Dopo un inizio un po’ in sordina (qui trovate la recensione del precedente episodio), il nuovo episodio de L’Ispettore Coliandro 8, Il tesoro nascosto, è davvero una grande sorpresa. Abbiamo atteso con fiducia la possibilità di una ripresa, soprattutto davanti ai primi due episodi della stagione. decisamente sottotono. E siamo stati premiati, evidentemente. Perché quello che abbiamo davanti è un episodio veramente bello e decisamente all’altezza della serie.
Naturalmente bisogna tenere sempre conto di alcuni fattori fondamentali: il trash e il citazionismo sono uno dei marchi di fabbrica, nonché punti di forza, de L’Ispettore Coliandro.
Non c’è dunque da stupirsi se si incontrano situazioni assurde, per non dire demenziali. Né che la recitazione non sia sempre di alto livello. Ciò che conta è raccontare una storia e in questo il nuovo episodio de L’Ispettore Coliandro 8 riesce alla perfezione.
Stavolta troviamo il nostro poliziotto preferito alle prese con una caso internazionale, che riguarda nientemeno che il traffico d’arte. Un gallerista fallito, Francesco De Fabris, muore misteriosamente cadendo da una finestra. La polizia è subito pronta ad archiviare il caso come suicidio, ma naturalmente la verità non è così semplice. E questo è evidente fin dall’inizio dell’episodio, dal momento che viene mostrata la morte del gallerista e vengono subito rivelati i colpevoli. Una tecnica narrativa che sembra ripresa dall’iconica serie tv poliziesca Colombo (qui trovate 10 buoni motivi per amare questo gioiello vintage). E conoscendo la cinefilia dello sceneggiatore Lucarelli e dei Manetti Bros, non abbiamo difficoltà a pensare che il riferimento sia assolutamente voluto.
Fulcro della trama di questo nuovo episodio de L’Ispettore Coliandro 8 è un dipinto leggendario.
Si tratta di un quadro raffigurante l’autoritratto di un misterioso, quanto maledetto, pittore ottocentesco. L’uomo a quanto pare era un satanista e sadico assassino. Motivo per cui ha finito i suoi giorni in galera e le sue opere sono andate quasi completamente perdute. E così si pensava anche dell’autoritratto. Ma, a quanto pare, De Fabris ne era in possesso. Questo naturalmente attira moltissime persone interessate ad avere il dipinto. Abbiamo dunque una trama particolarmente intricata, dove è davvero difficile riuscire a distinguere i “buoni” dai “cattivi”. Non mancano quindi i plot twist, né figure sfaccettate come quella della sorella del gallerista, Francesca. Trascurando il fatto che qui gli sceneggiatori non hanno dimostrato particolare fantasia con i nomi, il personaggio, interpretato da Nicoletta Romanoff, ben incarna la figura della femme fatale tanto amata dal cinema noir. Bionda, misteriosa, all’apparenza fragile. E, soprattutto, ambigua. Non si comprendono bene le sue motivazioni, non si capisce se sia animata da buoni o cattivi propositi. Il tutto nel pieno rispetto di quelli che sono gli ingredienti fondamentali di un film noir, come Il mistero del falco di John Houston.
Ma il citazionismo sfrenato non finisce certo qui.
Che i creatori de L’Ispettore Coliandro siano dei cinefili incalliti non è affatto un mistero. Anche nel corso delle stagioni precedenti ci sono sempre stati moltissimi omaggi al cinema, dai più scontati ai più raffinati. E già il fatto che Coliandro sia un grandissimo fan di Clint Eastwood la dice molto lunga. Per gli appassionati della serie, è ormai iconico il poster de L’Ispettore Callaghan che il poliziotto tiene appeso in salotto. E con il quale si confida, all’occorrenza. Ma i riferimenti cinematografici che si possono trovare in questo episodio sono molti altri. Nella sequenza dello scontro finale al cimitero, ad esempio, oltre alle classiche situazioni di stallo tipiche dei duelli western, ci sono moltissimi omaggi a Blade Runner.
Nella sequenza finale, ambientata nel cimitero monumentale della Certosa di Bologna, viene infatti mostrato un inseguimento che richiama molto da vicino il film cult. Le atmosfere cupe, la pioggia scrosciante, il sadico gioco al gatto con il topo che il villain fa con il poliziotto. Sono tanti gli elementi che riconducono al finale di Blade Runner. E un pubblico attento e appassionato di cinema non può che apprezzare. Soprattutto nel momento in cui il cattivo recita a memoria delle battute tratte dal celeberrimo film.
Ma attenzione: L’Ispettore Coliandro non vuole copiare, desidera solo omaggiare. È doveroso sottolineare questo punto.
Il bello de L’Ispettore Coliandro è che non si fa scrupolo di citare dei capolavori che hanno fatto la storia del cinema. Ma lo fa con tutto l’umiltà del caso, con una tale spontaneità e semplicità che sembra ci comunichi: Ehy, voglio fare citazioni perché so che vi piacciono, ma sappiamo tutti che io voglio solo divertire. L’Ispettore Coliandro ci piace perché non ha pretese. Il suo obiettivo è quello di intrattenere e divertire un pubblico appassionato e fedele. E bisogna ammettere che ci riesce alla perfezione. Non vuole essere una serie autoriale, ma vuole essere uno show per un pubblico che ama anche le opere d’autore. È questa la sua grande particolarità e anche il suo principale punto di forza.
Tutti questi elementi emergono benissimo ne Il tesoro nascosto. Se i primi due episodi de L’Ispettore Coliandro 8 erano andati un po’ fuori dal tracciato, la nuova puntata ritorna in carreggiata. E lo fa alla grande. I primi due episodi, infatti, erano davvero tanto, forse un po’ troppo, sopra le righe. I “cattivi” erano molto caricaturali, per esempio. E la cosa ci infastidiva non poco. Ne Il tesoro nascosto, invece, abbiamo sì a che fare con un villain molto “eccessivo”, anche grottesco, a tratti. Ma qui la cosa non ci disturba affatto. Come mai? I fattori sono diversi.
Innanzitutto, qui il contesto è sì realistico, ma in certi punti diventa un po’ surreale. Coliandro si ritrova a fare i conti con un traffico internazionale di opere d’arte, che mira a rintracciare un quadro leggendario considerato maledetto. E il poliziotto può constatare con i suoi occhi che, effettivamente, la tela misterioso è accompagnata da una buona dose di sfortuna. In una simile situazione, in un ambiente anche un po’ aleatorio come quello dell’arte, un criminale fuori di testa è più facile da accettare. Inoltre, il suo essere grottesco viene continuamente rimarcato da Coliandro, che lo definisce “pazzo furioso” venti volte nel giro di cinque minuti. Con l’ironia che lo contraddistingue, riesce a cogliere l’assurdità della situazione e a sottolinearlo al pubblico. E, date queste premesse, gli elementi demenziali cessano improvvisamente di stonare.
Dopo un inizio che ci aveva lasciato un po’ di amaro in bocca, lo possiamo dire: Coliandro non ci delude mai!
Forse i primi due episodi servivano a prendere la rincorsa prima del balzo. perché effettivamente questo è probabilmente uno degli episodi più belli dello show.