film del 2014, restituisce un’immagine scenografica che rimane impressa.

grand budapest hotel

6. La Grande Bellezza – Paolo Sorrentino

È quasi un obbligo inserire a questo punto un regista italiano che ha fatto la storia dell’arte scenografica, Paolo Sorrentino. La grande bellezza, premio Oscar nel 2014 come miglior film in lingua straniera, è un film su Roma e come tale, la omaggia e la distrugge. Paolo Sorrentino sa magistralmente orchestrare i suoi personaggi in ambientazioni meravigliose e allo stesso tempo mistiche, paurose. La grande bellezza ci restituisce uno sguardo sulla capitale che nessuno aveva mai avuto il coraggio di mettere in scena: sensazionale e terribile. La Fontana dell’Acqua Paola diventa una prigione, la cupola di San Pietro diventa una minaccia e le terrazze romane diventano dei patiboli. Il virtuosismo di Sorrentino ci ricorda Fellini, ma con maggiore cinismo. La scenografa Ludovica Ferrario è riuscita a creare delle simmetrie architettoniche incredibili, sfruttando soprattutto il materiale di base dei monumenti romani. Partendo da un’opera d’arte è andata a crearne un’altra esaltando quella di partenza. La grandiosità del film gira intorno alla sua scenografia, che trasporta l’occhio dello spettatore in un sogno terribile e affascinante. E questo è sicuramente un film per il quale si può parlare di virtuosismo in quanto lo studio di Sorrentino si basa proprio sul gioco tra vizi e virtù della capitale e la scenografia di Ludovica Ferrario non fa altro che assecondare questo tipo di lettura. La grande bellezza è un capolavoro di scenografia che ha la potenzialità di rimanere immortale.

7. Il Signore degli Anelli – Peter Jackson

Peter Jackson fa il colpaccio: prende una storia fantasy, la adatta ad una landa desolata e sperduta nei meandri della Nuova Zelanda, condisce il tutto con un’arte manufatturiera da far spavento e crea Il signore degli anelli, film del 2000, cult di una generazione intera. Sì perché La compagnia dell’anello, primo capitolo della saga, ci dimostra come anche i film fantasy (prima di allora considerati quasi di serie b) possano essere prodotti di qualità. I paesaggi in cui vivono i protagonisti sono talmente semplici da risultare magnifici. Le colline dentro cui gli hobbit si muovono non rappresentano altro che il nido di casa, la sicurezza del ritorno. Per non parlare dello straordinario lavoro che Jackson e il suo team fanno sulla costruzione di interi castelli, torri, modellini di mostri. Solo per il primo film ci sono voluti circa 4 anni per ultimare tutte le costruzioni in scala che servivano per la scenografia. Ma ciò che rende Il Signore degli Anelli un capolavoro di scenografia è il lavoro che Alan Lee (scenografo della trilogia) fa sulla costruzione di un mondo vero e proprio. Quando si guarda Il signore degli Anelli si entra in un viaggio che non ci si aspetta e si esce completamente innamorati non solo dei personaggi ma anche e soprattutto dei paesaggi. Se la nostra analisi è partita da un regista come Hitchcock che amava lo spazio unico e circostanziato, con Il SIgnore degli Anelli la scenografia prende un’altra strada e si dirige in lande sperdute e aperte, dove sembra possibile respirare e vivere delle avventure incredibili. Insomma, Il signore degli anelli ci insegna che una storia non deve essere vera per risultare veritiera.

il signore degli anelli

8. Licorice Pizza- Paul Thomas Anderson

Sì, forse a primo impatto non direste mai che Licorice Pizza, ultima fatica di Paul Thomas Anderson uscito nel 2022, meriti un posto in una lista in cui si parla di virtuosismi scenografici. Eppure, a ben guardare Licorice Pizza è forse uno dei film più recenti in cui la scenografia è particolarmente originale. La descrizione scenografica delle strade definisce i personaggi e i colori, a tratti sbiaditi, che delineano l’intero film restituiscono un’atmosfera particolare che ci spinge a volerne sapere di più; proprio come succede ai protagonisti nelle vicende del film. Licorice Pizza lascia lo spettatore quasi confuso dal caos che spesso si crea nell’intreccio tra i personaggi e i continui cambiamenti scenografici ma allo stesso tempo è un film che conquista proprio grazie alla sua varietà. Licorice Pizza riesce a creare un’atmosfera magica e reale nello stesso momento e Paul Thomas Anderson vince grazie alla sua versatilità. Con un gusto retrò che ci rimanda immediatamente agli anni Settanta (epoca in cui è ambientato il film), il regista crea la scenografia di Licorice Pizza sulla base dei colori e della rincorsa continua: i due protagonisti sono costantemente in movimento e i colori che li circondano creano una sensazione di viaggio nel tempo. Sembra che la scenografia di Licorice Pizza voglia farci amare ed odiare nello stesso momento gli ambienti in cui si muove, creando una particolare sensazione di smarrimento. Sensazione che i protagonisti provano spesso nel film. Inoltre il tuffo nel passato che Paul Thomas Anderson permette di fare restituisce un immaginario collettivo degli anni Settanta fatto di flipper, sale giochi, case coloratissime e vestiti pazzeschi. Licorice Pizza riesce, con la sua semplicità e la sua dinamicità, a far comprendere a chiunque la la crisi adolescenziale, in qualsiasi epoca e in qualsiasi parte del mondo.

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9. Inside out- Disney Pixar

È giusto inserire un esempio di scenografia animata, soprattutto se il cartone in questione è Inside Out e soprattutto se la casa animatrice in questione è la Pixar. Può non sembrare scontato ma Inside Out è un ottimo esempio di come la scenografia abbia una rilevanza fondamentale nel cinema, ad un livello inconscio. Quando Ralph Eggleston, scenografo del film, crea il tunnel del pensiero astratto fa ripercorrere ai protagonisti tutte le fasi del loro inconscio attraverso delle rappresentazioni di forme e colori che creano una strana e magica sensazione. Il lavoro della Pixar sulla scenografia di Inside Out realizza i sogni dei bambini ma insegna anche loro come il pensiero che si ha del proprio essere sia fondamentale per crescere. Soprattutto Eggleston lavora su una scenografia che va oltre la concezione che ne abbiamo solitamente e crea un parallelo tra la scenografia del film e la scenografia del nostro cervello. Se col tunnel del pensiero astratto vuole giocare sulle sensazioni dei personaggi in relazione alla storia, da un altro punto di vista con le isole mentali vuole ricreare un ambiente vero e proprio per dare forma e immagine alla nostra mente. La scenografia perciò, in Inside Out, non è solo quella tecnica (che pure è grandiosa) ma è soprattutto quella immaginifica, che percepiamo solo analizzando il film e che non sappiamo esistere finché non ci rendiamo conto di cosa stiamo vedendo.

inside out

10. Jojo Rabbit- Taika Waititi

Ultimo ma non certo per importanza, un regista che non direste mai possa rientrare in questa lista. Eppure, Taika Waititi (ai più conosciuto per la regia di Thor) realizza un film come Jojo Rabbit ( premio Oscar nel 2020) dalla scenografia dolce e armoniosa che rende il film un piccolo gioiello. L’astuzia di Waititi è stata quella di affiancare ad un tema così grande e complesso come è quello del film, una scenografia leggera, che non prendesse il sopravvento sulla storia e che lasciasse libero respiro ai protagonisti ma anche allo spettatore. Le ambientazioni sono fuori da uno spazio geografico definito. Sappiamo di essere in Germania ovviamente e sappiamo di essere nel periodo del regime fascista del Terzo Reich. Ciò che non sappiamo è dove vive JoJo con sua madre o dove Elsa debba incontrare il suo innamorato. Ciò che è certo è che tutto questo non ci sembra importante. Nora Sopková, scenografa del film, lavora su ciò che gli ambienti restituiscono e non sulla loro definizione geografica. I boschi, le vie del paesino di JoJo, gli interni delle case e soprattutto l’interno della mansarda dove si nasconde Elsa: i luoghi raccontano cosa si prova a viverli, le emozioni che i personaggi provano all’interno di essi. Tutto questo in una chiave molto semplice, molto dolce e genuina che va ad ammorbidire il tema principale del film e allo stesso tempo lo rende preponderante. E se è vero che less is more, Waititi centra il bersaglio e la scenografia di Jojo Rabbit conquista tutti con la sua semplicità.