ATTENZIONE: questo articolo contiene SPOILER su Cobra Kai.
Per molto tempo, nelle storie, il pubblico è sempre riuscito a identificare con facilità l'”eroe“. La maggior parte delle volte si trattava del protagonista, di colui o colei che con grande coraggio era disposto a mettere a rischio la propria individualità per salvare gli altri, per combattere contro ciò che veniva nettamente classificato come “male”. E se l’eroe si è sempre fatto portatore di nobili sentimenti ed emozioni, di giustizia e ideali di riscatto, è un individuo che non commette errori, non possiede insicurezze. Ma non può esistere un eroe senza il suo opposto, l'”antieroe”. Per definizione, quest’ultimo è altro dall’eroe di una storia. Rappresenta l’altra faccia della medaglia. È insicuro di sé, ha paura di sbagliare. Non riesce spesso a distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato o tra ciò che le persone identificano come tale.
Si sente codardo, incapace di fronteggiare i propri timori e fin troppo occupato a stabilire quale sia la scelta moralmente corretta da fare per capire che in realtà non esiste una decisione figlia di una giustizia assoluta.
Prerogativa del cinema, della serialità e di qualsiasi altra forma di narrazione contemporanea, però, sembra essere ormai frantumare ogni netta distinzione tra l’eroe e il suo contrario. Se i personaggi sono sempre stati tipi piuttosto riconoscibili e facilmente catalogabili, ora si fanno più sfaccettati. Non svolgono più l’unico ruolo di eroe o antagonista, ma presentano un carattere variegato e più umano che offre spunti innovativi per una narrazione a tutto tondo. E Cobra Kai è riuscita in pieno a sfruttare tutte le potenzialità offerte da personaggi entrati nell’immaginario popolare fin dagli anni ’80.
Cobra Kai ha saputo prendere il meglio di The Karate Kid per restituirgli nuova vita e trasformarlo in una storia di cui avevamo bisogno di conoscere le radici.
Oltre ad aver utilizzato nel migliore dei modi l’effetto nostalgia (come altre serie tv di cui vi parliamo qui), il prodotto nato inizialmente per YouTube Premium nel 2018 si è adattato ai tempi in cui viviamo e, senza mai dimenticare nemmeno per un istante la competizione e il trascorso di Johnny Lawrence e Daniel LaRusso, ha costruito su di loro una diversa struttura narrativa. Le due promesse del karate erano così giovani quando si sono fronteggiate per la prima volta, erano adolescenti quando sono stati costretti a diventare nemici. Ma il tempo passa e le ferite piano piano si rimarginano anche se, a volte, lasciano cicatrici profonde. Così, Johnny non ha mai dimenticato la sconfitta al torneo dell’All Valley e l’umiliazione subita con il suo sensei John Kreese, proprio come Daniel non ha saputo mettere davvero da parte il suo rancore nei confronti di un bullo che pensava agisse solo per il piacere di farlo.
In The Karate Kid – Per vincere domani (1984), Johnny è il cattivo e Daniel il buono. Il primo è l’antagonista, il secondo invece è l’eroe della storia. Proprio come in Karate Kid II – La storia continua… (1986) LaRusso è dalla parte del giusto mentre il suo avversario di Okinawa, Chozen (Yuji Okumoto), è il prepotente di turno. E che dire di Karate Kid III – La sfida finale (1989)? Non è ancora una volta Daniel a vestire i panni dell’eroe e Terry Silver a indossare l’abito dell’uomo spietato e senza scrupoli?
Uno schema ricorrente ed efficace, sì, ma che ora, con Cobra Kai viene ampliato. D’altronde, siamo tutti antagonisti nella storia di qualcun altro.
Nella serie ideata da Jon Hurwitz, Hayden Schlossberg e Josh Heald, non esistono più buoni e cattivi, eroi e antagonisti.
Tutti i personaggi principali, sia quelli che avevano già incantato gli spettatori nel franchise di The Karate Kid, sia i nuovi volti, si trasformano senza distinzione in antieroi. Daniel non è più l’eroe indiscusso della storia, ma diventa un uomo segnato dal proprio passato, che commettendo errori ha imparato a costruire il proprio futuro ma che è fin troppo spesso convinto che le sue esperienze e il suo modo di vita siano adatti a tutti. Ed è qui che si sbaglia. In Cobra Kai, anche LaRusso fa passi falsi, perché seppur sempre convinto di essere dalla parte del bene, a volte dimentica quanto il mondo sia variegato e quante altre strade esistano per raggiungere lo stesso traguardo. Johnny, invece, viene presentato come un uomo fragile, sì, ma determinato, desideroso di amare ed essere amato, incapace di rimediare agli sbagli commessi nel corso degli anni, tanto con suo figlio Robbie quanto con Daniel stesso. Cobra Kai gli offre redenzione, dà al pubblico l’opportunità di fare un viaggio nel suo passato e di comprendere le motivazioni che si celano dietro i suoi comportamenti, così come a lui dà la possibilità di rimediare e ricominciare da capo.
Daniel e Johnny sono due facce della stessa medaglia, due opposti accomunati dal loro esseri umani. E come loro, anche Robbie, Miguel, Falco, Sam, Tory e tutti gli altri giovanissimi protagonisti. Nessuno viene etichettato come buono o cattivo. Ciascuno viene presentato attraverso le proprie debolezze e i propri punti di forza, le proprie esperienze di vita e il modo in cui queste hanno costruito le persone che sono ora. Traumi, dolori, dispiaceri ma anche gioie, soddisfazioni, momenti di spensieratezza.
E anche quando Cobra Kai ha bisogno di un antagonista, questo non lo diventa in modo assoluto. Così, per quanto John Kreese sembri essere la figura in cui vengono riposte tutte le frustrazioni e i desideri di riscatto dei personaggi principali, sappiamo che anche lui è divenuto ciò che è a causa del suo passato, e non riusciamo a condannarlo del tutto. Alla fine, lotta per quello che ritiene giusto, affinché gli altri capiscano il suo punto di vista e, attraverso la sofferenza che ha provato, sappiano che il suo comportamento non è altro che un meccanismo di difesa contro il mondo. Eppure, ce ne rendiamo davvero conto solo quando arriva Terry Silver a prendere il suo posto, per quanto ormai siamo consapevoli che anche lui porta sulle spalle il fardello di un vissuto difficile.
E scopriamo che anche Chozen, in realtà, doveva solo essere compreso prima di venire giudicato per le sue azioni contro Daniel nel secondo film di The Karate Kid. Non vediamo l’ora che la quinta stagione dia più spazio a questo interessante personaggio.
Alla fine, in Cobra Kai sono tutti antieroi, tutti esseri umani fatti di carne e sogni infranti, egoisti per natura e molto spesso incapaci di mettere a nudo se stessi per paura di essere fatti a pezzi dal mondo. Cobra Kai non è una storia di eroi, ma una saga di uomini e donne in eterna lotta contro l’idea che esista un’assolutezza nei concetti di giusto e sbagliato.