Consigli Seriali è la nuova rubrica di Hall of Series in cui per un attimo vogliamo trasformarci in una specie di “centro di collocamento per serie TV”. Il panorama seriale è talmente vasto e sconfinato, che spesso e volentieri l’imbarazzo della scelta sfocia in un dubbio amletico. Molto frequentemente l’eccessiva concorrenza fa si che alla nostra attenzione sfuggano prodotti di una qualità incredibile, o piccoli capolavori oppressi dai vari nomi che dominano il mercato. “Consigli seriali” nasce proprio per aiutare gli addicted in difficoltà o per illuminare la via a quelli affermati e vogliosi di nuove scoperte.
Mi piace immaginare gli ideatori di quel folle esperimento chiamato Lilyhammer come un’equipe di scienziati pazzi con lunghi capelli bianchi, camici, occhialoni e guanti da laboratorio! Credetemi, non esagero. D’altronde cosa si potrebbe dire di qualcuno che arriva a immaginarsi cosa potrebbe succedere piazzando un mafioso italoamericano e prepotente nella gelida patria dell’integrazione, ovvero la Norvegia? A ognuno le sue conclusioni.
Quel che importa, però, è che questo strambo costrutto, questa fusione tra l’elemento caldo del crimine e quello freddo della vita scandinava, questo esperimento come lo si andava a definire poc’anzi è perfettamente riuscito e noi di Hall of Series siamo qui per convincervi a dargli un’occhiata.
L’idea di partenza è tutto sommato verosimile: un boss della mafia di New York, Frank Tagliano, dopo essere scampato a un attentato di un altro membro della famiglia decide di pentirsi e tradirlo, guadagnandosi l’entrata nel programma di protezione testimoni e il conseguente espatrio. Ci sta. La cosa singolare è che lo stesso Tagliano impone come meta Lillehammer, una cittadina norvegese di neanche 30’000 abitanti, nella quale furono ospitate le Olimpiadi invernali del 1994, particolarmente apprezzate dal nostro protagonista.
“Le Olimpiadi del ’94: era bellissimo. Aria pulita, neve bianca e fresca, ragazze bellissime…e la cosa migliore è che nessuno e dico nessuno mi verrà a cercare lì”
Arrivato in Scandinavia in punta di piedi, Giovanni “Johnny” Henriksen (il nuovo nome di Tagliano) diventerà in breve tempo una figura chiave della zona, radunando intorno a sé una moltitudine di bionde e un improbabile insieme di sgherri che comprenderà i fratelli Lien (nella fattispecie il lunatico Torgeir e il pasticcione Roar), il muscoloso e tenero Arne, il grintoso Fingern e tanti altri che, fidatevi, non vedere l’ora di conoscere. Tuttavia devi stare attento Johnny, perché anche se tu tenti di fare il contrario con lei, la Grande Mela non ha nessuna intenzione di scordarsi di te.
Vi sembra demenziale? Ok, riconosco che c’è una componente grottesca all’interno di “Lilyhammer“, tuttavia questo va visto come un valore e non come una pecca. D’altronde l’accostamento di due delle culture più lontane tra loro dell’intero globo non può che portare a una serie di fragorose risate. Omertà e trasparenza, rispetto e dovere, devianza e linearità, ambizione e morigeratezza, pudore e disinibizione: i già citati caldo e freddo si incontrano, cozzano e infine si fondono in un equilibrio nuovo e assai gradito ad ambo le parti, uscite rinvigorite e migliorate da questo traumatico incontro.
La serie è anche molto utile per conoscere un mondo ancora oggi misterioso come quello scandinavo, dove avremo modo di scoprire molto più rispetto alla ricchezza, alla neve e “all’apertura mentale” delle femmine (tutte informazioni derivanti dai pregiudizi). Scopriremo una nazione estremamente attenta al benessere dei suoi cittadini, un sistema studiato per accogliere ed educare chiunque non lo conosca e punire chi non lo rispetta, una generale purezza d’animo che dipinge a volte come sempliciotti e altre come angeli questi norvegesi, che sono assolutamente gente stramba, ma dalla quale tutti noi abbiamo qualcosa da imparare.
I fan del crimine più attenti avranno notato un graditissimo ritorno sugli schermi: Steve Van Zandt, attore e cantante che ne “I Soprano” vestiva i panni di Silvio Dante, ci rifà vedere il caratterizzato e genuino ritratto di un malavitoso italoamericano che per la verità ha le movenze, il parrucchino e la voce (il doppiatore è lo stesso, Fabrizio Temperini) di Silvio, ma qua si chiama Johnny e ha tante altre frecce al proprio arco, quali ad esempio la finezza strategica, l’abilità di adattamento e soprattutto l’astuzia. Insomma, per essere il chitarrista di un certo Bruce Springsteen, Steve se la cava piuttosto bene davanti alla telecamera, così come del resto anche tutti gli altri membri di un cast variopinto, per lo più sconosciuto e assolutamente performante.
Guardate Lilyhammer. Fatelo senza aspettarvi un capolavoro, con apertura mentale e soprattutto senza pregiudizi perché nonostante faccia di tutto per sembrare banale e prevedibile, questa Serie vi sorprenderà puntualmente servendosi della sua assurdità e della propria precisione, due elementi ossimorici perfettamente legati che vi obbligheranno a inchiodarvi al divano e a guardarvi tutte e 3 le stagioni, anche perché in caso contrario dovrete risponderne direttamente al Boss!