Disponibile dal 19 gennaio su Disney+, Cristóbal Balenciaga è la nuova serie in 6 episodi sulla vita del grande haute couturier. Nato in Spagna da madre sarta e padre pescatore, Balenciaga (Alberto San Juan) si trasferisce nella Parigi del 1937. Parte col partner di vita e socio Wladzio Jaworowski d’Attainville (Thomas Coumans). Ma non solo porta anche i suoi mecenati, i coniugi Nicolas Bizkarrondo (Josean Bengoetxea) e Virgilia Mendizabar (Cecilia Solaguren). Tutto ciò, dopo i successi ottenuti con le sue creazioni a San Sebastian e Madrid.
Ma la capitale parigina ha già le sue icone di stile. Chi? Beh, Coco Chanel e, in seguito, Christian Dior e Hubert de Givenchy. Per Cristóbal Balenciaga non è semplice trovare la propria identità in quel mondo. Ma, come ogni grande artista, Balenciaga sarà in grado di rivoluzionare le regole del mondo della moda. Ed è proprio così che guadagnerà a pieno diritto le parole che gli dedicò Chanel. Lei, la sua grande amica e mentore: “Balenciaga è l’ultimo dei couturier, tutti noi siamo dei semplici stilisti”.
Cristóbal Balenciaga – La Recensione di una serie raffinata e attenta ai dettagli per narrare un artista misterioso e complesso
La serie è creata da Lourdes Iglesias e dai 12 volte vincitori del premio Goya Aitor Arregi, Jon Garaño e Jose Mari Goenaga. Protagonista nel ruolo dell’enigmatico stilista è l’immenso Alberto San Juan. Come spesso accade, la serie si concentra solo su un periodo della vita di Balenciaga. Precisamente, il trentennio parigino che lo porterà a diventare un’icona della moda.
Per raccontarne la parabola ascendente, la serie utilizza un espediente tipico dei biopic: l’intervista all’artista, restio a svelare il suo passato. La giornalista del Times Prudence Glynn (interpretata da Gemma Whelan, la Yara Greyjoy di Game of Thrones) è stata l’unica, dopo tre anni di richieste, a ottenere un’intervista in esclusiva con lo stilista. Proprio attraverso le sue domande, Balenciaga racconta i difficili primi anni nella capitale parigina. Anni iniziati con la prima sfilata nella maison al numero 10 di Avenue Giorge V.
In un periodo dominato dall’eleganza di Chanel (Anouk Grinberg), lo stile non ancora maturo di Balenciaga fatica a emergere. La stampa non nasconde, naturalmente, la sua perplessità di fronte alle sue creazioni. Schivo e per natura maniacale, con una predisposizione a mantenere il controllo su ogni aspetto, Balenciaga è avverso a ogni contatto con la stampa. Allontana il mondo esterno, pur desiderandone l’approvazione. Cristóbal Balenciaga evidenzia anche le difficoltà incontrate dallo stilista. In particolare la sua spinta in controtendenza a quella del mondo che lo circonda. All’apice della sua carriera, quando tutta l’alta moda si è piegata alle regole della produzione di massa e del prèt-a-porter, Balenciaga prende una decisione di totale opposizione. Sceglierà infatti di preservare l’unicità e l’individualità del corpo delle donne, le cui silhouette ha sempre cercato di valorizzare.
In Cristóbal Balenciaga la moda è protagonista tanto quanto il suo creatore
La serie riporta in vita alcune delle più iconiche creazioni d’alta moda dello stilista, grazie allo studio approfondito di fotografie d’epoca. Materiale d’archivio e dei modelli originali dello stilista. Una cura che la serie deve soprattutto ai costumi meravigliosi di Bina Daigeler, candidata agli Academy Award per il film live-action Mulan dei Walt Disney Studios e candidata agli Emmy Award per i costumi di Mrs. America. Ma anche del suo collaboratore Pepo Ruiz Dorado. Questa cura per i dettagli, la stessa del personaggio, ha portato alla creazione di sequenze di grande raffinatezza ed eleganza.
Le sfilate di moda in Cristóbal Balenciaga prendono vita sullo schermo e sono la manifestazione del desiderio più profondo dell’haute couturier. Giocare con lo spazio tra il corpo femminile e il tessuto, per realizzare un abito che sia estensione della donna che lo indossa. Dal suo genio sono nate le camicie blusa, gli abiti tunica, i cappotti e i vestiti a uovo e un nuovo tessuto, il gazar. Si tratta di una raffia di seta che gli permise di trovare l’equilibrio tra forma, tessuto e corpo. Vestì donne dell’alta società, icone del mondo del cinema (Grace Kelly e Ingrid Bergman), la regina Fabiola de Mora y Aragón. Quest’ultima, nella serie, interpretata da Belén Cuesta. Dulcis in fundo, Balenciaga rese più eleganti le divise delle hostess di Air France.
Un visionario virtuoso, come venne definito dalla direttrice di Harper’s Baazar, Carmel Snow (Gabrielle Lazure). Balenciaga rivoluziona il mondo della moda con le sue creazioni, capi originali le cui forme erano in opposizione allo stile di Christian Dior (Patrice Thibaud). Proprio a questa rivalità la serie dedica un episodio splendido. Un capitolo che ben evidenzia le differenze tra i due, ma ne mette in luce il rapporto di stima e rispetto reciproco.
Un ritratto accurato di un uomo complesso ed ermetico
Bilanciando con attenzione vita privata e lavorativa, il biopic mostra i rapporti più importanti della vita dello stilista. Partendo dall’amore per Wladzio d’Attanville, suo estimatore, partner di vita e socio, con cui condivide gran parte della sua vita. Le tensioni con Bizkarrondo, suo mecenate e principale socio della maison. Ma anche le diatribe con Coco Chanel e la sua funzione di mentore nella vita del talentuoso Hubert de Givenchy. In questo, Cristóbal Balenciaga riesce dove altri biopic hanno fallito. Non si concentra unicamente sulla vita dello stilista, rendendo di contorno e simili a figurine da disegno gli altri personaggi. La docuserie regala di ognuno ritratti, anche se brevi, di spessore. Ritratti che permettono di comprendere la contraddizioni dell’haute couturier.
Perché è più che evidente che Cristóbal Balenciaga fu un uomo e un artista complesso. Scontroso, ermetico, eppure dotato di grande passione e amore per il suo lavoro, in tutti i suoi aspetti. Un individualista (anche nella politica, campo in cui non prese mai posizione neppure durante il secondo conflitto mondiale, quando essere apolitici era già una presa di posizione). Lo era in ogni suo aspetto della vita, anche privata, per nulla desideroso di volersi adattare ai cambiamenti intorno a lui, perennemente controcorrente.
Tutto questo emerge con forza grazie anche all’interpretazione eccellente di Alberto San Juan, in grado di trasformare il suo viso, rendendolo ermetico. Eppure, lasciando trasparire le più profonde inquietudini di un genio visionario, rinchiuso nella sua stessa arte. Questa sensazione di chiusura al mondo esterno, alla sua velocità del cambiamento, è evidente anche dalla scelta del formato della pellicola usata e dalla mirabile fotografia di Javier Agirre Erauso (vincitore del Premio Goya per Handia). Grazie a entrambe è possibile racchiudere – come cornice per un quadro pregiato, ma anche gabbia dorata – la storia dell’ultimo grande stilista del ‘900, dell’unico e solo Re dell’alta moda.