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Crisis in Six Scenes è un film che voleva essere una Serie Tv (ma non ne aveva bisogno)

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È assolutamente evidente che l’arte del cinema si ispira alla vita, mentre la vita si ispira alla televisione.

Così sosteneva Woody Allen ben prima di girare Crisis in Six Scenes, la sua prima serie tv. Sei episodi molto brevi (si aggirano intorno ai venti, venticinque minuti l’uno) e una trama in tutto e per tutto alleniana:

New York, anni ’60, mentre imperversa la guerra in Vietnam, la tranquilla e routinaria vita di una coppia di mezza età (scrittore pieno di idiosincrasie e paranoie lui, psicologa di coppia lei) viene turbata dall’arrivo di una rivoluzionaria radicale evasa e ricercata (Miley Cyrus).

Crisis in Six Scenes si può guardare su Amazon Prime Video e porta la firma di Woody in ogni sua componente: Allen ne è sceneggiatore, regista e attore.

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Aveva fatto tanto parlare di sé, questa serie, alla soglia del suo debutto. Era il 2016, il regista sfornava anche, per il cinema, Cafè society, quando si lancia nella nuova avventura del piccolo schermo: una serie tv. Lo sappiamo bene, la serialità televisiva è pervasiva, dilagante, permea ormai la nostra quotidianità. Potremmo forse affermare che è la narrazione cui siamo più esposti. Questa è la sfida che si trovano a raccogliere i registi, anche i più affermati, anche Woody Allen. La notizia di una sua prova seriale, resa ancora più appetitosa dall’annunciata presenza di una Miley Cyrus che non smette mai di far parlare di sé, aveva attirato l’attenzione di molti: cosa combinerà quel folle? Confermerà la sua originalità anche in questo settore?

Una volta uscita, tuttavia, Crisis in Six Scenes ha ricevuto critiche discordanti: dalla brutale stroncatura, all’apprezzamento (seppur spesso tiepido). L’errore è stato forse solo nella definizione, nella categorizzazione seriale.

Quando un cinefilo guarda Crisis in Six Scenes gli sembra di vedere uno – l’ennesimo – film di Woody Allen, forse anche un film delle origini (se non fosse per quei capelli ormai canuti). Vero, non un film troppo frizzante, ma comunque godibile come solo certo cinema – quello alleniano in primis – sa essere. Ci sono le critiche alla società piene di cliché che ci divertono sempre, ma c’è anche l’incalzante ritmo da slapstick comedy fatta di gag e di un susseguirsi frenetico di battute, quella scena finale poi, in cui si ritrovano quasi tutti i personaggi – e anche quelli mai visti – nel ristretto spazio della casa dei Munsinger (così si chiamano i personaggi interpretati da Allen e da Elaine May), un espediente vecchio come il cucco, eppure sempre efficace.

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La verità è che Crisis in Six Scenes è una serie tv che della serie tv non ha niente. E quindi? Non ci importa poi molto. C’era forse chi sperava nel colpo di genio, nel prodotto originale che stravolgesse il canone, ma Woody ci ha ridato solo se stesso. È vero, non il se stesso più in forma ed energico: niente che non sia già stato visto, ma è stato bello anche per questo. Sembrava di guardare un film e di dover far per forza delle piccole pause – che detta così sembra la versione infernale di una domenica pomeriggio di relax e divano. Sei episodi da venti minuti circa fanno in fondo proprio il tempo d’un film. La divisione in puntate non è gestita con i modi tipici della serialità: si tratta davvero solo di interruzioni, ma fruito in un continuum visivo, Crisis in Six Scenes è un film.

In realtà Woody ci ha anche fatto un piccolo regalo: ci ha venduto una truffa, ma è stato un po’ come quando scarti un regalo e non trovi nel pacchetto quello che pensavi, salvo poi scoprire che forse hai preferito il vero regalo a quello aspettato. Siamo tutti abituati ai ritmi e agli stratagemmi seriali e capita che li cerchiamo più di frequente di un buon vecchio film. Ecco che Woody ci mette nel pacchetto “serie tv” un lungometraggio con delle piccole pause e, anche se magari storciamo il naso una volta scartato, alla fine, forse, è stato addirittura meglio così.

Questo è Crisis in Six Scenes, un film interrotto più volte. Anzi, un film piacevole e divertente interrotto più volte. E quel che più ci è piaciuto è quel suo farci sentire di nuovo a casa. E quando uno si sente a casa, non ha bisogno di chiamarla con nessun altro nome: Crisis in Six Scenes è un film che voleva essere una serie tv, ma non ne aveva davvero bisogno.

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