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Cosa ha funzionato nella prima stagione di Curon

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Il 10 giugno 2020 è uscita una produzione Netflix italiana che aveva destato grande curiosità e molte aspettative, si tratta di Curon. Questo thriller sovrannaturale di stampo teen creato da Ezio Abbate, Ivano Fachin, Giovanni Galassi e Tommaso Matano, ha ricevuto alcune critiche sollevate in particolar modo dalla recitazione non sempre all’altezza e dall’inefficacia di alcuni dialoghi. Tuttavia, la prima stagione di Curon ha intrattenuto un vasto pubblico, sia italiano che straniero. Al di là di quelli che possono essere elementi negativi, dunque, ce ne sono altri positivi che hanno colto nel segno.

In primo luogo, non si può negare l’alto livello della fotografia, complice il nostro incantevole territorio. Le riprese della serie, infatti, si sono svolte proprio a Curon Venosta, un comune italiano della provincia autonoma di Bolzano in Trentino-Alto Adige. Si tratta di un paesino che non raggiunge i 3000 abitanti, caratterizzato da molte zone verdi e dal lago di Resia, quest’ultimo fulcro essenziale della trama. Il lago infatti fu creato artificialmente per la produzione di energia idroelettrica e causò la scomparsa dell’antico borgo abitato di Curon. L’unico elemento a emergere dal lago è proprio il campanile della vecchia chiesa, che vediamo nella locandina e che ha dato adito a una serie di leggende.

Proprio la rielaborazione di queste leggende è un altro punto a favore della serie. Nella realtà dei fatti, le campane furono rimosse dal campanile di Curon il 18 luglio 1950, prima che iniziassero i lavori per la realizzazione del lago artificiale. Il mito vuole che, nonostante questa rimozione, gli abitanti sentano ancora di tanto in tanto il suono delle campane, in particolare durante le giornate di inverno. A partire da ciò, i creatori della serie sono stati in grado di elaborare degli elementi efficaci per costruire la trama (qui potete trovare un approfondimento sulla storia vera di Curon). Il fatto che le campane vengano udite da qualcuno poco prima di morire crea un’atmosfera inquietante che fa da sottofondo a tutte le vicende. E questo è solo il primo passo, perché è di sicuro affascinante anche la questione dei doppelgänger che nascono dalla scissione della personalità degli abitanti di Curon, sempre a partire dall’influenza di lago e campane.

Fotografia e leggende, dunque, pongono le basi dell’atmosfera generale, contribuendo a collocare in modo efficace la serie nel filone del thriller paranormale.

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Su questo sfondo si collocano le vicende di personaggi che seppur delineate a pennellate piuttosto frettolose fanno emergere tematiche interessanti attraverso le relazioni interpersonali. La situazione familiare dei protagonisti, in primis, verte sulla delicata questione della violenza domestica: tramite un flashback scopriamo infatti che Anna e i suoi due figli sono in fuga perenne per far perdere le proprie tracce al padre, un uomo violento. Interessante è la conseguente dinamica tra la madre e i due figli Mauro e Daria, ma anche la dinamica tra i due fratelli stessi. Attraverso i personaggi secondari è possibile vedere uno spaccato di vita adolescenziale, i rapporti con i genitori e tematiche importanti e sempre attuali come l’omosessualità.

Un altro perno delle vicende è composto da colpi di scena e rivelazioni spiazzanti abilmente collocati all’interno della narrazione. Sono proprio questi elementi a dare un certo ritmo alle vicende e soprattutto a scatenare la curiosità dello spettatore che, per ricevere delle risposte, prosegue nella visione della serie senza troppe interruzioni. La verità si svela piano piano e questo escamotage dà il tempo a chi guarda Curon di elaborare le proprie teorie e vederle appoggiate o smentite dalle scene successive. Certo, i dubbi non restano in sospeso per molto: la stagione conta soltanto 7 episodi, ma anche questo può essere un punto a favore perché consente di immergersi nella serie e divorarla in poco tempo.

Tuttavia, se è vero che alla maggior parte delle domande che lo spettatore si pone nei primi episodi viene data una risposta, è anche vero che il finale ne crea di nuove. Quando si pensa di aver capito tutto, ecco che l’ultima scena ribalta la situazione e crea un assist per una seconda. A Curon non manca dunque la capacità di legare a sé lo spettatore più curioso, che se non si lascia frenare dalle imperfezioni della serie – non possiamo proprio negare la loro esistenza e ne parliamo nella nostra recensione – può godere di un buon prodotto di intrattenimento.

Non è ancora chiaro se ci sarà una seconda stagione, ma nel caso l’auspicio è quello che vengano perfezionati gli elementi più fragili di questo primo tentativo e potenziati quelli che sono già sulla buona via dell’efficacia. Sarà interessante, in ogni caso, capire gli sviluppi di questo tentativo italiano di dare attenzione al thriller sovrannaturale e vedere se, oltre a Curon, Netflix Italia deciderà di proseguire su questo nuovo filone.

Leggi anche – Un’apologia controcorrente di Curon