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Nosferatu è un remake solido, ma manca la scintilla – La Recensione

La mano di Nosferatu sul volto di Ellen
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ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sul film Nosferatu di Robert Eggers

Avevamo davvero bisogno di un altro film su Dracula? Questa è probabilmente la domanda che ha accompagnato molti spettatori nella visione di Nosferatu. Per certi versi no, il celebre conte vampiro è uno dei personaggi più battuti della letteratura horror-gotica e di certo non mancano le sue interpretazioni sul grande e piccolo schermo. Per altri, però, sì, perché questo Nosferatu è un diretto remake del capolavoro del 1922 di Frederich Wilhelm Murnau, genio dell’espressionismo tedesco. Insomma, Robert Eggers, dopo il successo dei suoi The Witch, The Lightouse e The Northman, va a rimettere mano a un capolavoro del cinema, prendendosi una responsabilità bella grossa.

In linea di massima, possiamo dire che questo remake di Nosferatu è riuscito. Ed è un bene, perché permette di ridare lustro a un vero e proprio capolavoro del cinema. Ci sono diverse cose interessanti in questa nuova versione, ma soprattutto non si segnalano scivoloni. E anche questo è assolutamente un bene. Come vedremo subito, però, manca qualcosa alla pellicola di Eggers, forse proprio in relazione al suo celebre e ingombrante riferimento. Tutto sommato, comunque, Nosferatu non tradisce le aspettative, e ci regala una versione abbastanza classica del Conte Dracula, che magari non rimarrà nella storia, ma che di certo non ha sfigurato.

Nosferatu tra passato e presente

Partiamo proprio dall’accenno che abbiamo fatto poco fa. È chiaro che la visione del Nosferatu di Eggers susciti immediatamente un confronto con quello di Murnau. È inevitabile. Il regista sposa una linea di alta fedeltà al proprio modello, cercando di omaggiarlo e al contempo di fornire una narrazione moderna. L’obiettivo viene raggiunto solo parzialmente, perché questo Nosferatu dimostra una struttura solida, ma forse un po’ troppo rigida. Manca quella scintilla, come dicevamo nel titolo, probabilmente soffocata da un rigoroso rispetto del passato.

Abbiamo, dunque, una versione di Dracula che trascende la figura stessa del vampiro. Il Nosferatu di Eggers, così come quello di Murnau, è un essere che appartiene quasi a una dimensione superiore. Nella tradizione, la figura del vampiro ha ovviamente mantenuto sempre dei legami con il mondo sovrannaturale. Con gli inferi e il demonio. Tuttavia anche il legame con la dimensione terrena è sempre stato spiccato. Qui si affievolisce questo secondo elemento, per restituire una caratterizzazione ancora più mistica e oscura del leggendario Conte. Questa versione del personaggio finisce per orientare la narrazione, facendole assumere dei tratti distintivi, come l’oscurità e la dimensione onirica, che rappresentano la cifra, estetica e narrativa, del film.

Lily-Rose Depp in Nosferatu
Credits: Focus Features

La dominante oscurità di Nosferatu

Occupiamoci ora di questi due elementi caratterizzanti di Nosferatu. Partiamo dalla cifra estetica: l’oscurità. Il film di Eggers è più dark che horror, (qui trovate i migliori film del genere secondo IMDb) con la tensione che viene costruita dalle ombre, i suoni improvvisi e i lunghi silenzi. L’elemento gotico è quello dominante nel film, pure se si affievolisce nella seconda parte, quando l’atmosfera si fa molto meno sinistra. Questo succede pure perché si lascia l’ambientazione più riuscita del film, la tetra e gelida Transilvania, che tra la rude estraneità dei locali, la neve e l’inquietante castello del Conte trasmette un senso di tensione importante.

L’oscurità è ciò che caratterizza anche il protagonista Nosferatu. Fisicamente, perché raramente il vampiro si vede bene nel film (se non nel finale quando brucia). Pure concettualmente, perché la sua “identità” resta sempre vaga, svelata anch’essa, a grandi linee, solo verso il finale. Questo lavoro estetico volto a elevare l’elemento dark è notevole. Soprattutto nella prima parte, come detto, ma nella seconda la smorzata tensione estetica viene sostituita dalla crescente tensione narrativa, e tutto comunque fila liscio.

La dimensione onirica e l’occulto

La cifra narrativa di Nosferatu è, invece, la dimensione onirica. Anch’essa è retaggio della tradizione dei racconti sul Conte, e svolge un ruolo fondamentale perché costituisce il cuore dell’azione del vampiro. Il sogno fa da collegamento tra Nosferatu ed Ellen e rappresenta il primo luogo delle manifestazioni di Dracula. Data la sua centralità, la dimensione onirica finisce per caratterizzare l’intera narrazione, rendendo molti passaggi repentini e volutamente poco chiari. Stimolati proprio da questa atmosfera sognante che domina e rende il racconto fluido e meno strutturato.

Tanta attenzione viene data anche all’elemento dell’occulto, altro fattore di enorme fascino nelle storie di Dracula. Qui in Nosferatu questo tema si coniuga con le due chiavi di lettura del film: l’oscurità e il sogno. Questi elementi contribuiscono a creare una dimensione aliena e di repulsione, esaltata pure da altri fattori come l’aspetto ripugnante del conte o la lingua straniera che riecheggia spesso nel film. Tutti questi elementi, mescolati insieme, calano il racconto in un ambiente ostico, provando a restituire allo spettatore quel senso di smarrimento che si pensa si debba provare in presenza di un demonio come Nosferatu.

Willem Dafoe in Nosferatu
Credits: Focus Features

Il riscatto di Lily-Rose Depp e un cast che funziona benissimo

Particolare attenzione merita l’analisi della prova di Lily-Rose Depp, alla prova del riscatto dopo il fragoroso flop di The Idol. C’è da dire che la figlia d’arte, nel mezzo scempio firmato Sam Levinson, aveva comunque fatto intravedere delle ottime cose, per cui era interessante rivederla in azione dopo quell’esperienza altamente controverse. Qui la cornice è di tutt’altro livello, e valorizza finalmente Lily-Rose Depp, che fornisce una prova solidissima, capace di esaltare quella fisicità necessaria a far spiccare l’elemento della possessione.

Non fallisce la prova del riscatto, dunque, l’attrice, favorita anche da un cast eccezionale, che conta su nomi del calibro di Willem Defoe, Emma Corrin, Nicholas Hoult, Aaron Taylor-Johnson e il sempre inquietantissimo Bill Skarsgård, che dopo Pennywise veste i panni di un’altra icona del cinema horror. Il cast funziona benissimo, c’è poco da dire, e l’alto livello attoriale aiuta anche laddove la narrazione si fa un po’ più piatta.

Nosferatu è un buon remake, che sceglie di non rischiare

Arriviamo, dunque, al momento del giudizio finale su Nosferatu. Riallacciandoci a quanto detto in apertura, con l’aggiunta di tutti gli elementi di cui abbiamo parlato nel corpo della recensione, ripetiamo che siamo di fronte a un remake decisamente riuscito. Il film di Eggers mantiene una sua diffusa solidità, esaltando questi due-tre tratti distintivi e allontanandosi di rado dal sentiero già tracciato. Non si corrono grossi rischi, insomma, e questo porta alla mancanza di quella scintilla che dicevamo. Questo Nosferatu è privo di una sua precisa identità. Di un’anima completamente propria. Le mutua dal passato e dalla tradizione, andando quindi sul sicuro, ma senza riuscire ad affermarsi.

Per chi ama il genere Nosferatu è sicuramente un film godibilissimo. Ma pure per chi vuole avvicinarsi alla storia di Dracula (a proposito, qui potete trovare le migliori serie tv sui vampiri). Probabilmente non resterà nella storia, ma è un buonissimo remake. Che magari farà anche riscoprire l’originale di Murnau ad alcuni spettatori, e questo sarebbe sicuramente un elemento molto positivi. Ad ogni modo, uno dei film più attesi di questo inizio di 2025 non tradisce le attese, pur non superandole. In molti casi, però, va anche bene così.

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