Le vetrate tingono di rosso l’atmosfera della chiesa. Un vibrante cremisi che inonda, inebria e battezza chiunque vi entri. Da semplice percezione visiva, si trasforma in materia liquida: la morte è parte della vita a cui spesso attribuiamo questo colore. Il bianco di una veste si tinge, le ultime parole esalate riecheggiano nella mente di Matt, l’agnello sacrificale che in questo frangente di Daredevil giace esanime sul presbiterio. Dolore che si aggiunge ad altro dolore. L’ancora affonda sempre più in un abisso di disperazione e strazio, portando incisa sul ferro la parola speranza.
Wilson Fisk è sempre un passo avanti. Anzi cinque. Il segugio Dex non molla la presa e circonda la chiesa di agenti dell’FBI. Freme: non vuole deludere la sua stella polare. L’agente Nadeem mitiga la sua frenesia, anche se vacilla la sua intenzione di tacere dinanzi agli atti che Fisk commissiona. La vista del parroco morto lo scuote, ma a dare il colpo di grazia è la suora Maggie, con una semplice domanda “Si considera una persona virtuosa?”.
Piano piano, il trio comincia a ricomporsi. Foggie aiuta Karen con l’idea di Matt di consegnarla alla polizia di New York, l’unica non ancora nel libro paga di Kingpin.
Nel frattempo, quest’ultimo ha finalmente ritrovato il dipinto tanto bramato in una casa di una vecchia ebrea sopravvissuta al genocidio. È forse la scena più particolare della terza stagione. Fisk riesce a cedere a qualcuno qualcosa che brama da tempo. Un oggetto simbolo del suo amore per Vanessa. e proprio in nome di questo amore, lascia il dipinto alla signora. Paradossalmente, un uomo considerato un mostro assassino ci dà prova di saper comprendere il sentimento d’amore.
Ma la pazzia di Dex è giunta a un punto in cui è disposto a fare tutto pur di compiacere Fisk. Non soltanto indossando il costume di Daredevil, ma portandogli il suddetto quadro macchiato di sangue.
La rivolta di Ray contro il boss è drastica, tanto da mettere in pericolo la sua famiglia. Matt li salva appena in tempo e gli offre rifugio e protezione, in cambio della testimonianza chiave di Ray contro Wilson Fisk. Foggie e Karen sono riusciti a scalfire l’idea di omicidio che serpeggiava nella mente di Matt. La passione e la fede nella giustizia con cui Foggie ha influenzato Daredevil è la prova di una sapiente sceneggiatura, che punta all’approfondimento della psiche e dell’introspezione dei personaggi.
Se aggiungiamo poi i dissidi che hanno caratterizzato lo sviluppo di Matt in questa stagione di Daredevil e la presa di coscienza di Karen, si dà vita a dialoghi magistrali ed empatia totale con le decisioni prese dai personaggi.
Vanessa è finalmente tornata a New York ed è la ciliegina sulla torta di tutti i piani messi in atto da Fisk. Curiosa, seppur comprensibile, la svolta nel suo personaggio che ora sceglie di affiancare il compagno nei suoi affari. Sarà fondamentale, infatti, il suo coinvolgimento nella morte dell’agente Nadeem.
Quest’ultimo riesce a dare la speranza di un nuovo futuro per la giustizia. La sua confessione, seppur rallentata da un conflitto a fuoco, è finalmente ascoltata dalla corte. Ma Fisk arriva anche qui, influenzando la giuria popolare. Ciò che Matt sente durante la decisione di incolpare o meno il boss di Hell’s Kitchen, dissolve in lui ogni speranza.
In un crescendo palpitante, la serie giunge al penultimo episodio con maestria. Tutto sembra perduto, nuovamente.
La stampa scredita le parole di Karen, Foggie non trova più motivazioni valide per portare Wilson in tribunale e Matt è ormai deciso a ucciderlo. Le leggi non bastano, le prove sono insufficienti, l’accorata motivazione a distruggere chi raggira la giustizia è vana. Per eliminare chi è al di sopra della legge, bisogna essere al suo stesso livello. Bisogna commettere ciò che egli ha commesso. Questi sono gli ultimi pensieri che ci accompagnano nel dodicesimo episodio. Non ci resta che assistere all’ultimo bagno di sangue, vendetta e oblio.