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Le 5 scene più agghiaccianti di Cinque giorni al Memorial

Cinque giorni al Memorial
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ATTENZIONE: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su Cinque giorni al Memorial

L’ultimo gioiello di casa Apple TV+ è finalmente completo. La conclusione delle otto puntate è stata resa disponibile sulla piattaforma americana lo scorso 16 settembre 2022.
Il prodotto è davvero uno spettacolo che vale la pena vedere, soprattutto se si è appassionati di fatti reali. Cinque giorni al Memorial, infatti, racconta quanto accaduto all’interno del Memorial Hospital di New Orleans durante i giorni del passaggio dell’uragano Katrina sulla città.
La miniserie è tratta dall’omonimo libro del Premio Pulitzer Sheri Fink, giornalista investigativa del New York Times, adattata per lo schermo da John Ridley, vincitore di un premio Oscar per la sceneggiatura di 12 anni schiavo, e Carlton Cuse, vincitore di un Emmy come produttore di Lost, i quali sono anche registi delle otto puntate.

Per i ruoli principali sono stati scelti Vera Farmiga (The Conjuring e Tra le nuvole), Cherry Jones (24Succession e The Handmaid’s Tale), Robert Pine (NCIS e I CHiPS, la serie) e Cornelius Smith Jr (Scandal e Manhunt). Vera Farmiga e Cherry Jones, in particolare, hanno saputo dare ai loro personaggi un’impronta così convincente che una candidatura a qualche premio importante non stupirebbe nessuno. Del resto i prodotti Apple TV+ sono davvero di pregevole fattura.

La miniserie di casa Apple TV+ racconta una storia terrificante al cui interno se ne dipanano altre, altrettanto terribili. John Ridley e Carlton Cuse, nella doppia veste di sceneggiatori e registi, hanno avuto la grande capacità di raccontare senza giudizio un dramma spaventoso che ancora oggi, a distanza di oltre quindici anni, risulta non ancora del tutto superato.

All’interno delle otto puntate non c’è quasi mai un momento di respiro. L’angoscia e la paura di non farcela mordono il freno e le scene drammatiche si susseguono uno dietro l’altra senza tregua. Cinque, in particolar modo, sono particolarmente agghiaccianti. Ecco quali.

1) Gli affari sono pur sempre affari

Cinque giorni al Memorial (640×360)

Dallas. In un meraviglioso golf club. Un sole caldo, il cielo terso, l’aria cristallina. Tre uomini sono seduti a un tavolo mentre attorno a loro la vita scorre tranquilla, come sempre. L’uomo sistemato al centro sta parlando agli altri due, uno in particolare, spiegando i pregi di investire nell’azienda che rappresenta. L’uomo che parla ha la faccia pulita, da persona per bene. Gli altri due, uno in particolare, un po’ meno. Assomigliano di più a due squali della finanza. A un certo punto quello in particolare pone una domanda agghiacciante: “Katrina è un buon affare?“.

L’uragano Katrina ha appena sfogato la sua violenza inaudita su New Orleans, la quale dista da Dallas quasi mille chilometri. I danni prodotti dal cataclisma ammonteranno a oltre cento miliardi di dollari e quasi duemila saranno le vittime. Eppure, Katrina è un affare. Anzi: un buon affare.

2) Voci di corridoio

Cinque giorni al Memorial
Vera Farmiga (640×360)

Nel parcheggio del Memorial Hospital un’infermiera getta il mozzicone di una sigaretta nell’acqua. Poi torna verso l’ospedale camminando faticosamente nell’acqua alta. Uno degli addetti alla sicurezza, un omone grande e grosso armato di tutto punto e indossante un giubbotto antiproiettile l’avverte che nei paraggi sono stati visti alcuni ragazzi appartenenti a delle baby gang. L’infermiera è piuttosto sorpresa della cosa, dice all’uomo della sicurezza che non ha visto niente. Lui si raccomanda di fare attenzione. Molta attenzione.
La notizia passa di bocca in bocca attraversando tutto l’ospedale. Come un telefono senza fili impazzito comincia a ingigantirsi sempre di più tanto che, quando arriva alle orecchie di Susan Mulderick (Cherry Jones), la responsabile dell’ospedale, ha assunto proporzioni gigantesche e completamente fuori controllo. Un po’ come la piena del Mississippi che di lì a qualche ora precipiterà l’ospedale e i suoi occupanti nella tragedia più cupa.

Quando ormai l’uragano si era spostato la città di New Orleans venne presa d’assalto dai saccheggiatori. Ma non solo: i giornali riportavano notizie di sparatorie, omicidi e stupri. A distanza di anni dai fatti narrati nella miniserie inchieste di vari giornali nazionali hanno ridimensionato tali voci stabilendo che, a causa dell’impossibilità di avere informazioni dirette, i resoconti fossero stati esageratamente ingigantiti.

3) Animali da compagnia

Cinque giorni al Memorial
Uragano Katrina (640×360)

Anche se in tono minore in Cinque giorni al Memorial vengono raccontate non soltanto le vicende del personale medico e dei loro pazienti ma anche quelle della popolazione che trova rifugio all’interno dell’ospedale. Una delle prime immagini della miniserie evidenzia come tanti di questi sfollati abbiano portato con loro gli animali da compagnia: principalmente cani e gatti.
Quando arriva il momento di abbandonare l’ospedale occorre fare delle scelte, decisamente drammatiche, che non riguardano soltanto i pazienti ma anche gli animali che hanno trovato rifugio tra le mura del nosocomio, come in una novella Arca di Noé.

La questione degli animali da compagnia è una tragedia nella tragedia. All’indomani dell’inondazione da parte del Mississippi la PETA, People for the Ethical Treatment of Animals, la più autorevole associazione dei diritti degli animali, lanciò un allarme affinché le operazioni di salvataggio riguardassero anche gli animali da compagnia. L’associazione stimò che circa cinquantamila fossero le bestie intrappolate nelle case e in stato di abbandono. Anche la nostra ENPA, Ente Nazionale Protezione Animali, si interessò alla faccenda scrivendo una lettera di proteste all’ambasciata americana affinché gli animali non fossero ritenuti gli ultimi da salvare.

4) Arrivano i nostri

Cinque giorni al Memorial
Memorial Hospital (640×360)

Il quinto giorno arrivarono i soccorsi, quelli veri. Un uomo in divisa, con la camicia perfettamente pulita, parla con Susan Mulderick (Cherry Jones) dicendole che hanno poche ore per organizzare la partenza. Verranno a prenderli con delle barche e porteranno via tutti quelli che, all’ora prestabilita, saranno capaci di farcela. L’uomo è chiaro: i criteri di partenza dovranno favorire quelli più sani a discapito dei pazienti più mal ridotti.
Susan Mulderick ha uno scambio di battute con la dottoressa Anna Pou (Vera Farmiga). Le dice, chiaramente, che nessun paziente vivo verrà lasciato tra le mura del Memorial, poi comincia a organizzare l’abbandono del Memorial.
All’ora prestabilita arrivano le barche e l’uomo in divisa, con la camicia perfettamente pulita, fa il giro dell’ospedale insieme ai suoi sottoposti portandosi via tutti quelli che possono muoversi.
Una donna è costretta con la forza ad abbandonare la madre ormai in fin di vita. Gli uomini la sollevano di peso per portarla fuori dalla stanza e la donna, in lacrime, chiede di poterle dire addio. Inizialmente l’uomo in divisa, con la camicia perfettamente pulita, le nega questo momento. Poi, impietosito probabilmente, le concede pochi istanti.
Quando l’ultima barca ha lasciato l’ospedale l’uomo in divisa, con la camicia perfettamente pulita sentenzia: “andiamo. Chi è rimasto se la caverà da solo“.

Uno dei problemi affrontati nella miniserie di Apple Tv+ è certamente quello dei soccorsi inesistenti e della totale mancanza di governance. Dal sindaco di New Orleans fino all’allora Presidente G. W. Bush Jr, ogni gradino della scala di comando è stato fortemente criticato dall’opinione pubblica di allora.

5) Call Center

Cornelius Smith Jr (640×360)

A distanza di qualche tempo, quando ormai il fiume si è ritirato e l’uragano si è dissolto, alcuni membri del Memorial Hospital, tra i quali Susan Mulderick (Cherry Jones), sono convocati per adempiere a un terribile dovere: devono comunicare ai parenti il decesso dei loro cari.
La scena è agghiacciante. Una donna, inviata dagli uffici centrali della società proprietaria dell’ospedale, distribuisce ai membri dell’ospedale alcuni fogli sopra i quali sono abbozzate le risposte da dare ai parenti. Risposte standard, asettiche, che non danno approfondimenti e restano sul vago. Gli ordini sono chiari: la società non deve compromettersi per non rischiare di venire citata in giudizio.

Per intere settimane dopo la fine dell’emergenza legata alla calamità migliaia di persone non hanno saputo niente dei loro cari, dispersi durante l’alluvione. Nella miniserie, attraverso immagini reali di repertorio, viene mostrato il dolore di chi è vivo e non sa nulla di chi è scomparso, inghiottito dal fango o portato via dall’acqua del fiume.