#ConsigliSeriali è la rubrica di Hall Of Series in cui vogliamo portare alla vostra attenzione orizzonti seriali rimasti ingiustamente inesplorati. Questa volta ci occupiamo di Ray Donovan, una serie molto sottovalutata ma senza ombra di dubbio di grande qualità e di forte impatto.
Creata da Ann Biderman per Showtime, la serie si snoda in 3 stagioni da 12 episodi ciascuna della durata di circa 50 minuti e nella 4° stagione che sta andando in onda proprio in queste settimane in contemporanea USA anche su Netflix Italia. Protagonista principale e assoluto è Liv Schreiber, che dopo aver fatto centinaia di film e aver contribuito all’Oscar come Miglior Film nel 2016 per Il Caso Spotlight ha avuto finalmente un ruolo da protagonista assoluto che stra-meritava in questo serial americano cupo, intenso e aggressivo.
I Donovan sono dei classici irlandesi trapiantati in America da generazioni e con una famiglia piuttosto numerosa. Ray è il pilastro, colui che risolve i problemi di tutti, che tiene in piedi la famiglia e che è sempre presente per qualsiasi cosa. E’ un faccendiere che risolve i problemi che le star americane, sempre dedite ad alcool, droghe e sesso, di tanto in tanto creano e non vogliono far trapelare alla polizia per evitare scandali. Lui arriva e sistema tutto. Ovviamente il suo lavoro comprende politici, cantanti, attori, insomma chiunque sia abbastanza facoltoso da potersi permettere il lusso di certi servigi speciali. Con lui lavorano Lena, una ragazza omosessuale dolce e aggressiva allo stesso tempo che si occupa di investigare per conto del suo capo e Avi Rudin, ex soldato delle forze armate israeliane ed ex spia del Mossad a cui tocca, inevitabilmente, la maggior parte del lavoro sporco. Ray lavora spesso in società con Ezra Goodman, un facoltoso imprenditore e suo amico da sempre, nonostante i contrasti tra i due non siano di certo poco frequenti. In tutto ciò, ovviamente, ci sarà l’FBI di mezzo che farà di tutto per incastrarli e soprattutto in Ed Cochran, Ray troverà un valido avversario.
Ray è il migliore nel suo lavoro, ma questo non gli basterà per essere il migliore anche per la sua famiglia. Per sua moglie Abby, che sempre più spesso si sente trascurata, per sua figlia Bridget in piena fase adolescenziale con tutto ciò che comporta e per il figlio minore Conor, con il quale ha il rapporto forse migliore ma, allo stesso tempo, più distante. I veri problemi iniziano però quando Mickey Donovan, il vecchio padre di Ray (il premio Oscar Jon Voight), esce di prigione dopo aver scontato 20 anni e dopo che in galera ce lo aveva mandato proprio il figlio. I contrasti tra i due saranno il fulcro della scena e spesso e volentieri tra i due si arriverà alle mani, se non addirittura oltre. Spettatori coinvolti in tutto ciò i fratelli Terry, che ha rischiato la vita in un incontro di boxe e l’ha pagata con il Parkinson, e Bunchy, alcolizzato, depresso e con gravi problemi sessuali dovuti all’abuso subito da piccolo da parte di un prete pedofilo. E non sarà l’unico. Per concludere il minore Daryll, in realtà fratellastro dei Donovan perché frutto della relazione clandestina tra Mickey e Claudette, un’avvenente e conturbante donna afroamericana, che l’uomo sostiene amare come nessun’altra donna al mondo.
La storia, stagione dopo stagione, sarà un mix perfetto tra il lavoro di Ray, le celebrità e i contrasti sempre crescenti con la sua famiglia e con il padre, che vorrebbe riguadagnare l’affetto dei suoi figli e, soprattutto, dei suoi nipoti che non aveva mai conosciuto, ma che deve scontrarsi giocoforza con l’ostilità del figlio, con tutto ciò che essa comporterà. La serie è un drama che strizza l’occhio al crime e all’azione, con crimini violenti, tanto sesso e alcool e una buona dose di cazzotti che volano come mosche. L’interpretazione di Schreiber è sublime e il personaggio di Ray sembra calzargli a pennello, con quelle espressioni da duro e i modi sempre molto spiccioli e sbrigativi. Ray Donovan è un personaggio contorto e controverso, tutto da scoprire. Non si riesce ad amarlo per ciò che fa (assassini coperti, tradimenti continui, lotte familiari), ma allo stesso tempo non si può odiarlo, per tutto ciò che rappresenta per la serie! In generale l’importanza data ad ogni personaggio, anche minore, è un altro punto nettamente a favore.
Il mio consiglio è di darle una chance, così come ho fatto io a suo tempo. Sono convinto che vi terrà incollati allo schermo per tutta la durata del tempo. Inoltre vi aggiungiamo che è notizia di queste ore la candidatura di Liv Schreiber a Miglior Attore Protagonista in una Serie Drammatica proprio per il ruolo di Ray Donovan. Not bad.